Il limite della nostra libertà non è Dio
Il limite della nostra libertà non ha nulla a che vedere con Dio; Cristo stesso rappresenta, infatti, il massimo della libertà, il “sì”, la conformità con la volontà di Dio, l’apertura verso ciò che è illimitato per sua divina natura. Solo nel “sì” – affermava Benedetto XVI in un’altra occasione – l’uomo diventa realmente se stesso; solo nella grande apertura del “sì”, nella unificazione della sua volontà con quella divina, l’uomo diventa immensamente aperto, diventa “divino”. Oggi il vero problema è quello di dover infrangere il muro della nostra caparbietà che ci fa razionalmente dire di “No” anche quando – per essere veramente liberi – bisognerebbe dire di “Sì”! Un sì pronunciato con verità e determinazione porterebbe, infatti, il nostro egoismo in uno stato irreversibile di depressione, non sarebbe più capace di riconoscere in se stesso l’illusione di poter far tutto da solo. Metterebbe a soqquadro tutte le nostre certezze, annullando ogni sorta di autosufficienza umana. Ci troveremmo, improvvisamente, catapultati in un’altra dimensione: quella della Grazia! Quella stessa Grazia offerta a tutti nel giorno del proprio Battesimo, senza alcun merito! Cristo esercita in ogni cristiano un’azione libera e liberante dell’amore di Dio “che – ricorda il Papa – ci fa uscire dal nostro egoismo, dall’essere ripiegati su noi stessi, per condurci ad una vita piena, in comunione con Dio e aperta agli altri”.
Per un genitore o un catechista, un parroco o un responsabile di gruppo queste parole sono fondamentali. Esse sono, per così dire, l’aspetto programmatico e l’ambito metodologico dell’annuncio evangelico. Potremmo considerarle quasi un linguaggio universale, comune a tutte le chiese del mondo. Quando non si è più capaci di parlare la stessa lingua si ripete l’inesorabile dramma della “Torre di Babele”. Non ci si comprende più! “Il cammino della fede – conclude il Pontefice – che oggi comincia per questi bambini si fonda perciò su una certezza, sull’esperienza che non vi è niente di più grande che conoscere Cristo e comunicare agli altri l’amicizia con Lui; solo in questa amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana e possiamo sperimentare ciò che è bello e ciò che libera. Chi ha fatto questa esperienza non è disposto a rinunciare alla propria fede per nulla al mondo”.