Un gesto di coraggiosa responsabilità

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In tanti, forse, avrebbero preferito l’annuncio – con tono dimesso e rotto dalla commozione – della morte del Pontefice. Sarebbe stata, quella, una circostanza – certamente dolorosa – alla quale però tutti siamo, più o meno consapevolmente, preparati. Ma che un Papa decida di dare le dimissioni non è una notizia scontata e prevedibile, almeno fino ad oggi! Sono tante le domande che in questo preciso momento storico si accavallano nella nostra mente e alcune delle possibili risposte non ci lasciano esaurientemente soddisfatti. In uno dei tanti messaggi che nelle ultime ore hanno riempito tutti i principali social network si legge: “Non sono in grado di commentare, congetturare, approfondire. Oggi è il giorno del silenzio, e della preghiera”. Il silenzio, saggiamente ricordato, ci obbliga a fermarci e ci invita a pregare, e nello stesso tempo ci aiuta a fare un doveroso esame di coscienza, proprio a pochissimi giorni dall’inizio della Quaresima.

Nelle parole con le quali Benedetto XVI ha annunciato le imminenti dimissioni il Pontefice ha detto: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. A tal proposito, il teologo carmelitano P. Antonio Maria Sicari – in una lettera indirizzata agli aderenti del Movimento Ecclesiale Carmelitano di cui è fondatore – ha sottolineato: “Se il Papa parla di un «ripetuto esame di coscienza davanti a Dio» e di una «certezza» da lui raggiunta d’essere diventato «troppo debole», e di non aver più «il vigore necessario» per dirigere la barca di Pietro, dobbiamo semplicemente credergli e stargli vicini con affetto e comprensione.

Qualcuno si sente frastornato perché pensa che un Papa non dovrebbe mai cedere alle difficoltà. Vorrei solo fargli osservare che ciò sarebbe vero se si trattasse di difficoltà o di contrasti «esterni». 
Benedetto XVI aveva già dichiarato che non si sarebbe mai dimesso se la Chiesa fosse stata in una situazione di difficoltà o di turbamento. Una cosa, infatti, è ritirarsi a causa dei contrasti o delle difficoltà provocate da altri, o intimiditi dalle aggressioni altrui, (ciò che il Papa non ha inteso fare!) e un’altra cosa è ritirarsi umilmente a causa delle propria debolezza, provocata dagli anni e dal deperimento fisico che può togliere, a volte, vigore e lucidità alle proprie azioni e all’esecuzione dei propri compiti. Nel primo caso si tratterebbe di paura e di fuga (e non è certo questo il motivo della decisione di Papa Benedetto). Nel secondo caso si tratta di realismo, di umiltà, e perfino di coraggio, come alcuni hanno già riconosciuto con ammirazione.

Non critichiamo il Papa proprio nel suo gesto spiritualmente più intenso e nobile. Diamogli invece l’affettuosa comprensione che si merita e uniamoci a Lui nella stessa preghiera che l’ha guidato e sostenuto nella sofferta decisione”. La lucida riflessione del Papa e il suo coraggio ci permettono di comprendere che il suo non è stato un atto di viltà. Che “dalla croce non si scende” – come ha ricordato il cardinale Stanislaw Dziwisz, segretario personale di Giovanni Paolo II, commentando la scelta di Papa Ratzinger (e vogliamo pensare che non sia una critica) – questo lo sa benissimo anche Benedetto XVI visto che la “croce”, quella sporcata dalle “nostre” infedeltà, l’ha voluta abbracciare senza esitazione accettando l’elezione a Sommo Pontefice: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!” (J. Ratzinger, Via Crucis al Colosseo, 2005).

Forse in tempi diversi da quelli odierni Papa Benedetto XVI non avrebbe preso questa importante decisione, non si sarebbe sottratto all’avanzare degli anni e non avrebbe avuto timore di offrire con umiltà anche il peso della propria vecchiaia. Ma oggi la posta è alta, c’è in gioco la stabilità e l’unità della Chiesa, e il Pontefice – venuto meno il vigore necessario – non ha esitato a compiere un gesto di coraggiosa responsabilità.

 

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