Paolo VI verso la beatificazione. Ma non c’è solo lui

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Il Papa ha riconosciuto le virtù eroiche di Paolo VI. Ora per Papa Montini si apre il lungo e complesso iter della beatificazione. Serve un miracolo riconosciuto, perché il Papa che traghettò la Chiesa negli ultimi anni del Concilio e nel post-Concilio sia beatificato. Ma non c’è solo Paolo VI. Il cardinale Amato ha sottoposto al Papa, lo scorso giovedì, altri 23 profili, e ha chiesto l’autorizzazione al Papa di promulgare i relativi decreti della Congregazione per le Cause dei Santi. Il Papa l’ha concessa. E così, la Chiesa avrà tre nuovi santi (in realtà, di più, perché c’è la canonizzazione di un gruppo di martiri) e quattro nuovi beati. Il Papa ha riconosciuto anche sei martìri e le virtù eroiche di dieci servi di Dio. Nell’elenco globale figurano ben 13 fondatori di Congregazioni, e tutte queste congregazioni affiancano all’assistenza l’evangelizzazione. Tornare alla fede, nutrire la fede di opere e le opere di fede. E’ la linea di Benedetto XVI per la Chiesa universale, e si può leggere nelle storie dei nuovi santi, beati e venerabili. Tra loro, c’è anche Paolo VI.

 

Paolo VI

Lo spirito di Paolo VI è molto presente nel pontificato di Benedetto XVI. Lo è ancora di più in quest’Anno della Fede, che ricorda molto quello che Papa Montini proclamò nel 1968. Al termine di quell’anno, Montini lesse una solenne professione di fede, il Credo del Popolo di Dio. Paolo VI lo riteneva necessario, per riportare la turbolenta Chiesa del post- Concilio alle verità di fede. E anche al termine di quest’Anno della Fede Benedetto XVI ha chiesto a tutte le parrocchie, le diocesi, le comunità, di pronunciare il Credo, di riscoprirlo. Questa circostanza rende particolarmente simbolico anche il riconoscimento delle virtù eroiche di Paolo VI.

Con il quale il Pontificato di Benedetto XVI sembra essere in straordinaria continuità, basti pensare a quante volte Papa Montini è citato nei discorsi di Papa Benedetto. In pochi ricordano un episodio della vita di Paolo VI: recatosi ad Aquino per il Settecentenario del dies natalis di Tommaso d’Aquino, Paolo VI mise da parte il discorso ufficiale e parlò a braccio ai cittadini aquinati, arrivati in massa. Quel discorso è rimasto in archivio, inedito, fino a che il Circolo San Tommaso d’Aquino lo ha recuperato a Radio Vaticana e lo ha pubblicato in dvd (Dove se non ad Aquino, edizione Circolo San Tommaso d’Aquino/Libreria Editrice Vaticana). E dalle parole di quel discorso si può comprendere la capacità di Paolo VI di parlare al cuore delle persone, promuovendo la fede. “Dove, se non ad Aquino – disse alla folla – lo studio della nostra religione, anche nella forma elementare e popolare con cui lo presentiamo, ma forma necessaria e sapiente, dove deve essere tenuto in onore, e deve essere compiuto da tutti con particolare impegno? Se non siete fedeli voi, agli insegnamenti e all’eredità di sapienza, di studio e di comprensione della Rivelazione di Dio di cui il maestro Tommaso è stato testimone e diffusore, chi lo deve essere? Se non siete voi i primi discepoli di San Tommaso d’Aquino, gli altri, che possono dire?”

L’attualità di un martirio di tanto tempo fa

In realtà, la vita di ogni venerabile, servo di Dio o beato la cui positio è stata approvata giovedì dal Papa ha dei tratti di grande attualità. Una testimonianza del fatto che la fede resta immutata nel corso degli anni, così come la testimonianza della fede. Il “lenzuolo” di Amato comincia con il miracolo del Beato Primaldo e Compagni, martiri. Primaldo in realtà si chiamava Antonio Pezzullo. Fu il primo, nel 1480, a mettere la testa sul ceppo, rifiutando, insieme ai suoi compagni, di rinnegare il cristianesimo per convertirsi all’Islam. Lui e i suoi compagni erano stati catturati dal Pascià Ahmed, che insieme ai suoi uomini aveva fatto irruzione nella città di Otranto, massacrando tutti quelli che avevano pensato di trovare rifugio in chiesa, trasformando la stessa chiesa in moschea, riducendo donne in schiavitù, e catturando 812 uomini, con l’intento di farli convertire. Non ci riuscirono. Pezzullo – che venne chiamato Primaldo, perché il primo a morire da martire – e compagni sono stati sepolti nella cattedrale di Otranto, nella “cappella dei martiri”. È stato riconosciuto uni miracolo attribuito alla loro intercessione. Saranno santi.

Due nuove sante sudamericane. Che hanno dedicato la vita agli altri

Come sarà proclamata santa Laura di Santa Caterina da Siena Montoya y Upegui. Colombiana, nata nel 1874, battezzata in fretta e furia perché la mamma si rifiuta di vederla prima del battesimo (e il nome verrà scelto dal parroco, perché i suoi genitori non hanno fatto in tempo ad accordarsi), segue la sua vocazione di maestra nel 1914 fonda le ‘Missionarie di Maria Immacolata e Santa Caterina da Siena’. La sua è la storia di una grande opera  di educazione presso le popolazioni indigene, portata avanti  con il gruppo delle ‘Missionarie catechiste degli indios’. Un’opera titanica, se si pensa alle discriminazioni razziali del tempo. Perché la sua vocazione di pensare agli indios, decidere di fare qualcosa per la loro promozione umana e per la loro evangelizzazione non trova neppure una congregazione che voglia farsene carico: solo un vescovo la appoggia.Muore a Medellín nel 1949. Durante la sua vita furono aperte altre cento case nei territori della Colombia, Ecuador e Venezuela.

Una vita tutta dedicata agli altri l’ha portata avanti anche Anastasia Guadalupe García Zavala, Beata Maria Guadalupe. Lupita – come veniva chiamata –, classe 1878, era una giovane carina e simpatica. A 23 anni, era promessa in matrimonio a Gustavo Arreola. Ma sentì la chiamata del Signore a consacrarsi alla vita religiosa con particolare attenzione verso i malati e i poveri. Lo disse a Padre Cipriano Iñiguez, suo direttore spirituale. E questi le confidò che lui pure voleva fondare una Congregazione Religiosa per prendersi cura degli ammalati dell’Ospedale. Così insieme fondarono la Congregazione religiosa delle “Serve di Santa Margherita Maria e dei Poveri.” Madre Lupita si dedicò con passione alla cura degli ammalati. L’opsedale appena costituito mancava di molte cose, ma madre Lupita curava molto l’aspetto spirituale, tanto che l’armonia non venne mai a mancare. Madre Lupita fu eletta Superiora Generale della Congregazione, carica che ricoprì tutta la vita. Proveniva da una famiglia agiata, ma si adattò con gioia ad una vita estremamente sobria ed insegnò alle Suore della Congregazione ad amare la povertà per potersi dedicare meglio agli infermi. Ma in Messico la situazione diventa difficile per i cristiani. Dal 1911, con la caduta del presidente Porfirio Diaz, fino al 1936, la Chiesaè perseguitata dai rivoluzionari Venustiano Carranza, Alvaro Obregòn, Pancho Villa e soprattutto Plutarco Elìas Calles nel periodo più sanguinoso dal 1926 al 1929. E Madre Lupita, rischiando la sua vita e quella delle sue compagne, nasconde all’interno dell’Ospedale alcuni sacerdoti ed anche l’Arcivescovo di Guadalajara, Francisco Orozco y Jimenez. Le suore inoltre danno da mangiare e curano gli stessi soldati persecutori feriti, e per questo i soldati accampati presso l’Ospedale, invece di perseguitare le suore, le difendono. È anche questo un miracolo di misericordia.

L’evangelizzazione e l’aiuto ai poveri, vie per la beatitudine

Proveniva da una famiglia nobile ed agiata anche Antonio Franco, nato a Napoli nel 1585, laureato in diritto canonico a soli 17 anni, e divenuto sacerdote dopo un cursus honorum che lo ha visto anche per un anno a Madrid. Inviato a Santa Lucia del Mela, una prelatura nullius dipendente direttamente dalla Santa Sede (oggi nella diocesi di Messina), Franco anima la sua comunità nei temi difficili del post-Concilio di Trento e segue personalmente la formazione dei propri sacerdoti, visitando periodicamente anche le zone più remote della prelatura. Si distingue per la carità verso i poveri e gli infermi. Grande fu l’impegno per le vittime degli usurai. Durante una persistente siccità, gli abitanti del vicino paese di S. Filippo del Mela, vanno a visitarlo e gli chiedono preghiere. Franco dice loro di confidare in Dio. Tornati in paese, con grande sorpresa, trovano che lo stesso Franco li sta precedendo in contrada “Basso”, e indica loro un’abbondante sorgente d’acqua. La misteriosa “bilocazione” del santo  porta anche la grazia di un pozzo tanto necessario, detto poi “del Beato” e dove viene costruita un’edicola con la sua immagine. Di lui è stato riconosciuto un miracolo, sarà presto beato.

Gli altri prossimi beati saranno: Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero, argentino (1840-1914), che molto ha fatto per lo sviluppo della sua terra, dove all’annuncio  della prossima beatificazione (probabilmente a settembre) sono cominciati i festeggiamenti;  Cristoforo di Santa Caterina, al secolo Cristoforo Fernández Valladolid (1638-1690), spagnolo, fondatore della Congregazione Ospedaliera di Gesù Nazareno;  Sofia Czeska-Maciejowska, polacca (1584-1650),  fondatrice della Congregazione delle Vergini della Presentazione della Beata Vergine Maria; Margherita Lucia Szewczyk, ucraina (1828-1905), fondatrice della Congregazione delle Figlie della Beata Maria Vergine Addolorata dette Serafitki.

I nuovi martiri della Chiesa

Cresce anche la schiera dei martiri. Miroslav Bulešić, classe 1920, è ucciso dal regime comunista jugoslavo nel 1947, mentre sta impartendo la cresima. Si era opposto al “piano quinquennale” del governo titino, che prevedeva il lavoro la domenica, il divieto dell’insegnamento religioso nelle scuole, e la rimozione della Chiesa dalla vita pubblica.

E si allunga la schiera dei martiri spagnoli. La Congregazione per le cause dei Santi ha riconosciuto  il martirio di Giuseppe Saverio Gorosterratzu e 5 Compagni uccisi in Spagna tra il 1936 e il 1938; quello di Riccardo Gil Barcelón, Sacerdote, e Antonio Arrué Peiró, Postulante, della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza, uccisi a Valenza (Spagna) nel 1936; quello di Emanuele della Sacra Famiglia (al secolo: Emanuele Sanz Domínguez), e ucciso a Paracuellos de Jarama (Spagna) tra il 6 e l’8 novembre 1936; quello di Maria di Montserrat (al secolo: Giuseppa Pilar García y Solanas) e 8 Compagne, Suore professe dell’Istituto delle Minime Scalze di San Francesco di Paola, nonché Lucrezia García y Solanas, Laica, Vedova, uccise a Bacellona (Spagna) il 23 luglio 1936; e infine il martirio delle Serve di Dio Melchiorra dell’Adorazione Cortés Bueno e 14 Compagne, della Società delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, uccise in Spagna tra il 1936 e il 1937.

Sono i martiri della Guerra Civile spagnola. Nei dieci giorni della rivoluzione del 1934, durata solo 10 giorni, vennero uccisi 12 sacerdoti, 7 seminaristi e 18 religiosi (passionisti, maristi, Fratelli delle Scuole Cristiane, della Missione, gesuiti e carmelitani scalzi), e furono incendiate 58 chiese. E poi, dal 18 luglio 1936 in poi, con l’inizio della Guerra Civile, la persecuzione contro i cristiani negli anni della Guerra Civile non ha avuto fine. La statistica è ancora incompleta, ma i calcoli più affidabili parlano dell’uccisione di 4.184 sacerdoti diocesani (includendo i seminaristi), 2.365 religiosi e 283 suore, che fanno un totale di 6.832 vittime (non ci sono statistiche dei laici assassinati per il solo fatto di essere cattolici, ma sono anche essi numerosissimi). Queste cifre equivalgono al 13 per cento dei sacerdoti diocesani e al 23 per cento dei religiosi di tutta la Spagna.

Dieci servi di Dio. In attesa che sia riconosciuto un miracolo

Tra i nuovi venerabili, c’è Francesco Saverio Petagna, vescovo (1812-1878), che già 150 anni fa fu un promotore dell’apostolato dei laici. “Venite in mio aiuto, sollevatemi da questo pesante fardello e statemi accanto per aiutarmi a portarlo”, scriveva ai laici della sua diocesi. Era stato ordinato vescovo a soli 38 anni e inviato a Castellammare di Stabia. Lì, prende su di sé i tanti bisogni materiali della sua diocesi, dal dramma dei poveri allo stato di abbandono della gioventù, dai malati trascurati  ai cosiddetti “lontani”. E quando la diocesi non ha più mezzi per soccorrere i poveri, il vescovo dà fondo al proprio patrimonio personale. Riesce a portare in diocesi le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, alle quali chiede in particolare di prendersi cura dei malati, approva due congregazioni religiose femminili e quando si accorge che l’educazione della gioventù continua ad essere il settore più trascurato, si trasforma anche in fondatore, dando vita alla Congregazione delle Religiose dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, alle quali affida, insieme all’impegno della riparazione e ad un grande amore per la Chiesa e per il Papa, l’incarico specifico di provvedere all’educazione morale e letteraria dei giovani. Esiliato per sei anni a Marsiglia, poi ritornato in diocesi (dove deve riprendere a combattere l’ignoranza religiosa della popolazione, che era rifiorita), sarà uno dei più strenui difensori dell’infallibilità papale al Concilio Vaticano I.

Luigi Maria Baudouin (1765-1835), francese. è ordinato sacerdote nell’anno della Rivoluzione, nel 1789. I rivoluzionari, con la Costituzione Civile del Clero, obbligano i sacerdoti a disubbidire al Papa. Lui emigra in Spagna, e rientra in patria solo 1797. Sebbene in clandestinità cercò di riunire la comunità cristiana, senza però nemmeno poter celebrare i sacramenti. Durante il giorno, nel rifugio, si medita la Parola di Dio e si fanno prolungate adorazioni al SS. Sacramento. Nella notte, invece, travestito, padre Luigi visita gli ammalati.  Il 13 gennaio 1800, fedele alla vocazione di predicare il Vangelo tra i più poveri, decise di fondare una congregazione di sacerdoti per evangelizzare le zone rurali e ricostruire quanto la Rivoluzione aveva distrutto.  Dedicherà la sua vita alla ri-evangelizzazione della Francia, fondando congregazioni e promuovendo l’istruzione religiosa. È lui il beato della Nuova Evangelizzazione?

Si dedicò all’apostolato e alla cura degli ammalati Giovannina Franchi (1807-1882), mettendo a disposizione l’ingente patrimonio lasciatole in eredità dai genitori, e fondando la Congregazione delle Suore infermiere dell’Addolorata di Como. Claudia Russo (1889-1965) è la fondatrice delle Povere Figlie della Visitazione di Maria, con le quali avvia un’opera di assistenza dei poveri nel quartiere Barra di Napoli: muore lasciando 17 case, 210 suore, circa 1000 vecchiette ricoverate, scuole per circa 1000 bambini e laboratori per le fanciulle del popolo.

E saranno venerabili altri cinque fondatori di congregazioni. Giuseppe Giacomo Bonal Cortada, Sacerdote, spagnolo (1769-1829), ha fondato la Congregazione delle Suore della Carità di Sant’Anna; Marcellina di San Giuseppe, al secolo Luigia Aveledo (1874-1979), venezuelana, ha fondato la Congregazione delle Suore dei Poveri di San Pietro Claver; Maria Francesca delle Piaghe, al secolo: Rosa Elena Cornejo (1874-1964), ecuadoregna, ha dato inizio alla Congregazione delle Suore Missionarie Francescane dell’Immacolata; Chiara Ludovica Szczęsna, polacca (1863-1916) è stata cofondatrice della Congregazione delle Ancelle del Ss.mo Cuore di Gesù; e infine sarà venerabile Gioacchina Maria Mercedes Barceló y Pagés, suor Consolata (1857-1940), confondatrice della Congregazione delle Suore Agostiniane di Nostra Signora della Consolazione. Tutti in attesa di un miracolo riconosciuto per salire agli onori degli altari.

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