La Chiesa protagonista in un mondo che migra

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Monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, lo sottolinea in un editoriale scritto a quattro mani con Paolo Bustaffa, direttore del Sir: “La Chiesa italiana condivide quest’anno anzitutto il dramma di chi, migrante, è sfruttato e abbandonato”. Ma se questo è il messaggio che si vuole dare per questa Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (che si celebra il prossimo 13 gennaio), la verità è che la Chiesa è stata sempre in prima linea con la sua sollecitudine per Migranti e rifugiati. Tanto che ha voluto celebrare i sessanta anni dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM) chiedendo di entrare a farne parte come Stato membro, e non più come Paese osservatore. Una scelta che segnala l’intenzione di “rendere più efficace il servizio” per i migranti, come ha sottolineato mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra.

 

L’ “ombrello diplomatico” della Santa Sede è posto sopra l’esperienza in umanità delle Chiese locali, le cui istanze possono essere meglio traasferite a livello internazionale. Tra queste esperienze, quella della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana è una delle più positive. Nata 25 anni fa per assicurare – si legge nello Statuto – “l’assistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri” e “per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti ed opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi”, la Fondazione non rappresenta più un semplice coordinamento delle iniziative pastorale in diocesi e parrocchie, ma è ormai una sorta di “termometro” dello stato delle migrazioni nel mondo, con tanto di notiziario dedicato al tema, www.migrantesonline.it, diretto da Raffaele Iaria, che nel 2012 ha superato il milione di pagine visitate.

Giancarlo Perego, a margine della conferenza stampa di presentazione della Giornata Mondiale del Migrante, spiega che “non molto è cambiato” per loro da quando la Santa Sede è divenuta stato membro dell’OIM, perché “il loro lavoro si sviluppa sul territorio, a livello di Conferenza Episcopale Italiana”. Ma è anche vero che per l’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni l’Italia è uno snodo critico e importante, se non altro per la sua posizione strategica sul Mediterraneo. Tanto che uno Special rapporteur delle Nazioni Unite ha fatto, lo scorso ottobre, una visita ufficiale in Italia – la terza, dopo quelle effettuate in Tunisia e Turchia – nell’ambito della realizzazione di uno studio sulla gestione delle frontiere esterne dell’Unione Europea.

E sempre in Italia, dal 27 al 29 novembre, si sono riuniti a Roma circa 40 delegati rappresentanti vescovi e direttori nazionali per la pastorale dei migranti delle Conferenze Episcopali d’Europa. In quell’occasione, il cardinal Josip Bozanic, arcivescovo di Zagarbia, ha sottolineato – riferisce il Sir – che “la parola d’ordine è qualcosa di più dell’integrazione, perché il lavoro con e per i migranti in Europa passa soprattutto attraverso un cammino di comunione”, che richiede “un cambiamento di atteggiamento e di prospettiva da parte dei migranti che entrano in un Paese e di chi gli accoglie”.

Un cambiamento di prospettiva che è comunque una sfida grande, considerando i numeri delle migrazioni. Quelli mondiali li aveva già snocciolati il card. Carlo Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti, presentando il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del Migrante, che quest’anno ha per tema “Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza”. Vegliò ha sottolineato che il Rapporto Mondiale del 2011 sulle Migrazioni dell’OIM stima circa 214 milioni di migranti internazionali, cioè il 3% della popolazione mondiale – in aumento rispetto al 2005 (nonostante gli effetti della crisi mondiale), quando il calcolo raggiungeva i 191 milioni.

In Italia, secondo l’ultimo dossier Statistico sull’Immigrazione Caritas/Migrantes, la quota di immigrati è a quota 5 milioni, ed uno dei problemi principali riguarda l’acquisizione della cittadinanza da parte degli immigrati: in Italia per ottenere la cittadinanza occorrono 10 anni di residenza, mentre mons. Perego ha sottolineato che prevedere “il ritorno a cinque anni di residenza per ottenere la cittadinanza e favorire partecipazione e inclusione sociale”. Il problema riguarda soprattutto i minori: ce ne sono quasi 650 mila che nascono in Italia da genitori immigrati, ma non sono considerati cittadini italiani. Per Perego è il tempo “di ampliare anche in Italia lo jus soli, cioè l’acquisto della cittadinanza italiana per nascita sul territorio”.

È, quello della cittadinanza, solo uno degli aspetti di cui si occupano i vescovi, che mettono in campo, in ogni diocesi, iniziative non solo prettamente pastorali per il sostegno dei Migranti. “Tutti sappiamo – ha sottolineato mons. Paolo Schiavon, presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes –  che l’immigrazione non è un problema semplice: è una questione che evoca forti passioni e dibattiti di sicurezza nazionale, economica, legali, sociali; ma coinvolge anche la dignità fondamentale e la vita della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio. E a causa di questo è in primo luogo una questione morale che occupa e preoccupa la Chiesa”.

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