I lefevriani dopo aver espulso Wiliamson chiedono ancora tempo. Fino a quando?

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Il 6 settembre i lefevriani prendono tempo, poi il 24 comunicano di aver espulso il negazionista Williamson e ora la Santa Sede tramite Ecclesia Dei dice: avremo pazienza il Papa vuole l’unità. Si potrebbe fare così una sintesi veloce delle ultime tappe della “storia infinita” del rapporto tra Chiesa cattolica e Fraternità sacerdotale di San Pio X. E in effetti negli ambienti vaticani sono in molti ormai gli scettici circa un futuro ritorno a Roma dei levefriani. Il comunicato di oggi della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” ripercorre la storia del tentativo generoso ( per alcuni fin troppo) del Papa di evitare uno scisma. Una separazione che del resto oggi non sembra avere molto senso se davvero, come dicono ad Econe, il problema è sullo stile liturgico e poco più. Ma la verità è forse un’altra. La libertà religiosa e l’ecumenismo che il Concilio e i Papi hanno ribadito con forza fino e con Benedetto XVI, non piacciono ai figli della SSPX.

Intanto oggi Ecclesia Dei coglie l’occasione per annunciare che, nella sua più recente comunicazione (6 settembre 2012) la Fraternità sacerdotale di S. Pio X ha indicato di aver bisogno per parte sua di ulteriore tempo di riflessione e di studio, per preparare la propria risposta alle ultime iniziative della Santa Sede.

Lo stadio attuale delle attuali discussioni fra la Santa Sede e la Fraternità sacerdotale è frutto di tre anni di dialoghi dottrinali e teologici, durante i quali una commissione congiunta si è riunita otto volte per studiare e discutere, fra le altre questioni, alcuni punti controversi nell’interpretazione di certi documenti del Concilio Vaticano II. Quando tali dialoghi dottrinali si conclusero, fu possibile procedere ad una fase di discussione più direttamente focalizzata sul grande desiderio di riconciliazione della Fraternità sacerdotale di S. Pio X con la Sede di Pietro.

Altri passi fondamentali in questo processo positivo di graduale reintegrazione erano stati intrapresi dalla Santa Sede nel 2007 mediante l’estensione alla Chiesa universale della Forma Straordinaria del Rito Romano con il Motu Proprio Summorum Pontificum e, nel 2009, con l’abolizione delle scomuniche. Solo alcuni mesi orsono in questo cammino difficile fu raggiunto un punto fondamentale quando, il 13 giugno 2012, la Pontificia Commissione ha presentato alla Fraternità sacerdotale di S. Pio X una dichiarazione dottrinale unitamente ad una proposta per la normalizzazione canonica del proprio stato all’interno della Chiesa cattolica.

Attualmente la Santa Sede è in attesa della risposta ufficiale dei Superiori della Fraternità sacerdotale a questi due documenti. Dopo trent’anni di separazione, è comprensibile che vi sia bisogno di tempo per assorbire il significato di questi recenti sviluppi. Mentre il nostro Santo Padre Benedetto XVI cerca di promuovere e preservare l’unità della Chiesa mediante la realizzazione della riconciliazione a lungo attesa della Fraternità sacerdotale di S. Pio X con la Sede di Pietro – una potente manifestazione del munus Petrinum all’opera – sono necessarie pazienza, serenità, perseveranza e fiducia.”

Un testo generoso, considerando anche che tra pochi giorni ci sarà il pellegrinaggio degli appassionati della liturgia pre conciliare a Roma. É stata programmata una serie di eventi e anche una messa in San Pietro. Il Coetus Internationalis Summorum Pontificum  ha espressamente dichiarato di volere “manifestare in questo modo il nostro amore per la Chiesa e la nostra fedeltà alla Sede di Pietro” e che “la  messa  romana tradizionale, in particolare nel Canone, è sempre stata considerata di per sé stessa una magnifica  professione  di  fede  della  Chiesa  Mater  et  Magistra”.

Certo il Coetus è un po’ un’arma a doppio taglio. Dichiarare che molti sacerdoti celebrano la messa “ogni giorno” nella “forma straordinaria”  e che le vocazioni sacerdotali aumentano grazie ai “ seminari dedicati alla forma straordinaria”, tra i quali quelli della SSPX, significa tentare di minare il senso stesso della dinamica profetica della Chiesa cattolica che guarda avanti.

Intanto il 3 novembre sarà il cardinale Cañizares Llovera, prefetto del Culto Divino, alle 15.00 a celebrare il pontificale con il rito straordinario. Il Papa per ora non ha fatto sapere se ci sarà da parte sua una forma di partecipazione. Negli ambienti vicini dicono di si. Ma certo anche un messaggio sarebbe un gesto che rischia di essere frainteso dalla maggioranza dei fedeli del mondo che ama e vive la riforma liturgica traendone grandi frutti spirituali. Resta il fatto che un gesto di amore verso l’unità potrebbe trasformarsi agli occhi di molti fedeli come un volgersi indietro.

Allora forse il migliore consiglio per i fedeli di parrocchie e movimenti di tutto il mondo è quello del Papa di riprendere in mano i documenti del Concilio e rileggerli davvero, senza lasciarsi condurre da strani venti di dottrina che soffiano avanti ed indietro ma raramente verso Cristo.

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