Beati gli operatori di pace. E che sappiano essere profeti di una nuova evangelizzazione sociale
La crisi alimentare, “ben più grave della crisi finanziaria”. La promozione della vita umana, perché “coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria”. E poi, l’affermazione dei diritti sociali, a partire dal diritto al lavoro. La necessità di un nuovo modello di sviluppo. La spinta per una “pedagogia della pace”, un concetto che Benedetto XVI ha promosso sin dal suo messaggio per il XX dell’incontro di Assisi, nel 2006. Sono le sfide e l’agenda degli operatori di pace, delineate del Messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Pace, il cui tema è dato dal passo evangelico: “Beati gli operatori di pace”.
Il messaggio per la Giornata Mondiale per la pace ha una particolare importanza. Viene inviato alle Cancellerie di tutto il mondo, ed è la “traccia” sulla quale Benedetto XVI basa il suo tradizionale discorso di inizio anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Quello di quest’anno è un messaggio in totale linea con il Sinodo della Nuova Evangelizzazione. Sostiene che un rinnovato annuncio di Cristo è il primo e fondamentale fattore della pace. Afferma che un nuovo impegno e una nuova etica nascono soprattutto dall’incontro delle persone con Dio. Ed è da quell’incontro che può essere modificata la gerarchia dei criteri che dominano il mondo di oggi. Non esistono più i primati di potere e profitto, si capovolge il rapporto tra fini e mezzi. Solo a partire dall’annuncio di Cristo, gli operatori di pace possono affrontare le sfide che li attendono.
Che sono moltissime. Il messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace segnala con forza il problema alimentare, considerato ancora “più grave” della crisi finanziaria. Un problema che cresce. Il Papa indica agli operatori di pace la strada della sussidiarietà, di una nuova alleanza da piccole a grandi proprietà rurali che si basi sul rapporto diretto con i coltivatori e che superi il problema della speculazione sui terreni.
Il problema della fame nel mondo deriva anche dalla crisi finanziaria e dalle sue speculazioni. Una crisi antropologica, prima che economica, che deriva proprio dal presupposto che l’uomo è considerato un ingranaggio nella macchina della finanza e della produzione, e non il fine dell’economia. Una ideologia che non solo porta alla speculazione e all’aumento delle diseguaglianze, ma anche all’idea che si può erodere la funzione dello Stato sociale, fino a mettere da parte i diritti fondamentali dell’uomo se non ci sono risorse. Il Papa ribadisce con forza – come aveva già fatto nella Caritas in Veritate – il diritto fondamentale dell’uomo al lavoro.
È un diritto fondamentale che si innesta sull’amore per la vita. “Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni”. La difesa della vita umana è la pre-condizione necessaria perché l’uomo lavori per il suo sviluppo umano integrale e per il bene comune. La liberalizzazione dell’aborto – denuncia il messaggio – e altri attacchi alla vita portano “solo a una pace illusoria”, la costituzione in maniera subdola di diritti individuali (come appunto il diritto alla salute riproduttiva che maschera il diritto all’aborto e il diritto di morire con dignità che introdurrebbe all’eutanasia) può solo condure a un uomo che non riconosce il valore della vita umana e che è dunque infelice. In fondo, il desiderio della pace è desiderio della vita nella sua pienezza.
Lo sviluppo può essere fecondo solo se alimentato da un desiderio di pace che è desiderio di vivere la vita in pienezza, con la felicità di realizzarla. “L’operatore di pace è colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo oggi e domani”, si legge nel messaggio. Una idea che si sviluppa in piena continuità con il Magistero Papale da Pio XII (con i suoi radiomessaggi, che in tempo di guerra rappresentavano delle vere e proprie encicliche sociali) ad oggi.
La chiave è orientarsi verso il bene comune. “La pace – si legge nel messaggio – è principalmente realizzazione del bene comune delle varie società, primarie e intermedie, nazionali e internazionali e in quella mondiale”. È una sfida enorme che viene lanciata al mondo politico odierno. E dato che quando si parla di Santa Sede si devono allargare i confini, la sfida non si rivolge solo al mondo politico italiano, impegnato in una difficile transizione. L’appello può così essere allargato ai Paesi della Primavera araba, la cui situazione è monitorata con attenzione da parte della Santa Sede, la quale sostiene la necessità di formare alla cultura della democrazia; ai Paesi dove i diritti umani sono negati, come la Cina; e lo sguardo si può allargare anche all’Europa, dove – con la scusa della crisi economica – i diritti fondamentali, a cominciare dal diritto al lavoro, rischiano di essere erosi.
Il Papa punta alla realizzazione completa dei diritti e dei doveri nella loro organicità, così come nella realizzazione completa dei diritti umani, che sono considerati indivisibili. Da sempre, la libertà religiosa è stata segnalata come “il diritto dei diritti”, il diritto da cui scaturiscono tutti gli altri.. Gli operatori di pace oggi sono chiamati a rendere il diritto in chiave positiva. Ad esempio, da libertà “di” professare la propria religiosa piuttosto che libertà “dalle” limitazioni alla fede religiosa. Sembra solo cosmetica, ma è su questa cosmetica che si è affermato negli ultimi anni un pensiero che ha con il tempo messo da parte i concetti del diritto naturale per fare posto a concetti neutri. Concetti che – mettendo da parte il senso ultimo dell’uomo – hanno aperto a temi come l’aborto, l’eutanasia, e all’idea che la libertà religiosa fosse un assolutismo da evitare, perché impediva la libera azione dello Stato.
Queste sono le sfide che attendono gli operatori di pace, chiamati in qualche modo ad essere nuovi evangelizzatori del sociale. La Dottrina Sociale della Chiesa è “l’agenda” degli operato ridi pace oggi. Che sono chiamati a realizzare la promessa delle beatitudini.