Il Papa: il mondo della sanità deve riscoprire il linguaggio della scienza cristiana della sofferenza

un medico di spalle
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Rilegge le parole del Concilio Vaticano II Papa Benedetto XVI, quelle rivolte ai malati nel messaggio dell’8 dicembre del 1965, per dire che la sofferenza non significa essere abbandonati da Dio. Sabato mattina nell’ Aula Paolo VI in Vaticano si conclude la ventisettesima Conferenza internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio per la pastorale sanitaria. Un appuntamento che quest’ anno ha visto almeno 800 partecipanti da ogni parte del modo e che ha messo al centro della riflessione la evangelizzazione in ospedale. Il Papa ha concluso la mattinata di riflessione che chiude la conferenza e si è rivolto a malati e agli operatori sanitari proprio con le parole del ConcilioSi tratta della «scienza cristiana della sofferenza», indicata esplicitamente dal Concilio. “Cristo non ha soppresso la sofferenza; non ha neppure voluto svelarcene interamente il mistero: l’ha presa su di sé, e questo basta perché ne comprendiamo tutto il valore”. Benedetto XVI presenta i santi che sono modelli come Giuseppe Moscati, Riccardo Pampuri, Gianna Beretta Molla, Anna Schäffer e il Servo di Dio Jérôme Lejeune e chiede “un impegno di nuova evangelizzazione anche in tempi di crisi economica che sottrae risorse alla tutela della salute.”

La salute non è una «merce» sottoposta alle leggi del mercato non è “un bene riservato a pochi.” Non si deve dimenticare le dignità della persona sofferente, ricorda il Papa. “Oggi, se da un lato, a motivo dei progressi nel campo tecnico-scientifico, aumenta la capacità di guarire fisicamente chi è malato, dall’altro appare indebolirsi la capacità di «prendersi cura» della persona sofferente, considerata nella sua integralità e unicità.” E’ un richiamo all’ etica del rispetto dell’uomo quello del Papa e per questo i cristiani hanno un compito fondamentale con l’uso di un “linguaggio della «scienza cristiana della sofferenza» – cui appartengono la compassione, la solidarietà, la condivisione, l’abnegazione, la gratuità, il dono di sé – diventi il lessico universale di quanti operano nel campo dell’assistenza sanitaria.” Così l’ospedale diventa luogo di evangelizzazione, attraverso il linguaggio della parabola del Buon samaritano.

E il Papa conclude: “Ora più che mai la nostra società ha bisogno di «buoni samaritani» dal cuore generoso e dalle braccia spalancate a tutti, nella consapevolezza che «la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente»” E ai malati ricorda che la “silenziosa testimonianza è un efficace segno e strumento di evangelizzazione per le persone che vi curano e per le vostre famiglie, nella certezza che «nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio»” .

Nella prima giornata di lavoro della Conferenza il presidente del Pontificio Consiglio monsignor Zygmunt Zimowski ha ricordato che i progressi della scienza se non vengono guidati dall’etica e dall’antropologia cristiana, rischiano di “ridurre” il paziente ad un mero oggetto di studio, di trattamento o di sperimentazione anche eticamente scorretta. E a proposito di evangelizzazione mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha spiegato che “Il Vangelo non esclude nessun ambito della vita”, la Chiesa, dunnon può dimenticare nessun luogo umano, specie quello in cui l’uomo sperimenta il limite e la paura della sua condizione, a fronte dell’illusione dell’immortalità e dell’onnipotenza che riempie i nuovi aeropaghi, e in cui il mistero pasquale è illuminante.

 

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