Benedetto XVI: “Ho rinunciato in piena libertà per il bene della Chiesa”, “Convertirsi significa non chiudersi nel proprio successo”
“Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante”. Sono le ultime parole pronunciate in italiano nella penultima sua udienza generale del pontificato. In qualche modo una traccia di stile, comunicata senza molti gesti, sostituiti spesso da acute riflessioni. E per Benedetto XVI è stata una mattinata di calore ed affetto, a tratti di commozione. Soprattutto quando egli stesso ha scelto di ripetere ai fedeli presenti nell’Aula Paolo VI le motivazioni della sua rinuncia, parafrasando il testo latino letto ai cardinali appena due giorni fa. “Come sapete – grazie per la vostra simpatia! – ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005”.
“Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede”, ha ribadito Benedetto XVI.
Mettendo una serie di punti fermi: “Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura”. Ma soprattutto, spiega, “Ringrazio tutti per l’amore e per la preghiera con cui mi avete accompagnato. Grazie! Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni, per me non facili, la forza della preghiera, che l’amore della Chiesa, la vostra preghiera, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà”.
Poi la catechesi sul tema delle tentazioni di Gesù e la conversione per il Regno dei cieli, tornando senza tanti giri di parole all’attualità della vita della Chiesa: “oggi, Mercoledì delle Ceneri, iniziamo il Tempo liturgico della Quaresima, quaranta giorni che ci preparano alla celebrazione della Santa Pasqua; è un tempo di particolare impegno nel nostro cammino spirituale. Il numero quaranta ricorre varie volte nella Sacra Scrittura”.
Ritorna il suo solito spessore teologico e comunicativo: a qualcuno sembra quasi parli di sé, in realtà il papa prende spunto dal vangelo di domenica prossima, e lo dice pure. Parla di “deserto, dove Gesù si ritira” che “è il luogo del silenzio, della povertà, dove l’uomo è privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza, è spinto ad andare all’essenziale e proprio per questo gli è più facile incontrare Dio. Ma il deserto è anche il luogo della morte, perché dove non c’è acqua non c’è neppure vita, ed è il luogo della solitudine, in cui l’uomo sente più intensa la tentazione. Gesù va nel deserto, e là subisce la tentazione di lasciare la via indicata dal Padre per seguire altre strade più facili e mondane. Così Egli si carica delle nostre tentazioni, porta con Sè la nostra miseria, per vincere il maligno e aprirci il cammino verso Dio, il cammino della conversione”.
“Riflettere sulle tentazioni a cui è sottoposto Gesù nel deserto è un invito per ciascuno di noi a rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella mia vita?”, si chiede il papa. Riprendendo le tentazioni di Gesú e la sua risposta al maligno, il papa spiega: “Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?”.
E poi ammonisce: “Superare la tentazione di sottomettere Dio a sé e ai propri interessi o di metterlo in un angolo e convertirsi al giusto ordine di priorità, dare a Dio il primo posto, è un cammino che ogni cristiano deve percorrere sempre di nuovo. “Convertirsi”, un invito che ascolteremo molte volte in Quaresima, significa seguire Gesù in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere di pensare che siamo noi gli unici costruttori della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che dipendiamo da Dio, dal suo amore, e soltanto «perdendo» la nostra vita in Lui possiamo guadagnarla”.
E “questo esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio. Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei”.
“Le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano – spiega ancora una volta -, infatti, sono tante, e toccano la vita personale e sociale. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita”.
Sono tante le figure di santità citate da Benedetto XVI, esempi per vivere al meglio “nella nostra epoca di eclissi del senso del sacro”; come continuano anche “le conversioni intese come il ritorno di chi, dopo un’educazione cristiana magari superficiale, si è allontanato per anni dalla fede e poi riscopre Cristo e il suo Vangelo”. “Il nostro uomo interiore – aggiunge il papa – deve prepararsi per essere visitato da Dio, e proprio per questo non deve lasciarsi invadere dalle illusioni, dalle apparenze, dalle cose materiali”.
“In questo Tempo di Quaresima, nell’Anno della fede – ha concluso -, rinnoviamo il nostro impegno nel cammino di conversione, per superare la tendenza di chiuderci in noi stessi e per fare, invece, spazio a Dio, guardando con i suoi occhi la realtà quotidiana”.