L’autorità mondiale non è un superpotere. Il Papa parla alla plenaria di Giustizia e Pace
Una “autorità mondiale con competenze universali”, che non deve essere “un superpotere, concentrato nelle mani di pochi, che dominerebbe tutti i popoli, sfruttando i più deboli”. Perché “qualunque autorità deve essere intesa, anzitutto, come forza morale, facoltà di influire secondo ragione, ossia come autorità partecipata, limitata per competenza e dal diritto”. Benedetto XVI riceve i partecipanti dell’Assemblea Plenaria del Pontificio per la Giustizia e per la Pace. Due giorni e mezzo di riunioni, per approfondire il tema dell’autorità pubblica con competenze universali, già delineata nell’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in Terris, cinquanta anni fa. Benedetto XVI, nel delineare le caratteristiche dell’autorità, cita proprio la Pacem in Terris. D’altronde, il Papa aveva ripreso il concetto anche nella sua enciclica sociale Caritas in Veritate.
Lì, al punto 67 – oggetto dell’approfondimento della plenaria – Benedetto XVI ha sottolineato la necessità di una “vera Autorità politica mondiale”, un organo con un “potere effettivo” e dotato di “forza morale”. Un tema che è stato più volte ripreso in questi ultimi tempi, in particolare nel documento di Giustizia e Pace “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”. Il documento scatenò un dibattito, e si arrivò addirittura a dire che, promuovendo l’idea di un’autorità mondiale, la Santa Sede promuoveva un “Leviatano”. Ma qual è il Leviatano oggi? Una autorità mondiale che promuova il bene comune, oppure il sistema finanziario mondiale, che stritolano le persone all’interno di meccanismi dei quali non sono parte?
Nel suo indirizzo ai partecipanti della plenaria, Benedetto XVI sottolinea che “sebbene la difesa dei diritti abbia fatto grandi progressi nel nostro tempo, la cultura odierna, caratterizzata, tra l’altro, da un individualismo utilitarista e un economicismo tecnocratico, tende a svalutare la persona”. Lamenta, il Papa, che l’uomo viene percepito come “un essere isolato”, perché indifferente al rapporto con Dio, che è “costitutivo del suo essere” ed è “la radice di tutti i rapporti”. E forse il Leviatano è rappresentato proprio dalle contraddizioni del nostro tempo, dal fatto che l’essere umano viene considerato o “in chiave biologica” o come “capitale umano, risorsa, da parte di un ingranaggio produttivo e finanziario che lo sovrasta”. Denuncia Benedetto XVI: “Se, da una parte, si continua a proclamare la dignità della persona, dall’altra nuove ideologie – come quella edonistica ed egoistica dei diritti sessuali riproduttivi o quella di un capitalismo finanziario sregolato che prevarica sulla politica e destruttura l’economia reale”.
È una situazione che svilisce il lavoratore (“il lavoratore dipendente e il lavoratore sono considerati beni minori”, dice il Papa) e mina i fondamenti della società, come la famiglia. E allora? La Dottrina Sociale – “parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa”, e “importante per la nuova evangelizzazione” – è fondata sull’uomo, ed è linea guida per l’agenda internazionale della Santa Sede, che è il bene comune. Dunque – afferma il Papa – “da una nuova evangelizzazione del sociale possono derivare un nuovo umanesimo e un rinnovato impegno culturale e progettuale. Aiuta a detronizzare gli idoli moderni, a sostituire l’individualismo, il consumismo materialista e la tecnocrazia, con la cultura della fraternità e della gratuità, dell’amore solidale”. È da qui, per il Papa, che deve partire il “rinnovamento della politica e delle istituzioni nazionali e mondiali”.
Ed è da questo interesse per il bene comune che viene la proposta per una autorità mondiale con competenze universali, magari semplicemente attuando una riforma delle Nazioni Unite, come delineato dal professor Stefano Zamagni – consultore del Pontificio Consiglio – quando presentò l’enciclica Caritas in veritate alla Sala Stampa Vaticana nel 2009. E, in occasione del cinquantesimo anniversario della Pacem in Terris che si celebrerà l’anno prossimo, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha già reso noto il proposito di invitare il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki Moon, proprio per parlare di una possibile riforma delle Nazioni Unite.