Nel Corno d’Africa, tre milioni di bambini rischiano la vita
Sempre grave la situazione umanitaria nel Corno d’Africa. Almeno tre milioni di bambini sono in pericolo di vita per mancanza di cibo, acqua e cure mediche, vittime di un’emergenza complessa in cui oltre 14 milioni di persone risentono gravemente degli effetti concomitanti di siccità, conflitti armati, aumento dei prezzi alimentari e malnutrizione cronica.
“In questa fase critica c’è bisogno di una forte leadership politica nazionale e di un’immediata mobilitazione di fondi a livello internazionale: i rischi ora incombenti su bambini e famiglie sono immensi, e il tempo a disposizione per contrastarli si sta esaurendo”, ha dichiarato Per Engebak, Direttore regionale dell’Unicef per l’Africa Orientale e Meridionale. Gli effetti della siccità si sommano al più grave conflitto degli ultimi anni nella martoriata regione del Corno d’Africa, soprattutto nella Somalia centrale e meridionale e nella regione somala dell’Etiopia. La debolezza o incapacità dei governi impedisce una risposta efficace ai bisogni delle popolazioni e in alcuni casi ostacola persino gli aiuti. In Etiopia, dove 75.000 bambini hanno bisogno d’alimentazione terapeutica contro la malnutrizione, si teme che la popolazione colpita dalla crisi abbia ormai superato i 4,6 milioni. La produzione in Etiopia di Plumpy Nut, l’efficacissimo integratore alimentare per contrastare la malnutrizione acuta nei bambini, non è sufficiente e l’Unicef sta acquistando altre forniture sul mercato internazionale, ma servono fondi urgenti per coprire i costi.
In Somalia, il numero di persone che necessitano di aiuti d’emergenza è salito del 77% da gennaio, con un totale di 3,2 milioni di persone che hanno bisogno d’aiuto, mentre lo stato di insicurezza del porto di Mogadiscio, da cui passano l’80% degli aiuti per il paese, complica seriamente le operazioni di soccorso: l’Onu stima necessari 10 milioni di dollari per garantire la sicurezza in Somalia. I 20 litri d’acqua a testa, disponibili a massimo 2 km dal luogo di residenza, che rappresentano lo standard minimo internazionale, sono un sogno: di norma la maggior parte delle popolazioni dispone di 5-10 litri d’acqua a testa, attinti da pozze, stagni o fiumi, che appena c’è siccità si riducono a 1-2 litri a testa. In queste condizioni, da anni i bambini pagano il prezzo più alto, privati di cure mediche essenziali (in molte aree il tasso di copertura vaccinale è solo del 30%), denutriti non appena diminuisce la produzione di latte del bestiame, vittime di diarree e altre malattie veicolate dall’acqua sporca. E anche i fortunati che riescono a crescere oltre la soglia dei 5 anni ne risentono pesanti conseguenze.
Anche la scuola è un miraggio, per la mancanza di strumenti di sostegno e flessibilità che consentono ai bambini nomadi la frequenza scolastica di base, e per la necessità delle famiglie di impiegarli nel lavoro di pastorizia e di ricerca dell’acqua. Per ottobre l’Unicef ha in programma una campagna sanitaria in Somalia per raggiungere 1,5 milioni di bambini con vaccinazioni antimorbillo e vitamina A.