Benedetto celebra la liturgia delle Ceneri, la fede è necessariamente ecclesiale,

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Sembra di ascoltare di nuovo quella libertà di pensiero e di espressione che avevano seguito nella Sede Vacante del 2005 e nei primissimi tempo del Pontificato. Poi il Papa si era abituato a parlare da Papa. Ma un po’ si era perso della sua grande capacità di scuotere le coscienze. E’ possibile il ritorno a Dio che ci indicano le letture? “Sì, perché c’è una forza che non risiede nel nostro cuore, ma che si sprigiona dal cuore stesso di Dio. E’ la forza della sua misericordia.” E aggiunge Papa Benedetto: “ Ma questo ritornare a Dio diventa realtà concreta nella nostra vita solo quando la grazia del Signore penetra nell’intimo e lo scuote donandoci la forza di «lacerare il cuore».” Poi la sferzata: “In effetti, anche ai nostri giorni, molti sono pronti a “stracciarsi le vesti” di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri –, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio “cuore”, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta.” Poi parla della fede, quella che non è solo personalistica, ma che si vive insieme: “La dimensione comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (cfr Gv 11,52). Il “Noi” della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme (cfr Gv 12,32): la fede è necessariamente ecclesiale.”

Di necessaria unità parla il Papa, con un invito “a riflettere sull’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato. Penso in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale. Vivere la Quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti.” Quaresima, preparazione alla riconciliazione che passa attraverso il crocifisso, un prezzo altissimo. “In questa immersione di Dio nella sofferenza umana- dice Ratzinger- e nell’abisso del male sta la radice della nostra giustificazione. Il «ritornare a Dio con tutto il cuore» nel nostro cammino quaresimale passa attraverso la Croce, il seguire Cristo sulla strada che conduce al Calvario, al dono totale di sé. E’ un cammino in cui imparare ogni giorno ad uscire sempre più dal nostro egoismo e dalle nostre chiusure, per fare spazio a Dio che apre e trasforma il cuore.” Si leggono anche delle note personali in queste parole, e ancora più forti sono le riflessioni sulla pagina del Vangelo. “Gesù sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo Egli denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione.” E aggiunge: “ La nostra testimonianza allora sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l’essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell’incontro faccia a faccia con Lui per sempre.”

Tornare a Dio con tutto il cuore è il messaggio del Papa che si commuove ascoltando prima della benedizione finale le parole del Segretario di Stato Tarcisio Bertone. “Questa sera c’è un velo di tristezza sul nostro cuore- dice- In questi anni, il suo Magistero è stato una finestra aperta sulla Chiesa e sul mondo, che ha fatto filtrare i raggi della verità e dell’amore di Dio, per dare luce e calore al nostro cammino, anche e soprattutto nei momenti in cui le nubi si addensano nel cielo.” Parla di Purezza d’animo, di fede robusta ed esigente, di forza dell’umiltà e della mitezza, assieme ad un grande coraggio Bertone per descrivere il Ministero di Benedetto XVI. E riprende le parole pronunciate in al Seminario Romano pochi giorni fa: “essendo cristiani sappiamo che il futuro è nostro, il futuro è di Dio, e che l’albero della Chiesa cresce sempre di nuovo. La Chiesa si rinnova sempre, rinasce sempre. Servire la Chiesa nella ferma consapevolezza che non è nostra, ma di Dio, che non siamo noi a costruirla, ma è Lui”. E poi dice il grazie suo e della Chiesa: “Questa sera noi vogliamo ringraziare il Signore per il cammino che tutta la Chiesa ha fatto sotto la guida di Vostra Santità e vogliamo dirLe dal più intimo del nostro cuore, con grande affetto, commozione e ammirazione: grazie per averci dato il luminoso esempio di semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore, un lavoratore, però, che ha saputo in ogni momento realizzare ciò che è più importante: portare Dio agli uomini e portare gli uomini a Dio.”

Parte l’applauso che tutti avevano pronto da tempo, come questa mattina nell’ aula Paolo VI, e per qualche minuto la basilica si riempie di un suono di festa e di grazie. Il Papa si commuove, accenna un sorriso gentile, poi da la benedizione. Finisce la sua ultima messa da Papa con l’affetto travolgente del popolo di Roma ed esce per sempre forse dalla Basilica. Ma molti rimangano, si parlano si salutano, una festa e un un po’ di malinconia. Vescovi e cardinali si mischiano ai fedeli in attesa della prossima occasione di sentire le parole di Benedetto XVI che ha ripreso la libertà di Joseph Ratzinger.

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