La tendenza di cambiare opinione rapidamente… 6 febbraio 2020 sul coronavirus: Burioni: “In Italia il rischio è zero”. Zingaretti: “Allarmismi infondati”
Ci sono tre cose che non vanno bene in presenza di una emergenza sanitaria, come nel caso della pandemia Sars-CoV-2: 1. Negazionismo. 2. Indecisione. 3. Autoritarismo. Poi se tutte e tre vengono combinate con la tendenza di cambiare opinione rapidamente, eh beh, i disastri sono inevitabili. L’anno passato – da quando il governo giallo-rosso il 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza, poi prolungato a ripetizione e dal primo morto per Covid-19 il 21 febbraio 2020 – ne è la prova.
Il campione dell’arte di cambiare rapidamente opinione con la faccia di bronzo, è senza dubbio il Segretario del Partito cosiddetto democratico, nonché Governatore della Regione (meglio specificare, perché si potrebbe pensare alla società calcistica) Lazio. Il suo più recente exploit è di ieri. Neanche un mese fa dichiarava, con il tono perentorio che lo distingue, l’8 gennaio 2021: «“C’è solo Conte, se cade Conte, rischio reale e concreto del voto”. E poi, il 4 febbraio 2021: «Il governo Draghi può puntare a chiudere la legislatura».
#Milanononsiferma
Comunque, può bastare ricordare il cambio di opinione più clamoroso, per arrivare all’alto profilo di oggi (che contiamo più di 90.000 morti), lo spritz di un anno fa… 6 giorni dopo il primo morto per Covid-19, insieme al video del 3 febbraio 2020… tre giorni dopo la dichiarazione dell’emergenza nazionale. L’aperitivo pubblico a Milano: “Niente panico, isolare i focolai. Il governissimo? Non c’è la crisi”. Non c’è mai la crisi, tranne dichiarare che la crisi è per il bene del Paese, quando arriva (quella di oggi, provocata da Matteo Renzi, ex sindaco di Firenze, ex Segretario PD, ex Presidente del Consiglio dei Ministri).
Il segretario dem alla manifestazione organizzata dal partito con i giovani nella zona dei Navigli
Repubblica.it, 27 febbraio 2020
Nicola Zingaretti sfida il panico che si è diffuso a causa del coronavirus e questa sera aderisce all’iniziativa #Milanononsiferma promossa dal Partito Democratico Metropolitano milanese. Alle 19 il segretario dem parteciperà ad un aperitivo con i giovani presso il Pinch Ripa di Porta Ticinese 63 e alle 20.30 sarà a Bollate per una cena in pizzeria.
“Bisogna isolare i focolai ma non bisogna distruggere la vita o diffondere il panico. Quindi bisogna dare dei segnali di ripresa e rilancio, la cosa più importante è riaccendere l’economia del Paese con misure straordinarie, ma la prima è ricreare fiducia, speranza e collaborazione, ricostruendo le condizioni per riaccendere il motore dell’economia”. Così Nicola Zingaretti, a Milano per un aperitivo con i giovani Dem sui Navigli, dove i locali hanno riaperto di sera dopo la chiusura per l’emergenza coronavirus. “Mi sembrava giusto, un bel gesto, raccogliere l’invito del sindaco Sala e del Pd di Milano. Un segnale molto chiaro di vicinanza e sostegno innanzitutto al Nord e a Milano che sta vivendo una fase molto difficile. Bisogna sconfiggere il virus seguendo la scienza”, ha aggiunto Zingaretti.
“A me non risulta che in questo momento ci sia una crisi di governo in Italia. C’è un governo e nessuno ha annunciato una crisi. Credo che sia positivo l’atteggiamento della Lega, di voler contribuire con delle idee al rischio di una situazione economica difficile. Mi fa piacere che contribuiscano con delle idee, far cadere il governo non mi sembra una buona idea, anzi”. È quanto dichiarato arrivando sui Navigli.
“Non bisogna fare i furbi in questo momento, gli italiani hanno bisogno di una classe dirigente seria che non usa il problema del coronavirus per furbizie o sgambetti. Non fare i furbi vuol dire collaborare davvero, dare sulla parte medica il primato alla scienza e trovare in fretta provvedimenti per riaccendere l’economia. Tutto il mondo guarda all’Italia e la prima cosa a cui guarda è se c’è una classe dirigente seria. “Negli ultimi 10-15 giorni il Pd sale in tutti i sondaggi, stiamo a 6 punti dalla Lega. In Italia sta accadendo che il Pd è l’unica grande forza di questa alleanza che sta crescendo nel consenso dei cittadini e la Lega cala. Ciò sta avvenendo perché la Lega di Salvini non ha soluzioni ai problemi degli italiani ma cavalca le paure, e questo sta stancando”.
Nicola Zingaretti ai microfoni de “L’Aria che tira”, 6 febbraio 2020: “Occasione bella e unica per ringraziare questo team di ricercatrici e ricercatori e presentarlo all’ambasciatore cinese. Le do un dato: in questo momento nella nostra regione contiamo circa 85mila pazienti con l’influenza stagionale, che spesso causa decessi, e due col coronavirus: questo dà la dimensione di quanto siano infondati gli allarmismi”.
Per quanto riguarda l’autoritarismo fondato sulla diffusione del terrore – marchio del governo giallo-rosso di Giuseppe Conte (non dimentichiamo i balconazo notturni, i decreti confusionali Dpcm e il gioco dei colori (e del tavolino delle tre carte) – Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi hanno spiegato sul Foglio il 12 gennaio 2021, “perché gli scienziati in tv non dovrebbero lasciarsi trascinare dalle inclinazioni autoritarie”: “Il loro ruolo è essenziale per rompere l’assedio del virus. Ma si dovrebbe spiegare a figure pure eminenti nel loro campo che regole e istituzioni di una società libera, faticosamente raggiunte nei secoli, sono diverse da quelle che governano un laboratorio scientifico o un dipartimento di medicina”. “Da circa un anno ascoltiamo ogni giorno qualche scienziato o medico raccontare in tv cosa dovrebbe fare il governo per liberare il paese da Covid. Non tanto, cioè, spiegare le dinamiche del contagio, descrivere i progressi fatti dalla ricerca, mettere in guarda dalle insidie della malattia. Ma invocare misure coercitive, che modifichino i comportamenti sanzionandoli. Esiste una letteratura immensa, che ha studiato la comunicazione degli scienziati e come viene percepita, per cui sarebbe consigliabile che non si esprimessero in modi dogmatici ma mettessero in luce anche le incertezze, eppure non c’è verso. Come tanti dottor Stranamore non resistono a esprimere un’apparente inclinazione autoritaria. ‘Si deve fare un lockdown duro e veloce altrimenti vanifichiamo la vaccinazione’, ‘Bisogna tenere chiuso tutto, altrimenti arriva la terza ondata’, e così via. Il ruolo di medici e scienziati è essenziale per rompere l’assedio del virus. Ma si dovrebbe spiegare a figure pure eminenti nel loro campo che regole e istituzioni di una società libera, faticosamente raggiunte nei secoli, sono diverse da quelle che governano un laboratorio scientifico o un dipartimento di medicina (o, se è per questo, un’impresa). La scienza è, essenzialmente, un metodo. L’ecosistema scientifico che arriva a stabilire meglio di altri quali fatti e teorie sono verosimili incarna i valori liberali, ma i singoli sistemi di produzione di pubblicazioni e brevetti basati su quei fatti/teorie, cioè i laboratori, no”.
Abbiamo già dedicato molti articoli al fenomeno delle tendenze e proposte autoritarie lesive delle libertà personali, da parte di esponenti ad altissimo livello del Partito cosiddetto democratico, in particolare in riferimento alla minaccia di “andare a scovare i malati Covid-19 casa per casa” o andare a sanzionare assembramenti nelle case privati, all’incitamento alla dilazione, per finire con la campagna di vaccinazione anti-Coid-19, rendendola obbligatoria o imponendola con delle ritorsioni (esclusione da cinema, ristoranti, viaggi, ecc. per i “no vax”).
Di seguito condividiamo un contributo che, partendo dall’ultimo libro di Luca Ricolfi, indaga i motivi per cui il governo giallo-rosso Conte II non ha fatto nulla per prevenire la recrudescenza del Sars-CoV-2 dopo l’estate.
Covid. Tutti gli errori del governo giallorosso
di Miguel Cuartero
Tempi.it, 4 febbraio 2021
È stato definito sul quotidiano Il Foglio (Corbellini e Mingardi, 30 gennaio), “uno dei pochi libri sulla pandemia che si legge con interesse”. In effetti è vero che il libro del sociologo dell’università di Torino Luca Ricolfi (La notte delle Ninfee. Come si malgoverna un’epidemia, La Nave di Teseo) coinvolge il lettore fin dalle prime pagine; con la sua prosa incalzante ed un ragionamento sintetico, lineare e ordinato rende comprensibile al grande pubblico ciò che sembrerebbe in un primo momento roba per specialisti, economisti, sociologi o esperti di statistica. Ricolfi non si limita a raccogliere, presentare ed elencare dati e statistiche delle prime due ondate pandemiche che hanno sconvolto il mondo dal gennaio del 2020, ma illustra le strategie adottate dai governanti di diversi paesi per dimostrare la sua tesi, quella secondo cui il governo italiano avrebbe commesso una serie di grossolani e madornali errori che hanno provocato un altissimo costo in termini di PIL e di vite umane. Secondo Ricolfi la cosiddetta “seconda ondata” era evitabile ma le tergiversazioni del governo Conte hanno portato il paese al disastro. L’autore prende spunto da una metafora che dà nome al libro, quella delle ninfee. La diffusione dei contagi funzionerebbe come la crescita esponenziale delle ninfee in uno stagno. Il fatto che le ninfee raddoppino il loro numero ogni notte, farebbe sì che ogni tentennamento, ogni rimando e ogni notte passata senza un intervento si riveli estremamente dannosa per lo stagno stesso.
Cosa avrebbe dovuto fare il governo per bloccare in tempo l’aumento esponenziale dei contagi e limitare al massimo i danni? Secondo Ricolfi la soluzione sarebbe stata semplice e alla portata del nostro paese, anche perché adottata da altri paesi che, dati alla mano, con quelle misure tempestive hanno bloccato i contagi e risparmiato perdite economiche e umane che noi non siamo stati in grado di risparmiare. Lockdown ferreo e immediato, utilizzo obbligatorio delle mascherine, tamponi a tutto campo (perché “i test hanno un’efficacia sorprendente nel contenere il numero di morti per abitante”), saturazione al 50% dei trasporti, tracciamento totale della popolazione tramite misure di geolocalizzazione e app di tracciamento (come effettuato con solerzia ed efficacia dai paesi asiatici più sviluppati quali Corea del Sud, Giappone, Taiwan e Singapore) e chiusura delle frontiere. Chi ha adottato queste misure in tempi rapidi ha raccolto dei buoni risultati nelle settimane e nei mesi successivi, riuscendo ad evitare la prima o quantomeno la seconda ondata tenendo a bada, sotto i livelli di allarme, il grafico dei decessi (secondo l’autore conteggiati per difetto). Secondo questa tesi non sarebbe corretto parlare di “seconda ondata inevitabile” come, dunque, non sarebbe corretto pensare che siano inevitabili eventuali nuove ondate. Limitare i decessi ha poi un chiaro impatto sull’economia, come dimostrato dai grafici considerando il confronto delle perdite umane ed economiche nei diversi paesi.
Dopo il Covid-19 esiste un futuro migliore? Il passato è sempre tempo di risposte. La verità è intramontabile, se la memoria resta viva – 27 Gennaio 2021 [QUI e QUI].
Purtroppo nessuna di queste misure è stata seguita dall’Italia quando a fine gennaio arrivava l’ufficialità di una pandemia in corso e venivano individuati i primi casi Covid nel nostro paese. La prima reazione della classe dirigente italiana è stata quella di rassicurare la popolazione minimizzando la situazione e incoraggiando a vivere come se nulla fosse successo: i selfie dei politici al ristorante cinese, gli abbracci ai cinesi, gli aperitivi di Zingaretti a Milano ecc. Con l’aiuto solerte dei media e dei suoi volti più rappresentativi (da Vespa alla Clerici…) si diffonde la narrazione che i veri virus siano il razzismo e la discriminazione e che l’unico nemico da sconfiggere sia Salvini. Scoraggiato l’uso delle mascherine, evitato un alto numero di tamponi (per paura di sovrastimare i malati), ritardato il lockdown, fallito il piano di tracciamento dei contagi (l’App Immuni) il paese ha pagato un caro prezzo e il governo è dovuto correre ai ripari a partita iniziata. “Ritardare gli interventi ci è costato decine di migliaia di morti (…) e ci ha regalato la seconda ondata”; un’ondata evitabile “tanto è vero che, fra le società avanzate, finora ben 10 su 25 non ne sono state colpite” (p. 21).
Complici le debolezze preesistenti che hanno fatto partire l’Italia col piede sbagliato: una popolazione tra le più anziane del mondo, pochi posti letto per abitante, pochi medici e infermieri, un piano anti-pandemico fermo al 2006 e mai aggiornato.
Eppure una classe di scienziati ha cercato sin da subito di aiutare il governo a non commettere certi errori. Ne è consapevole Ricolfi che assieme al dott. Crisanti ed a altri esponenti del mondo scientifico (scienziati, economisti, sociologi, docenti e medici, tra i quali il SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali) hanno più volte lanciato appelli per chiedere interventi fermi e tempestivi come quando, ad inizio aprile, 150 scienziati ed accademici hanno firmato una petizione urgente chiedendo al governo di pianificare la ripartenza con misure stringenti volte a contenere la curva dei contagi e l’arrivo di una nuova ondata: app di tracciamento, isolamento dei positivi, tamponi ad ampio raggio, obbligo di mascherine… L’appello è rimasto inascoltato.
Questo è, secondo l’autore, uno degli errori imperdonabili commessi dal Governo italiano che ha letteralmente ignorato gli appelli della scienza per seguire pedissequamente i protocolli dell’Oms (no mascherine e no a tamponi per gli asintomatici) e correre ai ripari quando, ormai troppo tardi, la situazione diventava critica, passando bruscamente dalle rassicurazioni alla diffusione del terrore.
Un Italia costretta a muoversi nelle strette maglie dell’“ideologia europea”, cosa che l’autore riconosce come “attenuante” nei confronti di un governo a cui non ha risparmiato certo nessuna critica. L’ideologia europea ha provocato una subalternità degli stati agli organismi sovranazionali (Oms e la stessa Ue); fondata sulla globalizzazione, sulla libera circolazione di merci e sulla “ideologia delle frontiere aperte” ha portato i governi nazionali ad ignorare i pericoli del turismo e dell’immigrazione senza curarsi dello stato di salute dei nuovi arrivati (in molti casi con percentuali altissime di positivi). Questa ideologia ha tracciato “i limiti entro cui le politiche nazionali hanno ritenuto di dover muoversi”.
Ma resta la responsabilità di un governo che mosso forse dalla “stella polare del consenso” di breve periodo (chiusure e restrizioni sono infatti impopolari ed inimicano gli elettori, a meno che non siano realmente terrorizzati da accettare ogni tipo di limitazione) così come la responsabilità di una società, quella italiana, diventata oramai una “società signorile di massa” (titolo e tesi del precedente libro di Ricolfi) incapace di sacrifici e centrata su una esasperata cultura dei diritti, sul primato del consumo e del tempo libero (p. 58). Avremmo forse accettato una chiusura ferrea durante l’estate quando gli indicatori dell’epidemia erano apparentemente sotto i livelli di allarme? Avremmo accettato una chiusura di due settimane ad ottobre mentre le curve erano leggermente in rialzo? Avremmo forse digerito un Natale in “zona rossa”?
Eppure molte società hanno accettato questi sacrifici ed evitato così di dover pagare cara la loro negligenza.
Se da una parte dunque l’ideologia europea e il ventre molle degli italiani potrebbero rappresentare due attenuanti sull’operato del governo, dall’altra due aggravanti pesano sui nostri governanti: quella di non aver ascoltato la comunità scientifica e non voler in nessun modo riconoscere i propri errori. In un eccesso di presunzione e autocompiacimento, nonostante il palese fallimento della sua strategia, per molto tempo il governo si è vantato di essere stato efficiente al punto di parlare di “modello italiano” come esempio da seguire e da esportare. Un governo che non perde occasione di esaltare la cultura e la scienza salvo poi ignorarne i contributi e gli appelli. “La responsabilità di aver sistematicamente ignorato queste richieste è enorme, e ci restituisce solo il dramma in cui siamo gettati. L’Italia è stata messa in ginocchio, e gli artefici del disastro sono ancora lì, indifferenti, apparentemente inconsapevoli di quel che hanno fatto e di quel che ci riservano”. Complici i media che hanno anestetizzato l’opinione pubblica assecondando le narrazioni ufficiali, “rinunciando a raccontare le pur evidenti pecche del modello italiano” (p. 140). Se lo avessero fatto, “se fossero stati addosso al potere con la stessa puntigliosa solerzia con cui, a suo tempo, tennero nel mirino le avventure erotiche di Berlusconi, forse le cose non sarebbero andate nel medesimo modo”. Cosa sarebbe successo se questa stessa gestione della crisi pandemica fosse stata messa in atto da un governo di destra? I media sarebbero stati allo stesso modo ossequiosi, rispettosi e fiduciosi nei confronti dei suoi governanti?