Il “caso Amici”. In corso una de-piattaformazione, la damnatio memoriæ dell’ora presente. Nihil sub sole novi
Il testo che segue, a difesa del Dottor Mariano Amici – un medico coraggioso che osa a fare il medico di base anche per i pazienti Covid-19 e di dire la verità – abbiamo ripreso dal sito Ricognizioni.it [*]. Un sito nato dalla consapevolezza che ci troviamo ormai oltre la linea e che proprio qui dobbiamo continuare a pensare e agire in obbedienza alla Legge di Dio, elaborando, secondo l’insegnamento di Solženicyn, idee per vivere senza menzogna, alla ricerca della verità, rendere giustizia alla verità, raccontando la verità, liberandola.
Il “caso Amici” ci insegna oltre ogni ragionevole dubbio, come lo stiamo scrivendo da tempo, che siamo finiti nel baratro dell’aggressione illiberale verso le opinioni non allineate con il politicamente corretto. Fanno parte di questa aggressione contro la libertà di espressione, gli Ordini dei medici a livello locale e nazionale. Assomigliano sempre di più a dei Tribunali dell’Inquisizione o dei plotoni di esecuzione di tempi più recenti.
Inoltre, facciamo seguire l’intervista alla Dottoressa Maria Grazia Dondini, medico di Medicina generale di Monterenzio, in provincia di Bologna, pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 novembre 2020. L’esperienza raccontata dalla Dottoressa Dondini conferma l’esperienza del Dottor Amici: “Io ho continuato a fare quello che ho sempre fatto, rischiando anche denunce per epidemia colposa, e non ho avuto né un decesso, né un ricovero in terapia intensiva. Ho parlato con una collega di Bergamo e un altro collega di Bologna, che hanno continuato a lavorare nel medesimo modo, e nessuno di noi ha avuto decessi e ricoveri in terapia intensiva”. Anche la testimonianza di questo medico di base rivela come il Ministero della salute “abbia disincentivato i pazienti dal ricorrere a noi medici di famiglia”.
Amici e Dondini non sono gli unici, ma molti hanno paura di fare quello che sono, medici di base. E molti di più ancora, di parlare del loro lavoro.
#RestiamoLiberi
Contro il “farma-maccartismo”
di Elisabetta Frezza e Roberto Dal Bosco
Ricognizioni,it, 1° febbraio 2021
Il canale TV La 7 – una sorta di Pravda privata al servizio del governo del nulla – qualche sera fa ha toccato il fondo mandando in onda lo spettacolo più rivoltante visto sinora dentro il kolossal pandemico. Dopo avergli teso una squallida imboscata per mezzo di un agente provocatore, nella trasmissione Piazzapulita hanno approntato, in onore di un medico reo di avere curato e guarito dal supervirus tutti i suoi numerosi pazienti, un plotone di esecuzione che in tempi normali si sarebbe definito caricaturale. Ma oggi rientra tra le cronache di ordinaria repressione. Vedere per credere.
Il dottor Mariano Amici, che gestisce una rete di circa seimila assistiti, ha salvato dal COVID tutti i malati che ha curato, non ha registrato alcun decesso, nemmeno alcun ricovero. Mentre negli ospedali avveniva la strage. Questo è un dato di fatto, oggettivamente e agevolmente verificabile.
Quando il dottore ha osato ricordarlo in studio, il bravo conduttore gli ha risposto: «e checc’entra». E si capisce: per la regia, l’importante non è salvare vite umane, ma rispettare protocolli fallimentari, e i sopravvissuti ai protocolli vaccinarli a tappeto, e andare avanti a tutta velocità senza voltarsi indietro, nonostante quegli strani focolai e tante strane morti contrassegnate da una strana coincidenza temporale. Bizzarre casualità.
Quella di mettere in discussione con dati empirici e argomenti scientifici il fideismo scientista, apodittico e inderogabile, sposato dai programmi di Stato, non può che essere una colpa inestirpabile. Ancor peggio è ottenere risultati dirimenti, perché allora la gente comincia a farsi qualche domanda e a darsi qualche risposta, e sono guai.
PLOTONI DI ESECUZIONE
Ecco dunque la triade di prodi giustizieri convocati per l’operazione di pulizia etnica televisiva. Il conduttore, Corrado Formigli è un signore premiato dal sistema televisivo per comprovata obbedienza, dote emersa grazie al lavoro nell’antico latifondo TV dell’ex padrone Michele Santoro. Dopo essersi allenato facendo la posta a Previti, teatrini come quello dell’altra sera gli vengono facili. Come gli viene facile sparare raffiche di accuse all’ospite per poi fargli togliere l’audio appena gli toccherebbe la replica. Prima lo invita, e poi «io non è che le do la tribuna così».
Nel plotone era rappresentato ovviamente anche lo Stato, in persona del viceministro della salute che, per marcare la propria pretesa superiorità sull’interlocutore e sul popolo bue in ascolto, ha subito ricordato a tutti il suo triplo titolo di medico, di professore universitario e di uomo delle istituzioni, così spalancando in un colpo solo un abisso su tutte e tre le categorie. Con la stessa gran classe, Sileri, duettando col padrone di casa secondo copione, ha rivolto una serie di insulti e di avvertimenti al dottor Amici: quello incommentabile, quello che va bene per far tagliate di frutta, quello che nemmeno Vesalio nel 500 scriveva stupidaggini del genere, quello che non stiamo parlando con un medico ma con uno studentello di medicina, quello che ancora non ha aperto manco un libro, quello che non sa neanche cos’è un ribosoma né sa come funziona un vaccino, quello che se mia mamma va su Wikipedia ne sa di più di lui; soprattutto, quello che di sicuro rimarrà ancora per poco al suo posto di medico di base; e che, qualora provasse a denunciare qualcuno, attenzione, ne pagherebbe tutte le conseguenze. Una serie di offese alternate a minacce messe lì in favore di telecamera, senza veli e senza vergogna. Compresa la chiamata in causa del presidente dell’Ordine dei medici di Roma affinché intervenga esemplarmente con sollecitudine contro il pericoloso dissidente (quello che li ha guariti tutti). Alla faccia del diritto e dei suoi inutili orpelli.
La violenta denigrazione orchestrata e scatenata contro il dottor Amici investe le sue posizioni critiche, oltre che sulla gestione della emergenza e sulla attendibilità dei tamponi, anche sull’efficacia e sulla sicurezza degli ultimi vaccini. Si manifestano ancora una volta, pornograficamente, le mirabolanti capriole dei saltimbanchi pentastellati – di cui Sileri è esponente – che sulla libertà vaccinale avevano costruito una decisiva porzione del loro consenso: circolano ancora in rete i commenti trionfali di Bonafede che si autocelebra presso il mentore Grillo (Beppe) per avere ottenuto per un bambino autistico un risarcimento di un danno da vaccino col suo studio professionale, o i cinguettii della Grillo (Giulia) sulla correlazione tra autismo e vaccini, la bestemmia imperdonabile (o forse no) contro lo spirito santo farmaceutico.
Quanto a Sileri, lo vogliamo ricordare, è lo stesso tenerone che durante il primo periodo di chiusura rilasciava l’indimenticata intervista in cui lodava gli amici e ne piangeva la forzata lontananza, perché «a un amico puoi dire cose che non dici a tua moglie quando torni a casa»; e li includeva quindi, ex auctoritate, nella creativa nozione di “congiunti”, cioè quelli che si potevano andare a trovare, purché però – attenzione – non fossero semplici amici, ma “amici amici, amici veri”. Non è uno scherzo, è tutto vero. Ora il summenzionato cantore dell’amicizia, nella tenzone col dottor Amici, vive una curiosa nemesi onomastica.
Infine nella terna inquisitoria non poteva poi mancare, in quota rosa, il prodotto di laboratorio massmediatico che va sotto il nome di Selvaggia Lucarelli; una che non più tardi di un anno fa, nello stesso identico studio di Formigli, trangugiava involtini primavera per fermare il virus del razzismo contro i cinesi. Folgorata sulla via di Wuhan, oggi come niente fosse, mostrando in rete un breve video, probabilmente girato dal balcone di casa sua, che immortala la polizia mentre ferma l’unica persona presente in un parco deserto, esulta: «Bene così Milano». Nessuna sorpresa, fa tutto parte del mestiere che fa.
IL SICOFANTE MODELLO DI VIRTÙ
Il tema della delazione, tuttavia, non è affatto peregrino. Sia Sileri sia Formigli ammiccavano con beffarda insistenza all’Ordine dei Medici, e personalmente al presidente della sezione romana, Antonio Magi. L’indomani il profilo Twitter della trasmissione Piazzapulita riportava in maiuscolo trionfale la notizia che l’Ordine dei Medici si era già preso in carico il caso Amici. Come dire, c’è chi può: la macchina del fango istituzionale funziona a meraviglia e produce sempre i frutti sperati.
Lo Stato di diritto, quello stupido impianto che ciancia di giusto processo, di diritto di difesa, di principio del contraddittorio, nell’ora presente non vale più una cicca: siccome ho il potere in mano, ti rendo persona non grata, ti tolgo il lavoro, ti distruggo le finanze, ti ridicolizzo in diretta TV. Un servizio veloce e pulito, bando alle formalità.
La delazione, del resto, rientrava tra le luminose raccomandazioni del governo (Speranza lo disse apertamente da Fazio) contro gli assembramenti sediziosi tipo le cene in famiglia. Allora fu la polizia a prendere le distanze dalla trovata ministeriale, ricordando che precedenti del genere erano forse ravvisabili nella Germania degli anni Trenta.
Ma ciò non ha impedito che la pratica delatoria, specie se esercitata al buio, all’insaputa di chi la subisce, si stia affermando come nuova virtù civica. E pensare che era ritenuta condotta talmente ripugnante da fare schifo perfino ai bambini (“Chi fa la spia non è figlio di Maria non è figlio di Gesù quando muore va laggiù”), per gli antichi il sicofante era annoverato tra i tipi umani più spregevoli. Non poteva che esserne questa l’evoluzione, nell’epoca invertita dove l’onore non vale più nulla perché la virilità è considerata sostanza tossica.
LA DAMNATIO MEMORIÆ DELL’ORA PRESENTE
Ora, per capire bene edificanti spettacoli come questo, è opportuno che prendiamo dimestichezza con un neologismo coniato oltreoceano per indicare la damnatio memoriae delle voci alternative: deplatforming. Traslitterato, sta per “de-piattaformazione”. Si moltiplicano i casi di commentatori, aziende, siti, improvvisamente cancellati da Twitter, da YouTube, da Facebook, e su su verso l’app store di Apple e Google (senza i quali non si può arrivare ai telefoni e quindi alle persone), fino all’apoteosi: all’indomani del Campidoglio, Amazon elimina i server che ospitavano Parler, la piattaforma alternativa a Twitter e Facebook, che d’improvviso sparisce dalla faccia della Terra.
In realtà, non è che ti tolgono solo la voce: vediamo banche che chiudono, senza spiegazioni, i conti delle aziende di Trump; grandi distributori che annunciano la rescissione dei rapporti con imprenditori che si sono esposti a suo sostegno; i fondatori del social Gab che si vedono annullare dalla Visa le carte di credito proprie e perfino dei propri ai loro famigli.
Negli USA, la patria delle libertà, coloro che hanno simbolicamente occupato il Campidoglio (ricevendone in cambio pallottole) sono demonizzati e criminalizzati sotto la definizione nuova di zecca di “domestic terrorist“. Ma i ribelli dell’Epifania non sono che una sineddoche: il problema vero – e l’apparato non lo nasconde – sono tutti i patrioti vecchi e nuovi, i vecchi e nuovi sostenitori del candidato disallineato. Cioè una ottantina di milioni di persone: la più enorme quantità di consensi della storia americana, escludendo ovviamente il presidente in carica, uno talmente popolare da essere votato, come noto, anche dai morti. Vale a dire che una porzione enorme della popolazione, in molti Stati totalmente maggioritaria, riferita dalle istituzioni centrali come un nemico – paragonato nientemeno che ad Al Qaeda sia dal generale McChrystal sia dall’ex capo della CIA Brennan – da sterminare se necessario col pugno duro dell’esercito più forte del mondo e qualche drone assassino. Per non parlare dei discorsi che girano su progetti di deprogrammazione degli elettori trumpiani – concetto psichiatrico familiare a chi combatte le sette e i radicalismi – o su eventuali campi di rieducazione.
NIHIL SUB SOLE NOVI
Va poi considerato come il trattamento riservato al dottor Amici non sia una novità. L’opera di demonizzazione e successiva radiazione dei medici non allineati ai dogmi ufficiali dettati dalle multinazionali del farmaco e dai filantropi del mestiere era cominciata ben prima dell’emergenza. Quanto stiamo vivendo non è altro che la riproposizione su scala più ampia della catastrofe sanitaria derivata dal capolavoro della Lorenzin sulla obbligatorietà vaccinale, in conformità all’accordo stipulato a Washington insieme a Ranieri Guerra (il giro è sempre lo stesso) con GAVI, cioè Bill Gates, grazie al quale l’Italia veniva eletta paese cavia delle vaccinazioni selvagge. Le pedine erano già tutte al loro posto da allora. Chi ha visto colpire proditoriamente i dottori Gava, Miedico, Rossaro, Lesmo, sa perfettamente cosa tenteranno di infliggere al dottor Amici e agli altri medici liberi che onorano il loro giuramento e la loro coscienza. Chi quattro anni fa ha già visto calpestato l’articolo 32 della Costituzione (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario…”) non può stupirsi della voglia matta di imporre TSO permanenti e generalizzati, o dell’orgia di provvedimenti amministrativi monocratici con cui sono state soppresse le libertà fondamentali e sono stati conculcati i diritti costituzionali, a partire da quello al lavoro garantito all’art. 1; non può non capire cosa ci sia dietro l’incredibile divieto di praticare autopsie e dietro l’obbligo disumano di cremare i cadaveri.
Le prove generali erano già state fatte e il terreno era bello che pronto.
UNO PER TUTTI TUTTI PER UNO
Né si fermeranno al dottor Amici. Verranno a cercare anche voi. Sanno cosa pensate e vi staneranno perché pensate e quindi siete pericolosi. Ciò che succede negli USA succederà anche nelle colonie dell’impero. Il potere mondialista non vuole convincervi, vuole schiacciarvi. Non vuole ascoltarvi, vuole zittirvi. Non vuole comprendervi, vuole annientarvi. I lacché di questa macchina infernale stanno nei media e al governo, diade unita oggi come non mai.
Noi stiamo con il dottor Amici, e non con la sozzura dell’establishment, perché il dottor Amici ha curato migliaia di persone senza che gliene morisse una. Noi stiamo con il dottor Amici perché crediamo in quello che dice sulla psicopandemia, sui tamponi, sulle cure, sul vaccino. Stiamo con il dottor Amici, e con i medici liberi e perseguitati, con i giornalisti indipendenti, con chiunque stia combattendo la sua personale battaglia contro un sistema liberticida e criminale, perché quel sistema vorrà anche la nostra pelle. Stiamo con ogni “strega” che il farma-maccartismo vuole bruciare. Perché se ci salveremo, ci salveremo insieme. Perché vogliamo riprenderci la vita e la libertà.
[*] Ricognizioniè nato dalla consapevolezza di trovarsi ormai oltre la linea, in terra nemica, là dove non avremmo mai pensato di essere solo qualche anno fa. Oltre la linea in una Chiesa che non si occupa più delle anime, ma solo di quei corpi che rendono propagandisticamente. Oltre la linea in uno Stato che legifera secondo le agende stabilite in opachi palazzi di vetro. Oltre la linea in una società che affida la salvezza del pianeta alle Grete di turno. Oltre la linea in un mondo che divinizza le bestie e ammazza i bambini. Ed è proprio oltre la linea che dobbiamo continuare a pensare e agire in obbedienza alla Legge di Dio, elaborando, secondo l’insegnamento di Solženicyn, uno che oltre la linea c’è stato a lungo, idee per vivere senza menzogna.
Qualcuno ne sarà deluso, ma Ricognizioni pensa che questo non sia più il tempo di una “riscossa cristiana”. Quello che siamo chiamati a fare è, al tempo stesso, più radicale e meno eclatante. Si tratta di attestarsi e perlustrare “oltre la linea” in terra nemica per osservare cosa vi accade e informare chi non intende piegarsi all’iniquità di un potere che non conosce altra legge che la propria prosperità.
Andare in ricognizione, ecco il compito di Ricognizioni, per descrivere un panorama devastato, per elaborare idee per uomini vivi, ma anche per raccontare ciò che di buono sopravvive: persone, pensieri, libri, fatti, storie, testimonianze che possono diventare alimento per tutti noi che, in qualche modo, ci riconosciamo. Senza indulgere alla pigrizia di pestare nel mortaio le solite quattro idee ormai ridotte a poltiglia immangiabile.
E senza sconto alcuno per il nemico. Ma anche per chi, consapevolmente o inconsapevolmente, sale volentieri alla ribalta nel ruolo di oppositore di comodo giocando secondo le regole stabilite dal potere. A Ricognizioni non piacciono né il gioco né le regole: ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che quando il potere vuole destituire di fondamento un’idea antagonista, invece che farla attaccare da uno bravo dei suoi, trova più redditizio farla difendere da uno sprovveduto degli oppositori. E trova sempre un personaggio in cerca d’autore disposto a mettersi la divisa da assaltatore gentilmente fornita dalla fureria del reggimento, che finisce sempre per andargli un po’ larga o un po’ stretta facendo irrimediabilmente ridere.
«Medici di base impotenti. Ma ho continuato a curare»
di Luisella Scrosati
La Nuova Bussola Quotidiana, 5 novembre 2020
«La medicina territoriale è stata esclusa dai giochi e si è voluto creare una distanza tra noi e i pazienti, ma io ho continuato a curare e non ho avuto né un decesso, né un ricovero in terapia intensiva». La testimonianza di un medico di base di Bologna che rivela come il ministero «abbia disincentivato i pazienti dal ricorrere a noi medici di famiglia». Il mistero delle sovradiagnosi da Covid e dell’attendibilità dei tamponi.
È sempre più chiaro che uno dei problemi maggiori nella gestione di questa emergenza sanitaria, riguarda la “messa in quarantena” dei medici di base. Viene loro chiesto di fare tamponi, ma vengono ostacolati nel fare il lavoro proprio di identificazione di una malattia in base alla sintomatologia dei pazienti, con conseguente cura. Di un malato, importa solo sapere se sia positivo e negativo al tampone; e nel caso di positività, si mette in atto tutto il carrozzone di identificazione dei contatti, isolamenti, etc. «La medicina territoriale è stata esclusa dai giochi e si è voluto creare una distanza tra noi e i pazienti», dice alla Bussola la dottoressa Maria Grazia Dondini, medico di Medicina generale di Monterenzio, in provincia di Bologna.
Dottoressa, che cos’è successo verso la fine dell’inverno di quest’anno?
Noi medici di medicina generale, tutti gli anni, generalmente da ottobre a marzo, vediamo polmoniti interstiziali, polmoniti atipiche. E tutti gli anni le trattiamo con antibiotico. Si tratta di pazienti che vengono in ambulatorio con sintomi simil-influenzali – tosse, febbre, poi compare “senso di affanno” – che non si esauriscono nell’arco di qualche giorno. La valutazione del paziente e l’evoluzione clinica depongono per forme batteriche; si dà loro un antibiotico macrolide (e nei casi più complicati del cortisone) e, nell’arco di qualche giorno, si riprendono egregiamente con completa risoluzione dei sintomi.
Quest’anno non è andata così…
Il 22 febbraio di quest’anno è stata comunicata la circolazione di un nuovo coronavirus. Il Ministero della Salute ha mandato un’ordinanza a tutti noi medici del territorio, dicendoci sostanzialmente che eravamo di fronte a un nuovo virus, sconosciuto, per il quale non esisteva alcuna terapia. La cosa paradossale è che fino a quel giorno avevamo gestito i medesimi pazienti con successo, senza affollare ospedali e terapie intensive; ma da quel momento si è deciso che tutto quello che avevamo fatto fino ad allora non poteva più funzionare. Non era più possibile un approccio clinico/terapeutico. Noi, medici di Medicina generale, dovevamo da allora delegare al dipartimento di Sanità Pubblica, che non fa clinica, ma una sorveglianza di tipo epidemiologico; potevamo vedere i pazienti solamente se in possesso di mascherina FFP2, che io ho potuto ritirare all’ASL solo il 30 di marzo. Ma c’è una cosa più grave.
Quale?
Nella circolare ministeriale, il Ministro della Sanità ci dava le seguenti indicazioni su come approcciarci ai malati: isolamento e riduzione dei contatti, uso dei vari DPI, disincentivazione delle iniziative di ricorso autonomo ai servizi sanitari, al pronto soccorso, al medico di medicina generale. Dunque, le persone che stavano male erano isolate; e, cosa ancora più grave, il numero di pubblica utilità previsto non rispondeva. Tutti i pazienti lamentavano che non rispondeva nessuno; io stessa ho provato a chiamare il 1500 senza successo. Un ministro della salute che si accinge ad affrontare una emergenza sanitaria prevede che i numeri di pubblica utilità non rispondano?
Un disastro.
In sintesi: le polmoniti atipiche non sono state più trattate con antibiotico, i pazienti lasciati soli, abbandonati a sé stessi a domicilio. Ovviamente dopo 7-10 giorni, con la cascata di citochine e l’amplificazione del processo infiammatorio, arrivavano in ospedale in fin di vita. Poi, la ventilazione meccanica ha fatto il resto.
E lei, come si è comportata?
Io ho continuato a fare quello che ho sempre fatto, rischiando anche denunce per epidemia colposa, e non ho avuto né un decesso, né un ricovero in terapia intensiva. Ho parlato con una collega di Bergamo e un altro collega di Bologna, che hanno continuato a lavorare nel medesimo modo, e nessuno di noi ha avuto decessi e ricoveri in terapia intensiva. Anche l’OMS ha dato indicazioni problematiche: nelle prime fasi della malattia ha previsto solo l’isolamento domiciliare, nella seconda e terza fase, quindi condizioni di gravità moderata e severa, l’unico approccio terapeutico previsto doveva essere l’ossigenoterapia e la ventilazione meccanica. A mio modo di vedere c’è una responsabilità anche dell’OMS, perché non ha dato facoltà al medico di valutare clinicamente il paziente.
Con questo approccio però, una persona non muore solo di Covid. Se si lascia in casa un malato senza cure…
Assolutamente sì. Poi c’è un altro problema. Si arrivava in ospedale, si faceva il tampone: tampone positivo, quindi veniva formulata la diagnosi di COVID-19. E si veniva trattati come tali. Punto. Qui a Bologna c’è stato anche altro: a pazienti con tampone negativo, venivano fatte una o più TAC toraciche e sulla base delle immagini di “ground glass” veniva formulata la diagnosi di COVID-19. Mi sono confrontata con una radiologa e mi ha confermato come queste immagini radiologiche non siano patognomoniche per COVID-19, poiché si evidenziano in molteplici altre patologie. E quindi si è finito per mascherare altri quadri clinici anche più gravi. Pertanto ritengo che innumerevoli condizioni cliniche non siano state trattate come avrebbero dovuto.
Lei ha sollevato dei dubbi anche sulla veridicità dell’esito dei temponi.
Il primo studio cinese del 24 gennaio afferma che, riguardo all’isolamento del SARS-COV-2, non sono stati rispettati i postulati di Henle-Koch, indispensabili per isolare effettivamente un virus o un batterio. A riguardo, sono andata in un laboratorio di ricerca, per chiedere informazioni, anche perché girava un documento da cui sembrava che si utilizzasse un primer per avviare questa amplificazione genica che avrebbe una sequenza complementare al cromosoma 8 umano (il che significherebbe 100% di falsi positivi). Mi è stato risposto che i postulati di Koch sono vecchi di oltre un secolo. Allora ho chiesto: scusate, voi lavorate con una sequenza genica; ma per allestire un vaccino avrete bisogno del virus intero. Mi è stato ribattuto che in questo caso, i postulati di Koch sarebbero necessari, perché per un vaccino avremmo bisogno dell’involucro virale. Mi sembra piuttosto contraddittorio. Bisognerebbe indagare bene su come vengano allestiti questi tamponi e ricordiamoci che lo stesso ideatore del test di amplificazione genica, il Dott. Mullis, ha sempre sostenuto che non dovesse essere utilizzato a fini diagnostici!
L’OMS mette a disposizione la possibilità di consultare i dati relativi all’influenza. Dall’aprile di quest’anno, praticamente pare non esista più l’influenza.
Certo. Ma non solo. Noi riceviamo annualmente il report dell’influenza dell’autunno-inverno precedente. Ce lo consegnano nell’autunno successivo, in occasione dell’apertura della campagna vaccinale antinfluenzale. Quest’anno, stranamente, questo report è arrivato verso la fine di febbraio: questo significa che si era già deciso che tutte le forme influenzali/simil-influenzali dovevano essere battezzate come COVID-19. L’influenza è sparita, insieme a tanto altro. Io sono convinta che ci troviamo di fronte a numerose sovradiagnosi di COVID-19.
Una parola sull’affollamento degli ospedali.
Sui dati dei ricoveri e delle terapie intensive: non ci può essere chiarezza fino a quando non si specificherà chi sono queste persone e di cosa effettivamente soffrono. Dai dati comunicati non si capisce: non si fa questa necessaria operazione di definizione dei ricoveri. Si danno semplicemente dei numeri, come i numeri dei tamponi positivi in pazienti per la maggior parte asintomatici. E questo allontana dalla reale misura del problema, sempre che di COVID-19 si debba parlare. È evidente che si voglia ricercare solo quello.