Il Papa: le migrazioni è un pellegrinaggio di fede e di speranza

Nella domenica del battesimo di Gesù la Chiesa Cattolica celebra la 99^ Giornata del Migrante e del Rifugiato, mettendo a tema ‘Le migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza’, a 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, ed a 60 anni dalla promulgazione della Costituzione Apostolica ‘Exsul familia’, in questo Anno della fede. E nel Messaggio papa Benedetto XVI ricorda ‘la sofferenza’, ‘la povertà’, ‘la disperazione’ che mette in cammino molte persone: la Chiesa condivide il dramma di chi, migrante, è sfruttato e abbandonato. Infatti, nel Dossier statistico del 2012, curato dalla Caritas e dalla Migrantes, si segnala come le migrazioni nascono in un mondo di 1.200.000.000 persone che vivono nella povertà. Nel 2011 anche l’Italia ha vissuto l’incontro con 62.000 persone che sono arrivate sulle coste, in particolare nell’isola di Lampedusa, provenienti dal Nord Africa, che viveva quella che è stata definita ‘la primavera araba’, ma originari di molti Paesi del Centro o del Corno d’Africa. E nel messaggio, il Papa invita a promuovere “l’autentica integrazione, in una società dove tutti siano membri attivi e responsabili ciascuno del benessere dell’altro, generosi nell’assicurare apporti originali, con pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai medesimi diritti e doveri”.
Papa Benedetto XVI, nel messaggio, ricorda che la Costituzione pastorale ‘Gaudium et Spes’ ha sottolineato che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”; alcuni anni dopo il venerabile papa Paolo VI nell’enciclica ‘Popolorum Progressio’ ha definito la Chiesa ‘esperta in umanità’, ed il beato Giovanni Paolo II, nell’enciclica ‘Centesimus Annus’ ha affermato come la persona umana sia “la prima via che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione …, la via tracciata da Cristo stesso”. Infine lo stesso papa Benedetto XVI, nell’enciclica ‘Caritas in veritate’ ha riaffermato il principio che “tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo… (I flussi migratori) sono un fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale, poiché ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”.
Nel messaggio il papa ha ribadito: “fede e speranza formano un binomio inscindibile nel cuore di tantissimi migranti, dal momento che in essi vi è il desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la ‘disperazione’ di un futuro impossibile da costruire. Al tempo stesso, i viaggi di molti sono animati dalla profonda fiducia che Dio non abbandona le sue creature e tale conforto rende più tollerabili le ferite dello sradicamento e del distacco, magari con la riposta speranza di un futuro ritorno alla terra d’origine”. Da questa visione la Chiesa attua molti interventi di soccorso “per risolvere le numerose emergenze, con generosa dedizione di singoli e di gruppi, associazioni di volontariato e movimenti, organismi parrocchiali e diocesani in collaborazione con tutte le persone di buona volontà”; senza trascurare gli aspetti positivi e le risorse di cui le migrazioni sono generatrici, perché la promozione umana non deve essere disgiunta con la comunione spirituale: “In questa direttrice prendono corpo gli interventi di accoglienza che favoriscono e accompagnano un inserimento integrale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati nel nuovo contesto socio-culturale, senza trascurare la dimensione religiosa, essenziale per la vita di ogni persona.
Ed è proprio a questa dimensione che la Chiesa è chiamata, per la stessa missione affidatale da Cristo, a prestare particolare attenzione e cura: questo è il suo compito più importante e specifico. Verso i fedeli cristiani provenienti da varie zone del mondo l’attenzione alla dimensione religiosa comprende anche il dialogo ecumenico e la cura delle nuove comunità, mentre verso i fedeli cattolici si esprime, tra l’altro, nel realizzare nuove strutture pastorali e valorizzare i diversi riti, fino alla piena partecipazione alla vita della comunità ecclesiale locale”. Però il papa sottolinea che l’azione della Chiesa non si basa sull’assistenzialismo, ma tende a favorire l’integrazione e la cittadinanza, perché “coloro che emigrano portano con sé sentimenti di fiducia e di speranza che animano e confortano la ricerca di migliori opportunità di vita. Tuttavia, essi non cercano solamente un miglioramento della loro condizione economica, sociale o politica…
In verità, coloro che migrano nutrono la fiducia di trovare accoglienza, di ottenere un aiuto solidale e di trovarsi a contatto con persone che, comprendendo il disagio e la tragedia dei propri simili, e anche riconoscendo i valori e le risorse di cui sono portatori, siano disposte a condividere umanità e risorse materiali con chi è bisognoso e svantaggiato”. In questo scambio reciproco “migranti e rifugiati, insieme alle difficoltà, possono sperimentare anche relazioni nuove e ospitali, che li incoraggiano a contribuire al benessere dei Paesi di arrivo con le loro competenze professionali, il loro patrimonio socio-culturale e, spesso, anche con la loro testimonianza di fede, che dona impulso alle comunità di antica tradizione cristiana, incoraggia ad incontrare Cristo e invita a conoscere la Chiesa”.
Infine il papa, ricordando che la costituzione conciliare ‘Gaudium et Spes’ ha ribadito tra i diritti umani fondamentali quello di emigrare, ribadisce la condanna dell’immigrazione irregolare: “tema tanto più scottante nei casi in cui essa si configura come traffico e sfruttamento di persone, con maggior rischio per donne e bambini. Tali misfatti vanno decisamente condannati e puniti, mentre una gestione regolata dei flussi migratori, che non si riduca alla chiusura ermetica delle frontiere, all’inasprimento delle sanzioni contro gli irregolari e all’adozione di misure che dovrebbero scoraggiare nuovi ingressi, potrebbe almeno limitare per molti migranti i pericoli di cadere vittime dei citati traffici. Sono, infatti, quanto mai opportuni interventi organici e multilaterali per lo sviluppo dei Paesi di partenza, contromisure efficaci per debellare il traffico di persone, programmi organici dei flussi di ingresso legale, maggiore disponibilità a considerare i singoli casi che richiedono interventi di protezione umanitaria oltre che di asilo politico. Alle adeguate normative deve essere associata una paziente e costante opera di formazione della mentalità e delle coscienze”.