Fare memoria di san Carlo Borromeo è un segno per la speranza

Casualmente venerdì 2 novembre mi sono trovato, con mia moglie, davanti al Duomo di Milano ed ho notato una grande fila; mi sono domandato a cosa era dovuta. Ed abbiamo rinunciato alla visita, perché avevamo poco tempo, in quanto dovevamo riprendere il treno per ritornare a casa dei suoceri, dove avevamo lasciato i figli. Ma così non è stato, perché sulla strada abbiamo incontrato un sacerdote, amico di mia moglie, che è originaria di Lecco, spiegandoci che si ricorda san Carlo Borromeo: così, decidendo di prendere il treno successivo, siamo entrati anche noi per una preghiera a san Carlo… e non eravamo i soli a fare la ‘fila’ per visitare la tomba di san Carlo per pregarlo in questi tempi difficili; lui che aveva vissuto il tempo della ‘peste’ milanese. Un momento, che grazie all’indicazione di un sacerdote, si è trasformato in un significato pregnante per la vita quotidiana. Nel pontificale in onore di san Carlo Borromeo il card. Angelo Scola ha sottolineato l’importanza della celebrazione eucaristica: “Celebrare la solennità di San Carlo in questo Duomo, che custodisce il suo corpo perché il popolo cristiano possa venerarlo e far memoria delle opere di salvezza di Dio, costituisce un’occasione privilegiata per soffermarci su uno degli aspetti essenziali dell’Anno della fede”. Ed all’inizio della celebrazione eucaristica, il cardinale Scola si è recato nello Scurolo posto sotto l’altare maggiore del Duomo per rendere omaggio personalmente al Santo Borromeo, nel luogo della sua sepoltura.
E proprio dallo Scurolo è partita la solenne processione con cui si è aperto il Pontificale. Nell’omelia l’Arcivescovo ha sottolineato la conversione del giovane Carlo Borromeo, perché l’evangelizzazione richiede conversione e santità: “Pensiamo al grandissimo cambiamento di vita del giovane cardinale Carlo prima della sua venuta a Milano e il costante atteggiamento di conversione tenuto in tutta la sua missione di Arcivescovo. Solo così l’uomo di fede può essere un testimone credibile per tutte le donne e tutti gli uomini nostre sorelle e nostri fratelli”. Quindi la conversione è un cammino di fede: “Al cammino, al tendere, appartiene certo una componente drammatica: la necessità che la libertà si metta sempre in gioco, non si consideri mai arrivata. Questo può implicare, soprattutto in certi momenti, una notevole dose di sacrificio. Nello stesso tempo però, non possiamo non riconoscere che è proprio questa instancabile tensione a riempire la vita di fascino, ad impedire che i nostri giorni appassiscano in noiosa ripetitività, invece che in solerte ripetizione”.
In conclusione del suo discorso l’Arcivescovo Scola ha voluto ricordare il card. Giovanni Colombo ed il Carlo Maria Maritini, a due mesi dalla sua scomparsa, la cui tomba è stata visitata da 100.000 fedeli: “Domandiamo al Padre di misericordia di comunicarci lo spirito di fortezza che animò san Carlo e lo rese fedele alla sua missione fino a donarsi totalmente ai fratelli soprattutto per l’intercessione di tutti gli arcivescovi defunti, in special modo del Cardinale Giovanni Colombo, di cui ci apprestiamo lungo quest’anno a fare vivida memoria, e del carissimo compianto Cardinale Carlo Maria Martini”.
Nei giorni precedenti, il vicario generale della diocesi, mons. Mario Delpini, ha detto che oggi non si ha nostalgia dei tempi di san Carlo Borromeo, ma la commemorazione del Santo è stata una esperienza di comunione per celebrare la gloria di Dio: “E’ una esperienza di comunione perché i santi sono vivi della gloria di Dio e pertanto possono essere per i credenti interlocutori reali, fratelli e amici che si concedono alla confidenza, che condividono esperienze, intercedono per noi e insegnano a peregrinare nella fede in ogni tempo, persino nel nostro tempo. San Carlo, perciò, non rimane rinchiuso nel suo tempo, in un anacronismo troppo estraneo per essere più interessante di una curiosità, ma continua ad essere quello che è stato, un santo pastore, un santo in lacrime davanti al crocifisso, un santo consumato dallo zelo per la santità dei consacrati e per la compassione per la gente tribolata. Con la sua presenza San Carlo incoraggia la nostra fede a diventare speranza, non solo speranza nel Regno che viene, ma anche quella fiducia sull’efficacia di quello che ci è chiesto di fare e sulla fecondità dell’azione pastorale che motiva alla dedizione”.