Ad Haiti la ricostruzione del post terremoto è lenta
A tre anni dal sisma Haiti è ancora posto di fronte a una crisi umanitaria di dimensioni enormi che lascia nell’incertezza un popolo duramente colpito dapprima per il terremoto del 12 gennaio 2010, successivamente per l’epidemia di colera e infine per i cicloni Isaac e Sandy, che hanno seriamente danneggiato coltivazioni e abitazioni: ancora oggi oltre 360.000 sfollati sopravvivono nei campi allestiti nella periferia della capitale. E facendo il punto della situazione il direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu, ha ribadito nello stilare un resoconto del lavoro fatto in questo triennio:
“Caritas Italiana, fin dai primi giorni seguenti il sisma, si è posta accanto alla popolazione e alla Caritas haitiana, interprete autentica dei bisogni dei più poveri e dell’intera comunità, in stretto coordinamento con la rete delle Caritas di tutto il mondo. La nostra presenza accanto ai fratelli haitiani vuole essere segno di speranza e contributo di fede per aiutare i fratelli haitiani a non rassegnarsi e riprendere il proprio cammino di vita. Con costante attenzione alla realtà locale e in comunione con le realtà coinvolte, Caritas Italiana continua, nel segno della carità cristiana, a sostenere la popolazione locale con programmi e progettualità, per favorire ‘uno sviluppo che parta dai più poveri’”. Il 2012 ad Haiti sarà ricordato per il degrado della convivenza civile, i disastri ambientali, la dissoluzione dei valori e la paura del futuro che per i pochi progressi realizzati nella ricostruzione; in un messaggio al termine della Plenaria dei vescovi a Port‐au‐Prince, il presidente della Conferenza episcopale mons. Chibly Langlois ha fatto il punto sulla situazione sociale, politica ed economica del Paese: “La povertà continua a crescere, insieme al costo della vita e all’insicurezza alimentare, sociale ed anche fisica che sta incancrenendo tutti gli strati della popolazione… La Chiesa è attivamente impegnata su questo fronte”.
Infatti secondo la Caritas, Haiti resta ancora fortemente segnato dal sisma, non ancora liberato dal colera e ulteriormente danneggiato dagli eventi ciclonici. Per coloro che ancora piangono le vittime non è di conforto la crisi ‘permanente’ di governabilità: solo il 5% delle macerie sgomberate e meno del 10% dei fondi della comunità internazionale (1,1 miliardi di dollari promessi) effettivamente versati; la concorrenza agguerrita delle multinazionali canadesi, americane e francesi per il business della ricostruzione; la presenza di truppe dell’Onu e di altri Paesi sul territorio. Il colera ha ucciso in questi tre anni oltre 7000 persone e ne ha infettate 530.000. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2011 i casi accertati di colera sono stati 340.000, più che in tutto il resto del mondo messo insieme. L’uragano Sandy è stato invece il terzo disastro che ha colpito il Paese nel giro di pochi mesi: le perdite del settore agricolo, che rappresenta il 25% del PIL di Haiti, sono state stimate in 254 milioni di dollari.
Haiti resta il Paese più povero del continente americano, con un indice di sviluppo umano che lo colloca al 158° posto su 187 Paesi considerati, e con una popolazione di poco più di 10 milioni di abitanti per una superficie di 27.750 km². Presenta oggi una densità di popolazione pari a 299 ab/km², al 27° posto della classifica mondiale. Nel continente americano è secondo solo a El Salvador. Il trend dell’ultimo decennio ha registrato un aumento della popolazione urbana pari al 4,7%, arrivando al 53% nel 2011, aumento dovuto probabilmente agli effetti del terremoto del gennaio 2010, maggiormente distruttivi e destabilizzanti nelle zone rurali. Il trend di crescita della popolazione è positivo, 1,7%, con una popolazione molto giovane, 42,60% minori di 18 anni e 12,30% minori di 5 anni, ma con una bassa speranza di vita alla nascita, che comunque segna una tendenza positiva, passando dai 55 anni del decennio passato ai 62 anni dell’attuale.
Con una mortalità neonatale pari al 27%, il 7% dei bambini non raggiunge l’anno di vita e l’8,7% non raggiunge i 5 anni. Secondo il Rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni sarebbero più di 360.000 le persone che, al dicembre 2012, ancora vivono nei 496 campi profughi dislocati sul territorio, e quasi il 90% di queste non ha un’abitazione perché non può permettersi di pagare un affitto. La maggior parte dei residenti nei campi è disoccupata (58%) e molte case sono abitate da famiglie monoparentali in difficoltà economica (57%). Il governo di Haiti nel 2011 ha avviato un piano per favorire l’uscita dai campi profughi e finora più di 158.000 famiglie (circa 630.000 persone) sono riuscite a trovare un’altra abitazione, mentre 90.000 nuclei familiari stanno ancora aspettando gli aiuti per abbandonare i campi. 78.000 di loro, accampati su terreni privati, rischiano ogni giorno lo sgombero perché i proprietari rivogliono i terreni e spesso ricorrono a gang criminali per farli andare via. L’indice medio di povertà nel Paese si attesta al 77%, mentre nelle zone rurali raggiunge l’88%, con un 67% di povertà estrema.
L’accesso ai servizi nelle zone rurali è molto ridotto; gli ultimi dati IFAD (International Fund for Agricoltural Development) segnalano che solo il 10% della popolazione ha accesso all’elettricità e meno dell’8% all’acqua potabile. La crescente pressione sulle ormai ridotte risorse naturali (il manto forestale è attualmente ridotto a meno del 2% ed è quasi totalmente sparito l’ecosistema) dovuta sia ad esigenze agricole, sia alle esigenze della popolazione urbana, impoverisce le terre fertili e le risorse idriche, costringendo un lavoro agricolo di piccola scala su piccoli appezzamenti di terra (i proprietari terrieri possiedono in media 1 ettaro).
E Caritas Italiana si è posta fin dai primi giorni accanto alla Caritas locale e alla società civile, coordinando il proprio lavoro con gli organismi internazionali intervenuti nella penisola caraibica (Caritas Internationalis, Organizzazione delle Nazioni Unite e network delle associazioni). Nello specifico, l’intervento di Caritas Italiana si è orientato nel primo anno successivo al sisma (fase di prima emergenza) su tre linee direttrici: la partecipazione agli interventi della rete Caritas attraverso progetti di emergenza condivisi; l’accompagnamento di Caritas Haiti, con un affiancamento diretto nel lavoro di rafforzamento istituzionale e dell’organizzazione, nel potenziamento della rete delle 10 Caritas diocesane del Paese e nella partecipazione alla pianificazione e implementazione del ‘Programma nazionale di economia solidale’; il finanziamento di progetti e l’accompagnamento di altri partner, affiancando diverse congregazioni religiose e alcune organizzazioni di base nella identificazione dei bisogni, nella ideazione dei progetti e nelle conseguenti fasi di monitoraggio e accompagnamento degli stessi in un’ottica di rafforzamento delle capacità istituzionali dei partner.
A conclusione del 2012 sono stati approvati e avviati 125 progetti per un importo di € 17.213.009,36 (comprensivo di spese di gestione), pari al 69,26% delle somme finora raccolte (€ 24.853.754,50). Circa la metà di questi progetti sono stati già terminati e per 50 di questi è già disponibile sul sito la relativa documentazione. Caritas Italiana ha operato e continua ad operare per promuovere una progressiva autonomia delle comunità coinvolte nei progetti, attraverso la progettazione dal basso, stimolata e condivisa con le stesse comunità destinatarie.