L’informatico vaticano dichiarato colpevole di intralcio alla giustizia

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Nell’ aula stamattina c’era molta attesa in particolare per due testimonianze; quella di Carlo Maria Polvani capo ufficio di Sciarpelletti e indicato come colui che aveva consegnato la busta, e quella di Paolo Gabriele, anche lui indicato sulla intestazione della busta e indicato come colui che aveva consegnato la busta. Ecco il problema: perché Sciarpelletti ha dato sue versioni diverse su chi gli ha consegnato la busta? Sapeva che cosa conteneva? E a chi era destinata? Monsignor Polvani spiega che non sa nulla della busta, che lo ha saputo solo dalla sentenza di rinvio e giudizio, giura e stragiura sul suo battesimo e sul suo sacerdozio che non lo sfiorerebbe mai nemmeno l’idea di tradire il Papa e la Santa Sede, parla della sua storia familiare, quasi con le lacrime agli occhi, per spiegare che la sua lealtà nasce anche dall’aver seguito la vita del Beato Giovanni Paolo II.

Spiega che il timbro trovato sulla busta che ha indotto Sciarpelletti a pensare a lui come mittente in effetti si trova in una stanza di passaggio dove chiunque può prenderlo. Parla di Sciarpelletti come un uomo leale ma che tende ad “impasticciarsi” e ad “andare nel pallone” sotto stress. Ricorda che l’informatico gli ha detto: “mi devi scusare ho famiglia!” e di non aver capito al momento a che proposito. Poi è la volta di Gabriele, sempre inappuntabile e compassato. “ Non ho dato documenti a Claudio- spiega- ma solo delle carte delle mie personali ricerche.” Insomma parla con Sciarpelletti della situazione che trova preoccupante, ma non ricorda di fogli precisi, e tanto meno di una busta come quella trovata. Il Presidente del Tribunale gli ricorda che ha definito ridicolo e pieno di inesattezze il testo del libello. “ Ma al momento mi sembrava importante”, chiosa Gabriele.

Di che periodo parliamo? Del gennaio – febbraio del 2010 aveva ricordato Sciarpelletti. E’ da allora che la busta giace abbandonata nella scrivania. Testimoniano il Maggiore della Guardia Svizzera Kloter e l’ufficiale della Gendarmeria Gauzzi Broccoletti. Per la prima volta il Promotore di Giustizia fa una domanda e mette in luce che c’è anche un’altra busta che Sciarpelletti ha ricevuto nel gennaio del 2012 da monsignor Piero Pennacchini. Ma questa non è materia del dibattimento e l’avvocato difensore fa in mondo che non vada a verbale. Ma intanto il nome è uscito. Sembra che Picardi voglia far capire che il lavoro di indagine continua in molte direzioni.

Arriva il momento delle arringhe. Picardi ripercorre la storia dei codici da Papa Gregorio XVI a oggi e afferma che l’intralcio alla giustizia c’è stato e usa il termine “elusione” e rinvia all’articolo 225 del codice Vaticano chiedendo 4 mesi di reclusione ridotti a due per le attenuati generiche. Benedetti tiene la sua arringa e argomenta che la busta non ha rilevanza penale perché non contiene nulla di segreto o rubato, ( fatto confermato anche da Picardi) e non è rilevante per le indagini visto che le prove del furto sono nelle 82 casse di materiale trovate a casa di Gabriele.

“Perchè poi- dice- Sciarpelletti avrebbe dovuto bruciarsi la carriera per un libro che considera indiscrezioni e cose uscite da scrivanie” e che nemmeno ha letto perché non gli interessa? Quanto al coinvolgimento di Polvani dice: lo abbiamo chiamato per testimoniare della onestà e del carattere di Sciarpelletti non certo per accusare un sacerdote che gode della fiducia del Papa.

Dopo un’ora e un quarto di camera di consiglio il Tribunale decreta la colpevolezza di Sciarpelletti. Condanna a 2 mesi con la condizionale di 5 anni. Lo sconcerto di Sciarpelletti, della moglie e dell’ avvocato è palpabile. Ma è sconcertato anche monsignor Polvani che in aula per ascoltare la sentenza. Ricorrerete in appello? Chiede all’ avvocato. Benedetti allarga le braccia, ma probabilmente lo farà. Si spegne l’atmosfera serena dell’inizio. Addirittura si era creato un momento di ilarità quando si è inceppato un computer e Sciarpelletti ha detto: “ servirebbe un tecnico!”

Si chiude questa prima parte del secondo processo. Ci sarà appello? E soprattutto ci saranno altri processi? Tutto lascia pensare di si. In Vaticano si vuole fare pulizia ma anche chiarezza su certi comportamenti banali ma pericolosi. E poi, come ha ricordato più volte il Promotore di Giustizia, c’ è ancora da indagare.

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