Il papa prega per la pace nello Yemen

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“In tale contesto, esprimo dolore e preoccupazione per l’ulteriore inasprimento delle violenze nello Yemen che sta causando numerose vittime innocenti, e prego affinché ci si adoperi a trovare soluzioni che permettano il ritorno della pace per quelle martoriate popolazioni. Fratelli e sorelle, pensiamo ai bambini dello Yemen! Senza educazione, senza medicine, affamati. Preghiamo insieme per lo Yemen”.

Così ha pregato papa Francesco ad inizio anno per lo Yemen, in quanto dal marzo del 2015, anno dello scoppio della guerra, la crisi umanitaria rappresenta la più grave emergenza al mondo, con 24.000.000 persone che necessitano di assistenza umanitaria su una popolazione totale di 30.500.000. Il conflitto ha causato lo sfollamento di 3.600.000 persone, tra cui 2.000.000 bambini e lasciato più di 500.000 lavoratori pubblici senza retribuzione per 3 anni.

 Con l’acuirsi delle ostilità nello Yemen meridionale le condizioni per le famiglie sono ulteriormente peggiorate, causando la carenza di acqua potabile e una forte insicurezza alimentare: oltre 368.000 bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave e necessitano di terapie immediate, 4.400.000 bambini necessitano della somministrazione di micronutrienti, inclusa vitamina A.

Però quest’anno dovrebbe segnare il ritorno del governo riconosciuto e del presidente yemenita Abd Rabu Mansour Hadi ad Aden, capitale provvisoria: dal 2015, le istituzioni si sono auto-esiliate a Riyadh per ragioni di sicurezza. Il nuovo governo con i secessionisti del Sud è frutto dell’accordo del 2019 tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, dopo la ‘guerra nella guerra’ tra filo-governativi e secessionisti.

I sauditi ne sono i garanti e hanno monitorato il ridispiegamento delle forze sul campo, preludio alla formazione dell’esecutivo unitario. Gli emiratini, che combatterono gli huthi al fianco di Riyadh ma hanno giocato una partita autonoma nel sud organizzando le milizie secessioniste (con un occhio alle proprie ambizioni regionali), hanno ritirato gran parte dei soldati nel 2019.

La strada del nuovo governo è più che mai in salita. I secessionisti hanno ottenuto cinque ministeri, ma nei ruoli-chiave sono stati confermati i fedeli del presidente Hadi, premier incluso. L’isola di Socotra è rimasta fuori dall’accordo: parte dello strategico arcipelago dell’Oceano Indiano, la pacifica isola è ormai nelle mani dei secessionisti filo-Emirati Arabi e subisce una progressiva militarizzazione.

Ciò avviene con l’assenso informale dei sauditi, provocando l’ostilità di parte della popolazione: qui il conflitto civile non è mai arrivato e Socotra è protetta dall’Unesco come patrimonio di biodiversità.

E prima di Natale il Parlamento italiano ha prolungato lo stop alle armi verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi. I parlamentari italiani hanno chiesto la proroga della sospensione dell’export di alcuni tipi di armamenti verso la coalizione saudita.

Ma le organizzazioni della società civile hanno chiesto un coinvolgimento anche dell’Esecutivo: “Ora il Governo recepisca le indicazioni del Parlamento e lavori per un embargo europeo”.

Il pronunciamento a favore del voto di oggi in Commissione Esteri di Montecitorio è stato sottoscritto da Amnesty International Italia, Comitato Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibile, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo.

 Il voto parlamentare va anche oltre, rispetto alle decisioni del 2019 (prese dalla precedente maggioranza di Governo) chiedendo di ‘adottare gli atti necessari per revocare le licenze in essere’, che non potranno più essere riattivate una volta terminata la sospensione.

Nel testo si chiede di valutare infine la possibilità di adottare mirate misure sospensive nei confronti di tutti i Paesi coinvolti attivamente nel conflitto in Yemen e dunque non solo verso i due principali attori del conflitto, come da mesi chiedono le Organizzazioni:

“Le nostre Organizzazioni chiedono ora al Governo di recepire in maniera rapida le indicazioni provenienti dal Parlamento, in modo che la sospensione continui a rimanere effettiva anche dopo la sua prima scadenza senza soluzione di continuità.

Chiediamo, inoltre, che tutte le valutazioni su ipotesi di ulteriori passi, sia rispetto all’allargamento di tipologie di materiali oggetto di blocco, sia come allargamento dei Paesi oggi destinatari delle armi, siano prese in considerazione rapidamente e soprattutto implementate concretamente appena possibile.

Chiediamo infine al Governo di farsi protagonista di una iniziativa a livello europeo volta ad un embargo completo su tutti i sistemi d’arma verso gli attori coinvolti nel conflitto e verso i Paesi che commettono violazioni di diritti umani o addirittura crimini di guerra…

Invitiamo inoltre l’Italia a rafforzare il suo sostegno anche finanziario alle iniziative umanitarie di aiuto la popolazione civile yemenita e alle iniziative diplomatiche per la piena risoluzione del conflitto e l’instaurazione della pace in Yemen”.

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