Il Papa incontra gli olimpionici. E indica loro come esempio Pier Giorgio Frassati

Il modello per gli sportivi? Pier Giorgio Frassati. “Un giovane – dice il Papa alla delegazione del CONI che gli fa visita in Sala Clementina – che univa in sé la passione per lo sport (amava specialmente le ascensioni in montagna) e la passione per Dio”. Il Papa invita gli sportivi a leggere una biografia del beato Frassati, per comprendere che “essere cristiani significa amare la vita, amare la natura, ma soprattutto amare il prossimo”. E d’altronde, è questa la linea indicata da Benedetto XVI ai delegati del CONI e agli olimpionici. Perché “l’attività sportiva – spiega – può educare la persona anche all’agonismo spirituale”. E lo sport “può essere considerato un moderno ‘cortile dei Gentili’”.
Benedetto XVI si congratula con gli olimpionici. “Mi pare – dice – che a Londra abbiate conquistato ben 28 medaglie, di cui 8 d’oro”. Sottolinea come alle Olimpiadi gli atleti si siano “sfidati sul terreno dell’agonismo e delle abilità tecniche, ma prima ancora su quello delle qualità umane, mettendo in campo le vostre doti e le vostre capacità, acquisite con l’impegno e il rigore nella preparazione, la costanza nell’allenamento, la consapevolezza dei vostri limiti”. È un “cammino di autentica maturazione umana”, fatto di “rinunce, tenacia, pazienza e soprattutto di umiltà”. Una umiltà che “non viene applaudita, ma è il segreto della persona”.
Ma la posta in gioco dello sport “non è solo il rispetto delle regole – dice il Papa – ma la visione dell’uomo, dell’uomo che fa sport e al tempo stesso ha bisogno di educazione, di spiritualità, di valori trascendenti”. Sottolinea Benedetto XVI: “Uno sport che voglia avere un senso pieno per chi lo pratica deve essere sempre a servizio della persona”.
Perché la Chiesa si interessa di sport? Perché le sta a cuore l’uomo, e riconosce che l’attività sportiva incide sull’educazione, sulla formazione della persona, sulle relazioni, sulla spiritualità”. Questa spiritualità viene dalla stessa pratica sportiva, perché “l’atleta che vive integralmente la propria esperienza si fa attento al progetto di Dio sulla sua vita, impara ad ascoltarne la voce nei lunghi tempi di allenamento, a riconoscerlo nel volto del compagno e anche dell’avversario di gara”.
Benedetto XVI invita gli atleti e i dirigenti ad essere “validi modelli da imitare”, a non cercare il risultato a tutti i costi, magari con le scorciatoie del doping. E sottolinea che l’attività sportiva educa all’agonismo spirituale, “cioè a vivere ogni giorno cercando di far vincere il bene ul male, la verità sulla menzogna, l’amore sull’odio, e questo prima di tutto in se stessi”. Non solo: lo sport può essere un “moderno cortile dei gentili”, cioè “un’opportunità preziosa di incontro aperto a tutti, credenti e non credenti, dove sperimentare la gioia e anche la fatica di confrontarsi con persone diverse, per cultura, lingua e orientamento religioso”.