10 dicembre, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Loreto e della Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto

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La venerazione per la Santa Casa di Loreto è stata, fin dal Medioevo, l’origine di quel peculiare santuario frequentato, ancora oggi, da numerosi fedeli pellegrini per alimentare la propria fede nel Verbo di Dio fatto carne per noi. Questo santuario ricorda il mistero dell’Incarnazione e spinge tutti coloro che lo visitano a considerare la pienezza del tempo, quando Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, e a meditare sia le parole dell’Angelo nunziante l’Evangelo, sia le parole della Vergine che rispose alla divina chiamata. Adombrata di Spirito Santo, l’umile serva del Signore è divenuta casa della divinità, immagine purissima della santa Chiesa.

Il santuario, strettamente vincolato alla Sede Apostolica, lodato dai Sommi Pontefici e universalmente conosciuto, ha saputo illustrare in modo eccellente, nel corso del tempo, non meno di Nazaret in Terra Santa, le virtù evangeliche della Santa Famiglia. Nella Santa Casa, davanti all’effige della Madre del Redentore e della Chiesa, Santi e Beati hanno risposto alla propria vocazione, i malati hanno invocato consolazione nella sofferenza, il popolo di Dio ha iniziato a lodare e a supplicare Santa Maria con le Litanie lauretane, note in tutto il mondo. Papa Benedetto XV proclamò la Beata Vergine di Loreto “Patrona principale presso Dio di tutti gli aeronautici”. In data 7 ottobre 2019 Papa Francesco, tramite la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha decretato l’inserimento della memoria facoltativa della Beata Maria Vergine di Loreto nel Calendario Romano al 10 dicembre, giorno in cui vi è la festa a Loreto (Santiebeati.it).

Interno della Santa Casa.

La traslazione angelica della Santa Casa di Nazareth a Loreto
di Federico Catani
Radici Cristiane

Da circa un trentennio la traslazione angelica della Santa Casa di Nazareth a Loreto, così come raccontato nei secoli dalla tradizione, è stata derubricata a mera leggenda. Le autorità ecclesiastiche lauretane hanno persino tolto dalla Santa Casa il tabernacolo, rendendo così il luogo quasi una semplice meta turistica.

Ad ogni modo, è credibile pensare che il trasporto delle Sante Pareti di Nazareth sia avvenuto per mezzo degli uomini? Usando anche solo un po’ di buon senso, sembrerebbe proprio di no.

La conferma della Chiesa

Il 10 dicembre ricorre liturgicamente la festa della miracolosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto. L’istituzione di questa festa, presente da sempre a livello locale, avvenne nel 1632, fu inserita nel Martirologio Romano da Clemente IX nel 1669 e dotata di Ufficio e Messa propri, con approvazione della lettura del trasporto miracoloso, da Innocenzo XII nel 1699.

Benedetto XII la estese allo Stato Pontificio e a tutte quelle diocesi e ordini religiosi che ne avessero fatto richiesta. Ebbene, nella VI Lezione del Breviario Romano era descritta brevemente la storia della Traslazione, ricordando i vari spostamenti per mezzo degli angeli.

Ma il trasporto miracoloso delle Sante Pareti non è stato solo confermato dalla liturgia e dalle raffigurazioni artistiche. Benedetto XV, nel dichiarare la Beata Vergine di Loreto Patrona degli aviatori nel 1920, riconobbe come autentico il “volo miracoloso” della Santa Casa.

Leone X in un Breve del 1515 scrisse che «è provato da testimoni degni di fede che la Santa Vergine, dopo aver trasportato per l’onnipotenza divina, la sua immagine e la propria casa da Nazareth in Dalmazia, (…) la fece deporre per il ministero degli angeli, sulla pubblica via ove trovasi tuttora».

Scienza, archeologia e… buon senso a favore del miracolo

Per chi non fosse persuaso da questi argomenti, si possono illustrare altre motivazioni. Dal punto di vista storico-archeologico; infatti, sono indiscutibilmente accertate almeno cinque traslazioni miracolose: a Tersatto (in Dalmazia), ad Ancona, in varie località vicino Loreto e infine sulla pubblica strada, dove ancor oggi si trova, sotto la cupola dell’attuale Basilica lauretana.

Se davvero il trasporto fosse avvenuto per mano umana, perché la gente avrebbe dovuto accettare la versione miracolosa dei fatti? E poi, perché così tanti spostamenti umanamente inspiegabili? Sarebbe stato tecnicamente possibile trasportare così tante volte delle pietre che poi sono state perfettamente risistemate? E ancora: perché collocare definitivamente la Santa Casa nel mezzo di quella che allora era una strada pubblica dove, secondo la legge, nulla si doveva costruire, pena l’abbattimento?

C’è pure un altro elemento da rilevare. La malta con cui le sante pietre sono murate è proveniente dalla Palestina. Come può questo dato essere compatibile con una ricostruzione successiva al trasporto su nave? E come è possibile che, a seguito di tanti spostamenti e di molteplici riedificazioni, non si sia minimamente alterata la perfetta geometria della Santa Casa, che combacia esattamente con le dimensioni delle fondamenta rimaste a Nazareth?

Il problema “degli Angeli”

È stata poi acclarata recentemente la falsità storica del documento che secondo alcuni proverebbe il trasporto umano delle pietre per mezzo della famiglia Angeli o De Angelis. Tra l’altro, il testo, fabbricato nell’Ottocento, risalirebbe al 1294, tre anni dopo il miracoloso trasporto della Santa Casa a Tersatto. E poiché è attestato che nel 1294 questa non era più a Nazareth ma in Dalmazia, la famiglia Angeli non avrebbe potuto portar via nulla direttamente dalla Palestina, come invece si è detto.

Ad avvalorare ciò vi è pure un cespuglio, ancora oggi visibile, schiacciato al centro da una parete della sacra dimora: fatto davvero strano qualora si fosse ricostruito il tutto artificialmente. Insomma, ci vuole davvero molta più fede a credere nell’intervento umano che non a quello divino.

Iscrizione su una pietra della Santa Casa.

Le evidenze storiche e archeologiche
di Ermes Dovico
La Nuova Bussola Quotidiana

Innanzitutto, la Santa Casa è costituita da sole tre pareti perché, quando ancora a Nazaret, era appoggiata a una grotta con la quale costituiva un unico blocco abitativo. Le misure della casa di Loreto e lo spessore dei suoi muri corrispondono perfettamente alle fondamenta che si trovano a Nazaret, nel luogo che per 13 secoli è stato venerato dai fedeli come casa di Maria. Non solo: anche il perimetro delle pareti giunte a Tersatto, come venne messo per iscritto con atto notarile, corrispondeva perfettamente a quello di Nazaret. Poi, le pietre della Santa Casa sono tipiche della Palestina e lavorate con una tecnica specifica di quei luoghi. A ciò va aggiunto che nelle Marche non vi erano cave di pietra e tutte le costruzioni erano fatte in laterizi.

La collocazione della porta sulla parete lunga e l’orientamento dell’intera casa, con la finestra posizionata a ovest, sono assolute anomalie per gli usi edilizi del XIII secolo in terra marchigiana. Ricordiamo che l’ultima traslazione angelica si concluse con la posa della Santa Casa nel mezzo di una strada pubblica, uno dei molti particolari che rendono assurda l’idea che possa essere stata posta lì da uomini: inoltre, una parte è sporgente sul vuoto di un fosso, come poté constatare anche Giuseppe Sacconi, direttore dei lavori di restauro della Basilica Lauretana dal 1884 al 1905, il quale spiegò che «la Santa Casa sta parte appoggiata sopra l’estremità di un’antica strada e parte sospesa sopra il fosso attiguo». O ancora Federico Mannucci, in una relazione del 1922, stesa dopo le ricognizioni sul posto, scriveva che «i muri della S. Casa non hanno alcun fondamento né preparazione alcuna del terreno sottostante, che si presenta invece completamente disciolto e polveroso. Si può quindi certamente concludere che la Santa Casa non può essere fatta nel luogo dove si trova […]», aggiungendo il suo stupore per il fatto «straordinario» che, nonostante le suddette condizioni, «l’edificio della Santa Casa […] si conservi inalterato, senza il minimo cedimento e senza una benché minima lesione sui muri». Chi potrebbe fare tanto?

Le pietre della Santa Casa risultano saldate da una malta tipica della Palestina, formata con una tecnica sconosciuta all’Italia, e uniforme in tutti i punti: altro fatto che, come spiegava il docente di elettrochimica Emanuele Mor, esclude l’ipotesi di uno smontaggio e traslazione della casa per mano umana, perché «qualora fosse avvenuta una nuova rimessa in opera dei singoli blocchi di pietra, si sarebbe dovuta evidenziare per la differenza della composizione chimica della malta in questione».

La benedizione di Padre Jarek Cielecki nel giorno della Madonna di Loreto per tutti i miei lettori

Nel giorno della Beata Vergine Maria di Loreto, Padre Jarek Cielecki mi ha chiamato per dirmi che manda la sua benedizione a tutti i miei lettori.

La rosa rossa che Padre Jarek ha nella mano, è fiorita sotto la sua finestra presso l’Eremo di San Charbel e il Santuario della Madonna Assunta, la Madre del Buon Inizio e di San Charbel che sta costruendo a Florencja in Polonia. Tra i tanti cespugli di rose presenti, questa è l’unica rosa fiorita, con temperature sotto zero, proprio ieri 9 dicembre 2020, nel giorno della memoria liturgica di San Juan Diego Cuauhtlatoatzin (1474 circa – Città del Messico, 1548), l’azteco convertito al Cristianesimo che, secondo la tradizione, ricevette nel 1531 l’apparizione della Madonna di Guadalupe. Nella storia di Juan Diego le rose hanno una presenza significativa.

Juan Diego fu proclamato santo il 31 luglio 2002 da San Giovanni Paolo II in occasione della sua quinta visita pastorale in Messico (a cui ho partecipato ed ero presente alla cerimonia di canonizzazione). La sua memoria liturgica è il 9 dicembre, data della prima apparizione (mentre il 12 dicembre, giorno dell’ultima, si festeggia la Madonna di Guadalupe).

Il 12 dicembre 1531, mentre Juan Diego si incamminò frettolosamente in cerca di un sacerdote che desse i sacramenti a uno zio moribondo, la Vergine gli apparve, lo rassicurò sulla salute dello zio e gli ordinò di salire in cima al Tepeyac, dove «troverai una grande quantità di fiori. Raccoglili e portameli qui». Nonostante la stagione e il luogo, l’indio trovò sul colle degli splendidi fiori di Castiglia, una specie di rose tipiche della regione spagnola, che custodì nella sua tilma, un indumento usato a mo’ di mantello e che per i poveri consisteva in un semplice, ruvido tessuto di fibre d’agave. «Mio piccolo figliolo, questi fiori saranno il segno per il vescovo. Solo alla sua presenza aprirai la tilma e mostrerai ciò che porti», gli disse la Madonna. Juan Diego si recò nuovamente da Zumarraga: per mostrare i fiori, al suo cospetto e di altre sette persone, aprì il mantello su cui si impresse all’istante un’immagine della Madre Celeste, con il volto meticcio, per la meraviglia del vescovo che si inginocchiò commosso assieme a tutti i presenti. Poco dopo fu eretta sul Tepeyac la cappella in onore della Vergine e il vescovo vi fece costruire accanto una piccola casa, dove Juan Diego passò gli ultimi 17 anni della sua vita terrena offrendo preghiere e penitenze e morendo in fama di santità, attestata dal suo culto ininterrotto.

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