Claudio Sciarpelletti non fa ricorso. Si chiude il secondo processo di Vatileaks
Claudio Sciarpelletti non farà ricorso. Il tecnico informatico della Segreteria di Stato, condannato per favoreggiamento, ha deciso di non appellarsi alla “cassazione” vaticana. E così ha fatto il Promotore di Giustizia della Corte d’Appello Giovanni Giacobbe. Si conclude così, dunque, il secondo processo di Vatileaks. Sciarpelletti è stato condannato a 4 mesi di reclusione, ridotti a due per le attenuanti generiche. La pena – le cui motivazioni sono state rese pubbliche oggi – è stata sospesa per cinque anni, e allo stesso modo non sarà registrata nel casellario giudiziario. Sciarpelletti continua, dunque, il suo lavoro in Segreteria di Stato, con la fedina penale pulita. A meno che non ci saranno altri comportamenti criminosi nell’arco dei prossimi cinque anni.
Gli inquirenti vaticani continuano comunque le loro indagini. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ci tiene a sottolineare che “si conclude una fase definita, che aveva due imputati precisi”. Se nel corso delle indagini ci sarà possibilità di imputare in maniera precisa e circostanziata altre persone per altri reati, ci saranno probabilmente altri processi. Lo stesso Benedetto XVI, in un incontro con gli inquirenti e la commissione cardinalizia tenutosi a Castel Gandolfo lo scorso 26 luglio – ha chiesto alla magistratura di “procedere con solerzia”.
Perché Claudio Sciarpelletti è stato condannato? Le motivazioni della sentenza ripercorrono le dichiarazioni contraddittorie del tecnico informatico della Segreteria di Stato. Nel suo ufficio era stata ritrovata una busta con il timbro dell’Ufficio Informazioni e Documentazioni della Segreteria di Stato e la dicitura “Riservato Paolo Gabriele”. Prima, Sciarpelletti ha detto essergli stata consegnata dal maggiordomo di Benedetto XVI, e di aver scritto lui a chi era destinata, e di essersela successivamente dimenticata. Poi, afferma che probabilmente la busta gli è stata da mons. Carlo Maria Polvani, capo dell’ufficio informazioni, per portarla a Gabriele. Poi, si dice insicuro di aver ricevuto la busta da Polvani, e quindi ha escluso la circostanza. I giudici ricostruiscono: la cosa più logica è che abbia ricevuto la busta da Paolo Gabriele, e che lui vi abbia apposto la dicitura “riservato Paolo Gabriele”.
Chi è stato favorito dalle dichiarazioni contraddittorie di Sciarpelletti che hanno intralciato la giustizia vaticana? Per i giudici, ad essere favorito è stato lo stesso Paolo Gabriele. E ricordano come nel secondo interrogatorio a Sciarpelletti si era già diffusa in Vaticano la notizia dell’arresto del maggiordomo, e questo aveva creato grande scalpore. Il tecnico, considerando la situazione, avrebbe dunque voluto favorire il maggiordomo sostenendo che la busta gli sarebbe stata consegnata da Polvani. E questo è confermato dal fatto che lo stesso Sciarpelletti – secondo quando testimoniato da Polvani in fase di dibattimento – ha mutato atteggiamento nei confronti del capo dell’ufficio informazioni, divenendo più cupo e riservato, e quando questi gli ha chiesto spiegazioni ha risposto: “Mi dovrai comprendere, perdonare, debbo pensare ai miei figli”. Un fatto che non è stato mai negato da Sciarpelletti in dibattimento, fanno notare i giudici.
Dunque, Sciarpelletti – sebbene i giudici vaticani concedano che ha sempre sostenuto di non ricordare bene le circostanze – avrebbe sviato le indagini per favorire Paolo Gabriele. La sentenza, ad ogni modo, lo ha pienamente soddisfatto. Mantiene il posto di lavoro, e la fedina penale pulita. Si tratta, in qualche modo, di una punizione esemplare, che vuole anche stigmatizzare il passaggio indiscriminato di lettere private all’interno degli uffici vaticani. Il fatto che il timbro dell’ufficio informazioni e documentazioni della Segreteria di Stato sia in fondo al corridoio, a disposizione di tutti, ha reso in fondo facile il passaggio di buste timbrate. Tanto che il presidente tribunale vaticano Giuseppe Dalla Torre durante il dibattimento ha chiesto “che il timbro venga spostato in luogo più riservato”.
La sentenza ha, dal lato pratico, quasi nessuna conseguenza. Allora perché Polvani, al termine della lettura della sentenza, si è avvicinato all’avvocato Gianluca Benedetti, il difensore di Claudio Sciarpelletti, affermando, in tono affermativo: “Farete ricorso!”? Benedetti ha effettivamente depositato il ricorso il 13 novembre. Ma il 27 novembre vi ha rinunciato.