La Cei senza Ruini, saprebbe scegliere l’Aventino?
Camillo Ruini non è più il presidente del Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana. Il cardinal Sottile abbandona quello che è stato il suo cavallo di battaglia negli anni in cui è stato lui la guida della Cei, ma anche il centro e punto di riferimento per tanti – in politica, nella società, nelle parrocchie –, l’ideale raccordo tra un Segretario di Stato ombra e la guida dei pastori italiani. Una scadenza naturale, quella di Ruini. Che passa la guida del Progetto Culturale ad Angelo Bagnasco, che gli ha anche succeduto alla guida della Cei. È questo il segnale di una svolta per la Conferenza Episcopale Italiana? Il comunicato finale dell’ultimo Consiglio permanente dei vescovi sottolinea che “i vescovi si sono sentiti coinvolti in prima persona” dalle parole di Bagnasco, che ha affermato con forza: “Vogliamo dire Gesù”.
Hanno parlato della loro presenza tra la gente, della necessità di catechizzare, di parlare del magistero andando al di là delle derisioni, della necessità di andare oltre l’individualismo. Sì, c’è lo Stato che non può “risolversi in groviglio di interessi”, l’Europa che non può “poggiare semplicemente sull’unità economica e politica”. C’è anche – si sottolinea – la necessità di far fronte alla crisi economica, di sostenere i giovani disoccupati, e di puntare sulla famiglia, in cui “si ritrova un impagabile capitale di stima e d fiducia, che precede lo stesso capitale economica”. E si parla anche di sostegno al Terzo Settore e delle sue attività preziose in tempo di crisi, di IMU (anche se “alcune questioni rimangono aperte), del Motu Proprio di Benedetto XVI Intima Ecclesia Natura, che delinea in maniera precisa quali delle attività caritative possono essere considerate cristiane. Che però sia molto sentito il problema delle parrocchie e della formazione è evidente. I vescovi hanno approvato una nota pastorale sul valore e la missione degli oratori, che sarà presto pubblicato. Un testo che si impernia su tre temi: memoria e attualità, fondamenti e dinamiche, impegno e responsabilità ecclesiale. È il ritorno a una pastorale prossima, da esercitare in quello che è chiamato nel documento “il laboratorio di talenti”, e che è “un percorso privilegiato per la trasmissione della fede”.
L’oratorio come laboratorio, luogo di incontro aperto a tutti e con una proposta chiara e forte. Ma come articolare questa proposta? C’è bisogno di sacerdoti ben formati, e per questo nel 2014 ci sarà una Assemblea Generale Straordinaria nel novembre del 2014, tutto dedicata “alla verifica e alla riflessione circa la preparazione dei candidati al presbiterato e la formazione permanente del clero”. Non solo: si produrrà un indice di orientamenti per la catechesi, per “aiutare le chiese a un comune impegno nell’annuncio della fede, con una più incisiva azione pastorale in quest’ambito e una condivisa formazione dei catechisti”. Per quanto riguarda gli educatori della comunità cristiana (cui sarà dedicata la prossima assemblea generale) “è stato proposto di valorizzare un approccio esperienziale, nonché di delineare le figure educative e di collocarne identità e responsabilità nel contesto della comunità ecclesiale”. E se in tempo elettorale la politica bussa prepotentemente alla porta, è evidente che la linea dei vescovi sia quella di non appoggiare nessun candidato, né di promuovere nessun partito, ma di puntare direttamente ai diritti irrinunciabili della vita e di puntare direttamente alla formazione. Prima di trovare un contenitore (un partito) c’è bisogno di un contenuto, e prima di un contenuto c’è bisogno di uno spazio culturale condiviso. Uno spazio completamente da riformare.
Si inseriva qui il Progetto Culturale pensato dal cardinal Camillo Ruini. Dopo un certo attivismo politico – che lo aveva visto anche inaugurare scuole di formazione politica dei partiti, andare a tenere il discorso introduttivo al primo seminario di Todi, e anche esprimersi con una certa chiarezza in favore di alcune politiche – Angelo Bagnasco ora abbraccia fino in fondo la questione culturale. In questo senso, il Progetto Culturale si abbraccia perfettamente con il suo incarico di presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Un modo di accentrare sulla presidenza un impegno che sarà fondamentale per il futuro della Chiesa in Italia. Un futuro che è fatto di annuncio e Dottrina Sociale, piuttosto che di messaggi inviati a partiti e tecnici, come è stato evidente alla presentazione del libro di Bagnasco La porta stretta – che contiene le prolusioni dei suoi primi cinque anni da presidente della Cei – quando sia Bagnasco che il Segretario di Stato Bertone hanno ribadito che l’agenda della Santa Sede è il bene comune, e che l’agenda della Chiesa in Italia è la presenza e l’annuncio del Vangelo. Questa nuova unità di intenti, questo mettere da parte le frizioni (vere o presunte) che sono comparse sui media, sottolinea che la situazione per la Chiesa in Italia è particolarmente difficile.
E che lo è ancora di più in questo periodo elettorale. Si sostiene l’idea che i cattolici in tutti gli schieramenti debbano essere promotori dei valori cristiani che in quel partito non sono maggioritario. A sinistra, i cattolici – ha spiegato Bagnasco – devono insistere sui temi della vita; a destra, sulla questione sociale. La necessità di una presenza per essere sale della terra. Ma se pure questa presenza non permettesse di essere sale della terra? Il Partito Popolare di Alcide De Gasperi disertò i lavori dell’aula quando si rese conto che non sarebbe mai potuto essere sale della terra: c’era una dittatura, e un Parlamento quasi completamente schierato con il regime. Era l’Aventino. Ma dall’Aventino i popolari si riunirono a Camaldoli durante la guerra, e – basandosi sulla Dottrina Sociale – prepararono un manifesto che costruì un nuovo Stato. Per ora, non è il futuro che Bagnasco pensa per i cattolici in politica, e per la Chiesa Cattolica in Italia. Potrebbe però essere una scelta per il futuro?