Numeri ufficiali Covid-19 del 14 febbraio 2021. Ricciardi: assembramenti vanno assolutamente evitati, serve lockdown totale. Protesta Regioni per chiusura sciistica

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I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi sabato 14 febbraio 2021

Ricoverati con sintomi: 18.449 (-51) (-0,28%)
In terapia intensiva: 2.085 (+23) (+1,12%) [con 126 nuovi ingressi del giorno] [*]
Deceduti: 93.577 (+221) (+0,24%)
Vaccinati [**] e percentuale sulla popolazione (aggiornato al 14 febbraio 2021 Ore 18:00): 1.281.768 (2,12%)

[*] Dato molto importante, perché permette di verificare al di là del saldo quante persone sono effettivamente entrate in terapia intensiva nelle ultime 24 ore oggetto della comunicazione.
[**] Persone che hanno completato la vaccinazione (prima e seconda dose). Vaccinazione in tempo reale: QUI.

Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia

Media giornaliera dei decessi: 260 (-)

Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.

Il punto della situazione a cura di Lab24

I primi dati in arrivo da Israele mostrano per il vaccino Pfizer-BioNTech un’efficacia “sul campo” del 93% nella riduzione della malattia, in linea con il 95% registrato nella fase 3 che ha preceduto l’approvazione. Secondo i dati preliminari del Maccabi Healthcare Services su 523.000 soggetti trattati con una doppia dose solo 544 (lo 0,1%) sono state infettate: di queste 15 sono state ricoverate, 4 con una forma severa della malattia (nessun decesso). Alcuni dati preliminari indicano anche una forte riduzione della carica virale nei soggetti over 60 (l’80% è già stato sottoposto a doppia inoculazione, il 90% alla prima dose) con valori del 60% inferiori a quelli rilevati della popolazione tra i 40 e 59 anni. Prima della metà di gennaio, quando è stata raggiunta la copertura di una quota maggioritaria degli over 60, la carica virale non mostrava differenze sostanziali tra i due gruppi. A ulteriore conferma della validità del vaccino i ricoveri degli over 60, già lo scorso 10 febbraio, sono scesi al di sotto di quelli della popolazione più giovane (16-59 anni): dove il numero dei vaccinati è al momento più contenuto (37% solo prima dose, 21% copertura completa con richiamo). In Italia si possono ricavare le prime informazioni analoghe dai dati, in continua riduzione nel periodo mobile di 30 giorni comunicato dall’Iss, sulla popolazione degli operatori sanitari: che per primi nel nostro Paese sono stati sottoposti a vaccinazione, finora con il solo vaccino Pfizer-BioNTech. La percentuale degli operatori sanitari positivi, rispetto ai contagiati totali, è sceso dal 4% di fine 2020 al 2,4% del periodo 14 gennaio-13 febbraio. Da metà gennaio a oggi, con i maggiori effetti positivi legati al progredire della campagna vaccinale, il calo è stato di oltre il 65% (Fonte Lab24.ilsole24ore.com/coronavirus).

Caos al Terminillo, M5S contro decisione Speranza

La decisione del Ministro della Salute, Roberto Speranza, di prorogare la chiusura degli impianti sciistici fino al prossimo 5 marzo, che arriva a poche ore dalla riapertura degli impianti di discesa, getta nel caos la stazione Montana del Terminillo, nel Reatino, principale località sciistica del Lazio, dove in previsione della riapertura di domani la vendita degli skipass aveva fatto registrare il tutto esaurito. “E ora chi risarcirà gli acquirenti? – si domanda uno dei principali gestori degli impianti della montagna reatina – siamo arrabbiatissimi. Queste sono decisioni prese da dilettanti allo sbaraglio. Chiudere la sera per la mattina? Prima ci hanno detto che in zona gialla si poteva aprire, e poi stoppi tutto a poche ore? Ma come si fa” (Fonte SkyTG24).

Cirio, allibito da chiusura impianti sci

“Sono allibito da questa decisione”. Così il Governatore della Regione Piemonte, Alberto Cirio, commenta l’ordinanza ministeriale che blocca la riapertura degli impianti di sci. “Soltanto dieci giorni fa – aggiunge – il Comitato tecnico scientifico nazionale aveva stabilito che in zona gialla da lunedì 15 si sarebbe potuto sciare. Su queste direttive il Piemonte si è mosso, nel rigoroso rispetto delle regole. Regole che non possono cambiare tutte le settimane” (Fonte SkyTG24).

Bonaccini, stupore e sconcerto per impianti sci

“Non posso non esprimere stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a poche ore dalla annunciata e condivisa ripartenza per domani”. Così il Governatore dell’Emilia-Romagna e Presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini. “Solo una settimana fa – argomenta – il Cts aveva validato la riapertura di queste attività in zona gialla attraverso linee guida molto stringenti, formulate dalle Regioni in accordo coi gestori e secondo le indicazioni dei tecnici” (Fonte SkyTG24).

GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA ATTILIO FONTANA: ASSURDO APPRENDERE NOTIZIE COSÌ IMPORTANTI DA AGENZIE DI STAMPA, BISOGNA RIVEDERE TUTTO IL SISTEMA

Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della Salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti fin qui in essere, sapendo che il Cts aveva a disposizione i dati da martedì, salvo poi riunirsi solo sabato.
Una decisione dell’ultimo secondo che dà un’ulteriore colpo gravissimo a un settore che faticosamente ha riavviato la propria macchina organizzativa.
Ancora una volta si dimostra che il sistema delle decisioni di “settimana in settimana” è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini.
Solo sette giorni fa lo stesso Cts nazionale aveva dato il via libera a un regolamento molto severo per poter riaprire. Su quella base avevamo consentito la riapertura (Fonte Pagina Facebook di Attilio Fontana).

Cose da manicomio. È “evidente – avverte Ricciardi – che la strategia di convivenza col virus, adottata finora, è inefficace e ci condanna alla instabilità, con un numero pesante di morti ogni giorno”. “Ne parlerò col ministro Speranza questa settimana”, ha annunciato. Quindi, ne va parlare con colui che è responsabile di tutto questo, il riciclato Speranza. Non c’è più speranza. Ah sì, la Dea Speranza è l’ultima a morire. Morirà prima la Dea Italia.

Ricciardi: “Chiederò a Speranza un lockdown totale. Non riaprire impianti da sci”. Cts: “Rivalutare apertura”

Il Consulente del Ministero della Salute nella gestione dell’emergenza coronavirus Walter Ricciardi: “È evidente che la strategia di convivenza col virus, adottata finora, è inefficace e ci condanna alla instabilità, con un numero pesante di morti ogni giorno”. Il Comitato rimanda la decisione sulla montagna alla politica ma “non ci sono più le condizioni”.

Walter Ricciardi e il Cts sono concordi sul rivedere la decisione di riaprire gli impianti delle stazioni sciistiche. È “urgente cambiare subito la strategia di contrasto al virus Sars-Cov-2: è necessario un lockdown totale in tutta Italia immediato, che preveda anche la chiusura delle scuole facendo salve le attività essenziali, ma di durata limitata”, afferma all’Ansa Ricciardi. Oltre a ciò, “va potenziato il tracciamento e rafforzata la campagna vaccinale”.

È “evidente – avverte – che la strategia di convivenza col virus, adottata finora, è inefficace e ci condanna alla instabilità, con un numero pesante di morti ogni giorno”. “Ne parlerò col ministro Speranza questa settimana”, ha annunciato.

“In questo momento le attività che comportino assembramenti non sono compatibili con il contrasto alla pandemia da Covid-19 in Italia ed gli impianti da sci rientrano in tali attività. Non andrebbero riaperti. Non dimentichiamo – ha sottolineato Ricciardi – che la variante inglese è giunta in Europa proprio ‘passando’ dagli impianti di risalita in Svizzera”.

Alla luce delle “mutate condizioni epidemiologiche” dovute “alla diffusa circolazione delle varianti virali” del virus, “allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive attuali, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale”, ha risposto il Comitato tecnico scientifico alla richiesta del ministro della Salute Roberto Speranza di “rivalutare la sussistenza dei presupposti per la riapertura” dello sci, “rimandando al decisore politico la valutazione relativa all’adozione di eventuali misure più rigorose”.

La nuova analisi del Cts, che lo scorso 4 febbraio aveva dato il via libera allo sci in zona gialla seppur con una serie di limitazioni (vendita degli skipass contingentati e impianti al 50%), scaturisce dallo studio condotto dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità, del ministero della Salute e della Fondazione Bruno Kessler proprio sulla diffusione delle varianti del virus in Italia. Un’analisi condotta in 16 regioni e province autonome dalla quale è emersa la presenza delle varianti nell’88% delle regioni esaminate, con percentuali comprese tra lo 0 il 59%. Alla luce di ciò lo studio raccomandava di “intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione, rafforzando e innalzando le misure in tutto il paese e modulandole ulteriormente laddove più elevata è la circolazione, inibendo in ogni caso ulteriori rilasci delle attuali misure in atto”.

Rispondendo a Speranza, gli esperti sottolineano innanzitutto che la situazione epidemiologica “rimane un presupposto fondamentale” per poter procedere alle riaperture e che in ogni caso ogni azione “va valutata con cautela rispetto al possibile impatto” sui territori. Anche perché le misure previste per le zone gialle “dimostrano una capacità di mitigare una potenziale crescita dell’incidenza ma non determinano sensibili riduzioni” che, invece, si osservano nelle zone arancioni e rosse. C’è poi da tener conto di altri due fattori: la ripresa della scuola in presenza, il cui “impatto andrebbe monitorato prima di valutare ulteriori rilasci”, e, appunto, la presenza delle varianti del virus che, dice lo studio, stanno provocando una nuova crescita dell’epidemia, “con un impatto sostenuto sui sistemi sanitari”.

“È, pertanto, evidente – dicono gli esperti – che la riapertura degli impianti…non può prescindere da una attenta valutazione dall’impatto di quanto sopra rappresentato”. Per questo, è la conclusione del Cts, spetta al decisore politico la valutazione, ma “allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive attuali, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale” (Fonte Repubblica.it).

IN PRIMA LINEA DA UN ANNO
Chi è Walter Ricciardi, il «professor lockdown»
Da capo della task force Ue contro il cancro a consigliere di Speranza, sempre a favore delle chiusure come unica arma per contenere la pandemia

Ilsole24ore.com, 14 febbraio 2021

«Tutte le varianti del virus Sars-CoV-2 sono temibili – dice oggi 14 febbraio 2021 Walter Ricciardi, consigliere del ministro della salute Roberto Speranza – e ci preoccupano. In particolare quella inglese risulterebbe essere anche lievemente più letale e sta facendo oltre mille morti al giorno in Gran Bretagna».

Il 4 febbraio 2020, un anno fa, quando ancora pochissimi avevano capito la portata del flagello che stava per abbattersi sul mondo interno, Walter Ricciardi, già Commissario e poi Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità dal 2015 al 2018, rappresentante dell’Italia nell’Executive Board dell’Oms fino al 2020 e alla guida della World Federation of Public Health Associations, aveva intuito delle cose sulla imminente pandemia da nuovo coronavirus. Non tutto, non conosceva un dettaglio cruciale, probabilmente come molti ingannato dalle poche e fuorvianti informazioni che arrivavano dalla Cina.

Il professor Ricciardi, ordinario di Igiene alla Cattolica e direttore del Dipartimento Scienze della Salute al Gemelli nonché laurea honoris causa in “Dottore della scienza” conferita dalla Thomas Jefferson University di Philadelphia – ha seguito il nuovo coronavirus dall’inizio.

Aveva capito che l’epidemia cinese era una minaccia per il mondo, che era necessario mettere in quarantena tutti anche i bambini se provenienti da aree a rischio, che il blocco dei voli dalla Cina non avrebbe impedito l’arrivo di passeggeri infetti in Italia grazie a un semplice scalo.

Un anno fa, tuttavia, Ricciardi sosteneva che benché da prendere sul serio come tutti i virus respiratori il nuovo coronavirus era meno letale della pandemia influenzale. Non gli si può fare una colpa di quell’affermazione perché i pochi dati a disposizione degli scienziati in quel momento venivano dalla Cina – Paese ancora reticente un anno dopo lo scoppio della pandemia più grave del secolo, accusa l’Oms che ieri 13 febbraio ha concluso un’indagine sul primo immenso focolaio a Wuhan senza avere tutte le informazioni richieste perché le autorità cinesi si sono rifiutate di fornire «dati grezzi» sui primi casi accertati.

Qualche mese prima lo scoppio della pandemia, Ricciardi veniva nominato presidente del “Mission Board for Cancer” istituito dalla Commissione Europea nel quadro di Horizon Europe, alla guida di un gruppo di 15 esperti con il compito di valutare e approvare i finanziamenti per progetti di ricerca in ambito oncologico.

La pandemia da nuovo coronavirus ha cambiato la traiettoria della carriera di Ricciardi, non più solo un professore conosciuto nel suo ambiente e dagli addetti ai lavori, ma il simbolo della lotta alla pandemia e in particolare il volto delle chiusure, il consigliere del ministro della Salute, Speranza che mai si è lasciato prendere da facili entusiasmi e davanti a una situazione in evidente peggioramento ha sempre indicato la stessa strada: chiudere, chiudere, chiudere. Lockdown, restrizioni, nessuno spiraglio per non dare al virus la possibilità di replicarsi.

Il professor Ricciardi può avere commesso degli errori ma nel bilancio del tragico anno 2020, guardando a morti e contagi e ospedali al limite, si può tranquillamente dire che dal punto di vista prettamente sanitario le sue esternazioni, spesso più allarmistiche di quelle del governo che lo ha scelto, avevano e hanno una base di verità. Per le sue dichiarazioni pro lockdown, Ricciardi è diventato il bersaglio di politici e personalità, vedi Salvini e Sgarbi oggi che, pur ammutoliti per brevi periodi dal crescente numero di morti (90mila in poco meno di un anno in Italia), hanno sempre mal sopportato l’unico approccio, efficace quanto doloroso, per contenere la pandemia: il lockdown.

All’inizio dell’autunno, le richieste di chiusura di Ricciardi avevano messo d’accordo anche i due «nemici» lombardi, il sindaco di Milano Sala e il presidente della Regione, Fontana: entrambi contrari a chiudere Milano a fine ottobre come richiesto da Ricciardi che temeva la seconda ondata. Cosa che poi è puntualmente arrivata assieme a un altro opposto tipo di polemiche, il ritardo con cui la città e poi la regione venivano dichiarate zona rossa.

Over 80 in fila per la vaccinazione allo Spallanzani.

Una delle sfide del governo Draghi riguarda la gestione della campagna vaccinale

Diventa sempre più evidente che ci sono problemi di sicurezza ed efficacia dei vaccini, oltre ai problemi di distribuzione. Bisognerebbe essere chiari con i cittadini chiarendo che la campagna vaccinale è una sperimentazione sul campo, dei cui risultati non si è certi. Anche per spiegare i necessari cambiamenti di strategia.

Il governo Draghi, nato nel pieno della cosiddetta crisi sanitaria, con l’Italia ancora divisa in zone gialle e arancioni, con i lockdown e i coprifuochi ancora vigenti, e una campagna vaccinale che è nel caos organizzativo, è chiamato ad una sfida fondamentale sul tema della salute, che è la questione che sta condizionando ormai da quasi un anno le nostre vite. (…) L’Italia, come abbiamo già documentato, è uno dei primi Paesi al mondo per tasso di mortalità, segno del fallimento delle strategie di prevenzione e dei protocolli di cura. Molte cose vanno cambiate rispetto a quanto finora fatto da Speranza.

Il cambiamento in corsa ha nella campagna vaccinale uno dei suoi temi cruciali. Come sappiamo, l’OMS e l’Unione Europea hanno deciso di puntare tutto sull’immunizzazione di massa, avviando la più grande campagna vaccinale della storia, iniziata con grande enfasi retorica. Ma l’entusiasmo iniziale si è ben presto raffreddato: vuoi perché i vaccini stanno arrivando con il contagocce, vuoi perché cominciano a diventare sempre più consistenti i dubbi rispetto a vaccini fatti molto in fretta, troppo in fretta secondo molti esperti, con problemi di efficacia e sicurezza.

Per quanto riguarda la sicurezza, i dati degli effetti collaterali stanno diventando qualcosa che ci parla di una realtà concreta e ineludibile: non si tratta delle ubbie di sedicenti no vax, ma di segnalazioni fatte alle autorità di controllo preposte di eventi avversi, che vanno dalle reazioni allergiche a problemi neurologici come le paralisi facciali di Bell, per arrivare a numerosi decessi misteriosi avvenuti nei giorni seguenti alla vaccinazione in operatori sanitari perfettamente sani. Ovviamente la correlazione tra causa effetto è tutta da dimostrare, ma certamente si tratta di fatti su cui sarebbe opportuno fare attente verifiche.

C’è poi il problema dell’efficacia. Da questo punto di vista, è ormai da diversi giorni nella bufera il vaccino AstraZeneca. I dubbi delle autorità sanitarie tedesche che nei giorni scorsi mettevano in discussione la validità del prodotto, stanno trovando nuove conferme. In Italia non sarà somministrato al di sopra dei 55 anni. Troverà immediato utilizzo per insegnanti e forze dell’ordine, e già sono iniziate le proteste di chi si sente penalizzato da un vaccino che nell’immaginario collettivo è visto ormai come meno efficace del mitico Comirnaty della Pfizer.

Il Sudafrica, dove è stata riscontrata una delle numerose “varianti” del virus che tanto fanno paura ma che soprattutto mettono ulteriormente in crisi l’idea di onnipotenza risolutrice dei vaccini, il governo ha sospeso il vaccino AstraZeneca, non per gli eventi avversi, ma proprio per la dubbia efficacia. Sembra che questo vaccino non impedisca di ammalarsi, ma semplicemente fa sì che i sintomi siano meno gravi, diminuendo il tasso di ospedalizzazione. Un po’ poco: per rendere l’infezione da Covid meno grave esistono già i farmaci antinfiammatori.

Si stanno allora ipotizzando delle strane soluzioni, come quella di mischiare i richiami di vaccino. Fare un po’ di AstraZeneca, aggiungere un pizzico di Pfeizer, magari anche un po’ di Moderna. Siamo alla Immunologia creativa. O più precisamente: siamo nel campo della pura sperimentazione. Si procede empiricamente, alla faccia del rigore scientifico, degli studi, dei trials clinici.

In realtà uno studio randomizzato verrà fatto, in Gran Bretagna, su circa 800 volontari. Ci saranno gruppi di controllo con solo AstraZeneca e solo Pfizer in due dosi, per studiare se anche ritardando la seconda dose il vaccino funziona ugualmente. Altri gruppi proveranno prima una dose AstraZeneca e poi il richiamo Pfizer e viceversa, sia a distanza di 28 giorni che di 12 settimane. La sperimentazione avrà la durata di 13 mesi. Quindi, chi a Natale levava cantici di gioia all’annuncio dell’arrivo del vaccino, deve decisamente raffreddare gli entusiasmi. O meglio: deve fare i conti con una realtà che sulla Bussola abbiamo sempre cercato di ricordare: che per fare un vaccino ci vogliono diversi anni, non pochi mesi.

Bisognerebbe essere chiari con i cittadini – ed è questo che dovrà fare il prossimo Ministro della Sanità – chiarendo che la campagna vaccinale è una sperimentazione sul campo, dei cui risultati non si è certi. Questa chiarezza potrebbe essere indispensabile anche per spiegare i cambi di rotta che saranno inevitabili nella strategia vaccinale. L’Italia infatti – avendo comunque già acquistato un certo numero consistente di dosi di AstraZeneca – non potrà certo buttarle via, e le utilizzerà nei soggetti più giovani, tra i 18 e i 55 anni. E gli over 80 che già erano pronti per le inoculazioni dovranno aspettare. Forse. Perché tutto dipenderà non da criteri scientifici o epidemiologici, ma letteralmente da quello che arriverà dalle aziende, da quello che ci sarà in magazzino. E le persone in attesa del magico antidoto saranno sempre più disorientate, incerte, ansiose. Non sarà facile gestire una simile campagna vaccinale, e forse il ministrò che verrà farà meglio a mettere le strategie di cura come prioritarie, rispetto a quelle di prevenzione, aspettando che finiscano le sperimentazioni (Fonte La Nuova Bussola Quotidiana).

Le rivelazioni dell’Oms sulla circolazione del virus a Wuhan
Una decina i ceppi di virus presenti nella città già a dicembre 2019


Gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) impegnati nella missione sull’origine del coronavirus in Cina hanno scoperto che nel dicembre del 2019 a Wuhan l’epidemia di Covid-19 era molto più diffusa di quanto si pensasse finora e hanno chiesto di poter esaminare centinaia di migliaia di campioni di sangue.

Riferendo sulla recente missione a Wuhan, il capo della missione, Peter Ben Embarek, ha detto in un’intervista alla Cnn, che gli esperti hanno rinvenuto diversi indizi di una diffusione molto più ampia nel 2019, con oltre una decina di ceppi di virus presenti nella città già a dicembre. Il team ha anche avuto la possibilità di parlare con quello che è stato indicato dalle autorità cinesi come il primo paziente di Covid, un impiegato sulla quarantina, senza storia di viaggi, ricoverato l’8 dicembre. “Il virus circolava diffusamente a Wuhan a dicembre, il che è una scoperta”, ha rimarcato Embarek.

Gli esperti dell’Oms sono anche stati in grado di identificare per la prima volta 13 diverse sequenze genetiche del virus SARS-CoV-2. Le sequenze, se esaminate con un maggior numero di dati dei pazienti in Cina nel corso del 2019, potrebbero fornire indicazioni preziose sulla geografia e sui tempi dell’epidemia prima di dicembre.

“Alcune di loro provengono dai mercati … alcune non sono collegati ai mercati”, tra cui quello del pesce di Wuhan considerato uno di primi focolai, ha precisato Embarek (Fonte Askanews).

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