L’avorio e il Vaticano, Padre Lombardi risponde punto su punto

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Non c’è mai stato nessun incoraggiamento da parte del Vaticano al commercio dell’avorio. Con una lunga risposta, Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, risponde alle accuse di una dettagliata inchiesta di “National geographic” sull’uso religioso dell’avorio (“Ivory worship”, ottobre 2012) a firma di Bryan Christy, che accusa le autorità religiose cattoliche ( in particolare quelle dell’Italia e delle Filippine) di utilizzare oggetti d’avorio a scopo religioso. Questo, secondo il periodico e alcuni movimenti ecologisti e ambientalisti, promuoverebbe e aumenterebbe lo sterminio e la strage di elefanti africani per il commercio dell’avorio. Le accuse al Vaticano sono sostanzialmente due: la prima è che la Santa Sedenon ha firmato la Convenzione e il trattato CITES per la protezione di flora e fauna, la seconda è che nei pressi di San Pietro, presso la Galleria Savelli, si possano acquistare oggetti devozionali in avorio. La lunga lettera di Padre Lombardi – datata 22 gennaio 2013 – ha fornito riposte per ognuno dei punti su cui le accuse del periodico si sono soffermate in questi mesi, tanto da aver intasato i centralini vaticani con le continue richieste – il National Geographic non solo ha ripetutamente chiesto risposte, ma ha anche chiesto ai suoi lettori di scrivere personalmente a padre Lombardi.

Scrive padre Lombardi: “Ho 70 anni e conosco abbastanza bene la Chiesa cattolica e le autorità che, da Roma, servono la Chiesa in tutto il mondo. Non ho mai sentito o letto una parola che incoraggiasse l’uso di avorio per gli oggetti devozionali. Sappiamo tutti che ci sono oggetti in avorio di significato religioso, per lo più antichi, perché l’avorio era considerato un materiale bello e prezioso. Non è mai stato tuttavia alcun incoraggiamento da parte della Chiesa ad usare avorio invece di qualsiasi altro materiale. Non c’è mai stato alcun motivo per pensare che il valore di devozione religiosa possa essere collegato alla pregio di cui è fatta l’immagine che si usa. A maggior ragione non vi è alcuna organizzazione promossa o incoraggiata dalle autorità della Chiesa cattolica per il commercio o l’importazione dell’avorio.” Riguardo alla Convenzione della CITES, Lombardi spiega che “nello Stato della Città del Vaticano e al servizio della Santa Sede vi sono istituzioni con significative attività economiche e finanziarie, mentre non c’è alcuna istituzione della Città del Vaticano o della Santa Sede che abbia a che fare con il commercio di specie vegetali o animali a rischio. Ciò che viene fatto da sacerdoti o istituzioni cattoliche nel mondo in questo campo è giuridicamente soggetto alle leggi e ai controlli dei paesi dove si trovano e una eventuale firma a una Convenzione da parte del “Vaticano” non avrebbe quindi nessun rilievo concreto in questo campo.”

Quanto alla Galleria Savelli vicino a San Pietro, Lombardi ricorda : “E’ di proprietà privata e non appartiene ad un istituto vaticano. Non è all’interno del Vaticano (e non ha neanche lo stato “extraterritoriale” di cui godono gli uffici vaticani che operano nel territorio italiano), ma è interamente sottoposto alla giurisdizione italiana e al controllo del Corpo Forestale dello Stato italiano, che è responsabile dell’attuazione della CITES. In breve, il ‘Vaticano’ non ha alcuna responsabilità e nessun controllo da esercitare sul negozio o sulle altre imprese che si trovano nella zona intorno al Vaticano. Se le autorità italiane scoprono un’attività illecita, fanno bene ad intervenire. Ma pensare che qui ci sia un importante centro di traffico di avorio da sradicare per salvare gli elefanti africani non ha senso”. Dalla Santa Sede,nonostante le pesanti accuse – che sembrano più finalizzate a dare risonanza internazionale alla campagna, anche perché basate su notizie infondate, non veritiere e di poco contenuto ( il negozio Savelli non è appunto territorio Vaticano e la Santa Sede non è tenuta a firmare tutte le convenzioni, cosa che non fa nessuno Stato al mondo) -Padre Lombardi ha deciso di richiamare comunque l’attenzione sul problema attraverso alcune iniziative.

Prosegue infatti nella lettera: “Il massacro di elefanti è una questione molto seria, contro la quale è giusto che tutti coloro che possono fare qualcosa siano impegnati. Da parte nostra, possiamo certamente intraprendere un programma di informazione e responsabilizzazione attraverso alcune organizzazioni vaticane. Ad oggi possiamo assumere tre impegni: portare il problema all’attenzione del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che è il dicastero vaticano incaricato di studiare con precisione i problemi connessi con la giustizia e la pace, ma anche con l’ambiente. E ‘in contatto con analoghe commissioni nazionali “per la giustizia e la pace” delle comunità cattoliche di tutto il mondo. Proporre alle sezioni della Radio Vaticana che preparano la programmazione per l’Africa (in inglese, francese, portoghese e swahili) di approfondire questo argomento e parlarne in programmi radiofonici, al fine di incoraggiare le comunità ecclesiali cui il servizio è rivolto ad impegnarsi nella lotta contro il bracconaggio e il commercio illegale di avorio, e a proporre materiale informativo alle altre sezioni della Radio Vaticana per sensibilizzare il pubblico. Diffondere di più i contributi della ricerca della Pontificia Accademia delle Scienze sulle questioni ambientali e la biodiversità”.

“Il massacro di elefanti ,conclude padre Lombardi, non si fermerà a causa di queste iniziative, ma almeno stiamo lavorando insieme per cercare soluzioni concrete per fermarlo con gli strumenti di informazione e formazione di cui disponiamo”.

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