Inps: la recessione ha colpito la famiglia

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L’Inps, da pochi giorni, ha pubblicato un rapporto sulla coesione sociale. Nell’analisi l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale sostiene: “La recessione economica mondiale ha prodotto un rallentamento della crescita sia nei paesi avanzati che in quelli emergenti, sovrapponendo talvolta l’urgenza delle questioni congiunturali a problematiche strutturali sedimentate da anni con un effetto moltiplicatore sull’impatto della crisi. In Italia, come in molti altri paesi dell’Unione europea, questa contrapposizione si è evidenziata attraverso il progressivo peggioramento dei principali indicatori macroeconomici e sociali che hanno fatto registrare valori inferiori alla media dei paesi. Nonostante il costante peggioramento del quadro economico italiano il sistema di coesione sociale ha tenuto, consentendo al sistema Paese di fare sacrifici senza perdere di vista le speranze per un futuro di maggiore prosperità, crescita e uguaglianza. L’uscita dal tunnel della recessione e dai problemi che ne derivano comporta la necessità di ripartire dai principi di uguaglianza, di solidarietà, di pari opportunità e la capacità di utilizzare le risorse a disposizione per reagire con determinazione attraverso interventi rapidi e mirati. Il sistema produttivo italiano deve essere messo nella condizione di poter cogliere le opportunità e le sfide poste dall’apertura di nuovi mercati e dall’avvento di nuove tecnologie, recuperare competitività riorganizzandosi attorno a nuovi modelli tecnologici e organizzativi, reagendo prontamente ai segnali di ripresa che si andranno prospettando”.

 

 

Nell’analisi l’Inps, evidenziando che “le azioni politiche adottate nell’ultimo anno hanno cercato di fornire le prime leve per il riavvio del paese Italia”, ha sottolineato che al 31 dicembre 2011 la popolazione residente in Italia era 60.626.442 unità, di cui 29.413.274 maschi e 31.213.168 femmine. Rispetto al 2010 l’incremento è 286.114 unità. Gli stranieri residenti in Italia erano 4.570.317 (2.201.211 maschi e 2.369.106 femmine, con 335.258 nuove iscrizioni in totale), pari al 7,5% della popolazione residente complessiva. Anche nel 2011, dunque, continua l’andamento crescente degli anni precedenti (7,0% nel 2010). E’ restato stabile il tasso di fecondità, si evince una stabilità per le madri italiane, ed è diminuito leggermente quello delle madri straniere (2,2 contro 2,1), mentre è aumentata l’età media alla nascita del primo figlio che passa da 29,6 anni nel 2005 a 30,2 anni nel 2010. Per quanto riguarda la nuzialità, nel 2010 si è confermato il trend decrescente dei matrimoni: sono pari a 217.700 contro i 230.613 del 2009.

Il matrimonio religioso, nonostante la tendenza generale alla diminuzione, continua a essere quello preferito dagli sposi: nel 2010 sono stati celebrati con rito religioso il 63,5% dei matrimoni. Le separazioni sono state 88.191 e i divorzi 54.160. Rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate di oltre il 68% ed i divorzi sono raddoppiati (+100,3%). E’ continuato nel 2011 (dato stimato), così come negli anni precedenti, l’incremento della vita media, conseguenza della costante riduzione dei rischi di morte a tutte le età: la speranza di vita alla nascita dei maschi è pari a 79,4 anni (era 78,1 nel 2005), mentre quella delle donne è pari a 84,5 anni (anche in questo caso in aumento rispetto agli 83,6 anni del 2005).

Il numero di famiglie in Italia nel 2010-2011 (media) è pari a 24.622.000, con una distribuzione territoriale che fa registrare una prevalenza di famiglie al Nord,11. 760.000, valore che precede quello del Mezzogiorno, con 7. 883.000 famiglie e del Centro, con poco meno di 5.000.000 di famiglie. Considerando l’andamento temporale e confrontando il dato del 1994-1995 (media)con l’ultimo disponibile, si evidenzia un aumento del numero di famiglie pari a circa 3.870.000 unità. Inoltre, l’analisi delle tipologie familiari mostra che in Italia nel 2010-2011 il 29,4% delle famiglie è rappresentato da persone sole, incidenza in continua crescita. Tra le persone sole il 53,6% ha oltre 60 anni e di queste il 67,4% è costituito da donne. Le famiglie presentano una prevalenza della tipologia coppie con figli, pari al 54,4%, mentre le coppie senza figli hanno un’incidenza del 31,4% e i monogenitori del 14,2% sul totale dei nuclei.

Inoltre l’Inps ha evidenziato come l’incidenza delle coppie con figli subisca una flessione, passando dal 62,4% del 1994-1995 (media) al 54,4% del 2010-2011 (media), cui corrisponde un andamento crescente dell’incidenza delle coppie senza figli e dei monogenitori. Il numero medio di componenti familiari risulta in flessione; infatti da 2,7 componenti del 1994-1995 si passa a 2,4 nel 2010-2011. Analizzando il numero di figli è bene sottolineare che il 52,6% delle coppie con figli ha un solo figlio, il 39,3% due e l’8,1% tre e più figli. Nel 2010-2011 (media) sono poco meno di 5.800.000 le coppie con figli minori. Nel 2011 ci sono in Italia 6.933.000 persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni celibi e nubili che vivono con almeno un genitore e rappresentano il 59,2 % della popolazione di riferimento.

Spostando l’analisi sugli anziani è possibile osservare come nel 2010-2011 (media) il 36% delle famiglie abbia al suo interno almeno un anziano, il 22,9% sia rappresentato da famiglie con solo anziani, il 20,1% delle famiglie ha almeno un anziano di 65-74 anni, il 14,8% delle famiglie ha un anziano di 75-84 anni e il 5,4% ha almeno un anziano di 80 anni e più. Le persone di 65 anni e più nel 41,8% dei casi sono coniugi in una coppia senza figli, nel 28,3% persone sole, nel 14% sono genitori in una coppia con figli, nel 6,4% sono genitori in un nucleo con un solo genitore e nel 3,8% dei casi sono membri aggregati in famiglie con un solo nucleo. Quindi il rapporto percentuale tra la popolazione con 65 anni e più e la popolazione tra 0 e 14 anni, denominato indice di vecchiaia, risulta essere, nel 2011, pari a 114,5 punti e dunque in costante crescita dal 1995. Se si prendono in considerazione le proiezioni relative al 2030 e al 2050, i valori stimati si attestano rispettivamente a 205,3 e a 256,3 punti, con un aumento, tenendo conto dell’ultimo anno disponibile, pari a 60,8 e 111,8 punti. Nel 2011 i valori dell’indice di vecchiaia a livello territoriale, consentono di descrivere un quadro empirico caratterizzato da una maggiore criticità nelle ripartizioni settentrionali, rispetto a quanto sia osservabile nel Mezzogiorno.

Infatti, l’indice di vecchiaia si attesta nel Nord Ovest e nel Nord Est rispettivamente a 158,5 e 152 punti contro i 119,3 e 129,9 di Sud e Isole. Tuttavia, proiettando i dati al 2030 e al 2050 è proprio nelle regioni meridionali che si registra il maggior incremento dei valori dell’indice; è possibile, infatti, stimare nel 2050, rispetto all’ultimo anno disponibile, una forte crescita per Sud, 170 punti e Isole, 156,8 punti, e attenuata invece nel Nord Ovest, 73,3 punti e Nord Est 86,9 punti. Ampliando lo spettro dei valori registrati alla totalità della popolazione in età non attiva con età compresa tra 0 e 14 anni e oltre i 65 anni e rapportandola alla popolazione in età attiva (15-64 anni), i valori ottenuti consentono di evidenziare, anche in questo caso, un incremento costante dell’indice di dipendenza, che per l’anno 2011 si attesta a 52,3 punti e dunque fa registrare un + 6,8 punti rispetto al 1995. La proiezione di tale indice al 2030 e al 2050 porta il valore stimato rispettivamente a 64,9 e a 84,7 punti.

Quindi confrontando tali dati con quelli europei, l’Italia presenta un valore dell’indice di vecchiaia sì superiore al dato dell’Unione Europea a 27, ma decisamente più basso di altri paesi quali ad esempio Danimarca (135 punti), Regno Unito (105 punti) e Francia (104,9 punti), nonché una crescita dell’indice nel 2030 e 2050 più contenuta rispetto a quanto osservabile nei casi tedesco, francese e britannico. Osservando anche l’indice di dipendenza, l’Inps sottolinea che il quadro europeo consente di collocare l’Italia tra le prime posizioni quanto a consistenza del valore registrato, dopo Francia (54,2 punti), Svezia (53,1), Danimarca (52,4). Tenendo invece conto dei dati stimati al 2030 e al 2050, la popolazione italiana presenta un aumento dell’indice di dipendenza in realtà più moderato rispetto ad altri paesi come, ad esempio, Germania, Regno Unito, Francia. Se si osserva, infatti, solo il dato della proiezione al 2050, l’incremento dell’Italia è il più basso in assoluto e pari a 16,9 punti, a fronte di una crescita pari a 34 punti nel caso della Spagna, 28,7 nel caso del Regno Unito e 24,6 punti nel caso della Francia.

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