Non confondiamo le pratiche Yoga con l’orazione cristiana
Talvolta c’è davvero da chiedersi se in determinate circostanze – nelle cose che diciamo e facciamo, e soprattutto in considerazione del ruolo educativo che alcuni di noi ricoprono – non sarebbe meglio astenersi da dichiarazioni o precisazioni pubbliche, piuttosto che permettere al dubbio di creare confusione nella nostra povera mente! P. John Ferreira, il sacerdote indiano che dirige il St. Peter’s College di Agra, in una sua recente pubblicazione, “Salute, benessere e felicità attraverso lo yoga”, offre ai lettori la possibilità di comprendere i benefici della pratica yoga, gli esercizi e la filosofia che vi è dietro. Il volume è inoltre corredato dalle testimonianze di altri sacerdoti, che hanno sperimentato le posizioni illustrate da p. Ferreira, secondo il quale lo yoga è una disciplina che va “oltre la religione” ed è “davvero universale”.
Nel presentare il libro di p. Ferreira, l’arcivescovo della diocesi di Agra mons. Albert D’Souza ha dichiarato che “la società moderna, con il suo bagaglio colmo di stress e dolori fisici e spirituali, ha estremo bisogno della conoscenza yogica indiana”. In tal senso, ha spiegato, “introdurre lo yoga nel curriculum scolastico darà un approccio olistico all’educazione, come una scienza che non solo prepara lo studente alla vita, ma insegna anche l’arte del vivere bene” (AsiaNews). Durante la cerimonia di presentazione viene anche letto un messaggio inviato dal card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza Episcopale Indiana, con il seguente contenuto: “Attraverso la descrizione di posture ed esercizi, si migliora un senso di benessere nel completo; si scava a fondo dentro se stessi, così da raggiungere una migliore comunione con Dio”.
Un autorevole editoriale di Civiltà Cattolica del 7 aprile 1990 (n. 3355, pp. 3-15) dice tutt’altra cosa circa l’ipotesi che la pratica yoga possa davvero aiutare la meditazione cristiana. “Nello Yoga – afferma la Rivista dei Gesuiti – la «meditazione» è la concentrazione intensa e prolungata del soggetto sull’oggetto spinta fino all’«assorbimento» dell’io nell’oggetto. È perciò rivolta «verso il Sé», verso l’immersione dell’io nel Sé e dunque verso un’interiorità «solitaria». È quindi un’esperienza «spirituale», ma non «religiosa» né «morale». […]
È, dunque, l’esatto opposto della meditazione cristiana, che è lo sforzo di riflettere sulla Parola di Dio per farla propria, per pensare come pensa Dio. Meditazione cristiana e meditazione orientale sono, quindi, realtà non solo diverse, ma opposte”. J. M. Déchanet, un monaco benedettino che ha praticato per lunghi anni Raja-yoga considera tale pratica “incompatibile con l’essenza del cristianesimo e, senza alcun dubbio, è in contraddizione con l’esperienza dei Santi”. Il Cristianesimo possiede peraltro importanti metodi di orazione che hanno portato numerosi santi a raggiungere le vette più alte del misticismo cristiano. Metodi che nel tempo non hanno perduto di efficacia e attualità.
“La grande tradizione mistica della Chiesa, sia in Oriente che in Occidente, – ricorda Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte – può dire molto a tal proposito. Essa mostra come la preghiera possa progredire, quale vero e proprio dialogo d’amore, fino a rendere la persona umana totalmente posseduta dall’Amato divino, vibrante al tocco dello Spirito, filialmente abbandonata nel cuore del Padre. […]Come dimenticare qui, tra tante luminose testimonianze, la dottrina di san Giovanni della Croce e di santa Teresa d’Avila?”.
E’ ancora la Rivista dei Gesuiti a ricordarci che “in realtà, i pericoli a cui si va incontro nell’uso delle tecniche dello Yoga e dello Zen sono molteplici: che si metta tutta la propria attenzione nel praticarle correttamente e si trascuri o si metta da parte il colloquio con Dio: in tal modo tali tecniche diventano un fine da perseguire e cessano di essere un semplice mezzo per una preghiera più profonda; che ci si ripieghi su se stessi, sulla propria persona, sul proprio corpo e ci si compiaccia delle proprie performances fisiche e mentali nell’esecuzione degli esercizi, ritenendo che l’essere bravi in tali esercizi equivalga ad essere cresciuti nello spirito di preghiera; che si confondano i risultati di maggiore tranquillità interiore e più profonda concentrazione e raccoglimento che con tali esercizi si possono raggiungere con gli effetti soprannaturali di santificazione che la preghiera produce nel cristiano e che, generalmente, non sono sperimentabili: che quindi, si creda di pregare meglio, perché si controllano meglio i propri pensieri e i propri sensi e perciò si è meno distratti”.