Il Papa alla plenaria dell’Accademia delle Scienze: “L’universo non è il caos o il risultato del caos”

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Fondata nel 1603 con il nome di Accademia dei Lincei, ri-denominata Pontificia Accademia delle Scienze nel 1936, ha un corpo accademico composto da ottanta Accademici di nomina pontificia, scelti fra i più noti scienziati di tutto il mondo. È la sola Accademia delle Scienze a carattere sopranazionale. Nella discussione alla plenaria di questi giorni, i membri hanno esaminato la dialettica in corso sulla costante espansione della ricerca scientifica e dall’altra hanno posto il problema di una visione complessiva dell’universo, in cui – sottolinea il Papa – “gli esseri umani, dotati di libertà e intelligenza, sono chiamati a comprendere, amare, vivere e lavorare”.

Vero, dice Benedetto XVI, la ricerca e i suoi strumenti sempre più perfezionati hanno fatto sì che le scienze naturali potessero arrivare a comprendere le fondamenta della realtà corporale. Ma – aggiunge – questi strumenti sempre più potenti “non arrivano a comprendere completamente la sua struttura unificante e la sua unità finale”. In fondo, anche uno dei limiti della teoria della selezione naturale è che non si può spiegare l’evoluzione di un singolo componente di ogni organismo senza intaccare il tutto.

Agli “strumenti” della ricerca, il Papa contrappone la ricerca scientifica tout court (e non pochi fanno notare che le scoperte sono sempre più tecniche e sempre meno scientifiche), che porta alla “paziente integrazione di varie teorie” e la “costante spinta degli scienziati verso una più adeguata conoscenza della verità della natura e di una sua visione più inclusiva”. Il Papa fa l’esempio degli sforzi per ridurre varie forme di energia a “una elementare forza fondamentale, che ora sembra essere meglio espressa nell’emergente approccio della complessità come base di modelli esplicativi”.

Gli studi sulla complessità rappresentano in fondo proprio la ricerca di andare alle origini delle questioni, trovare un principio unitario a quanto accade nel mondo. Basta guardare al lavoro dell’Istituto Santa Fé, nato in California nel 1983. Un istituto che fa dell’interdisciplinarietà la sua arma vincente, dove si cerca di superare l’insegnamento settoriale, di dare un senso ad ogni cosa attraverso le connessioni tra biologia, fisica, economia, chimica. In sostanza, si usano modelli della biologia molecolare – ad esempio – per dare spiegazioni delle teorie economiche. Qualcosa di molto lontano dall’apparato speculativo delle scienze come vengono insegnate, dove tutto quanto è riconducibile ad una serie di regole elementari.

E si può partire proprio dall’evoluzione. E’ stato dimostrato nel 1953 che dal brodo primordiale può partire la vita sulla terra. Ovvero, da un brodo nel quale Dna, Rna, proteine e poco altro fluttuano, se solo passa una scarica elettrica, magari un fulmine, si possono creare unioni proteiche e molecolari sempre più complesse, fino a formare la vita. È, insomma, il disordine che diventa ordine. Ma c’è qualcosa di più: Kaufmann – uno degli scienziati che lavorano a Santa Fè – ha sempre ritenuto questa teoria un po’ troppo grossolana. Tutta la questione della selezione naturale gli ha sempre dato un’idea di casualità un po’ troppo casuale e un po’ troppo improbabile. Come se –dice – “in una partita di bridge con carte non truccate e ben mischiate, in una sola mano ti arrivino 13 carte di picche: non impossibile, ma altamente improbabile”. Insomma,  qualcosa non quadra. Kaufmann – da sempre – è uno studioso di sistemi complessi che tendono ad una organizzazione. Ritiene che i sistemi complessi, arrivati a un certo grado di complessità, invece di giungere a un caos ancora più “caotico”  tendono naturalmente a darsi un ordine. Un ordine che può essere casuale, ma che è sicuramente “gratuito”.

Gratuito, come gratuita è la creazione. Nel suo discorso ai membri della Pontifica Accademia delle Scienze il Papa va proprio in quella direzione, guarda all’uomo, alla sua relazione orizzontale con gli altri esseri umani e poi alla sua relazione verticale con Dio. Ricorda che “un approccio interdisciplinare alla complessità mostra anche che le scienze non sono parole intellettuali separate le une dalle altre e dalla realtà, ma sono piuttosto interconnesse e dirette allo studio della natura come una realtà unificata, intellegibile e armoniosa nella sua indubbia complessità”.

Una visione – aggiunge il Papa – che ha “fruttuosi punti di contatto con la visione dell’universo propria della filosofia cristiana e la teologia, con la nozione di essere partecipante, in cui ogni creatura individuale, posseduta dalla sua stessa perfezione, condivide una specifica natura e questo all’interno di un cosmo ordinato che ha origine dalla parola creatrice di Dio”. Ed è qui che Benedetto XVI sottolinea che l’universo non è il caos o il frutto del caos.

“A partire dalla nozione di creazione – afferma Benedetto XVI – il pensiero cristiano ha impiegato l’analogia non solo per investigare le realtà del mondo, ma anche come un mezzo per elevarsi dall’ordine creato alla contemplazione del suo creatore, con dovuto riguardo per il principio che la trascendenza di Dio implica che ogni similarità con le sue creature necessariamente implica una dissomiglianza più grande”. Un concetto che il Papa aveva espresso anche nella lectio magistralis su “Fede, Ragione e Università” tenuta a Ratisbona. “La fede della Chiesa  – aveva detto – si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esista una vera analogia, in cui—come dice il Concilio Lateranense IV nel 1215—certo le dissomiglianze sono infinitamente più grandi delle somiglianze, non tuttavia fino al punto da abolire l’analogia e il suo linguaggio. Dio non diventa più divino per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro ed impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore”.

E il Papa conclude il suo discorso dicendosi convinto che è sempre più necessario un continuo dialogo e cooperazione tra i mondi della scienza e della fede per creare una cultura di rispetto dell’uomo, della dignità umana e della libertà, per il futuro della nostra famiglia umana e per lo sviluppo sostenibile del pianeta. “Senza questo necessario scambio – dice – le grandi questioni dell’umanità lasciano il dominio della ragione e della verità e sono abbandonati all’irrazionalità, al mito o all’indifferenza, con grande danno nei confronti della stessa umanità”.

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