La Chiesa per una nuova pastorale degli zingari
Si è concluso giovedì 4 settembre a Freising in Germania il VI Congresso Mondiale della Pastorale per gli Zingari, aperto da mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il presule ha lamentato il fatto che nel parlare dei giovani zingari si ricorra facilmente ‘a semplici generalizzazioni’.
“Gli ideali dei giovani zingari non si differenziano molto da quelli della maggioranza dei loro coetanei”, ha osservato. “Alle autorità regionali e locali degli Stati membri del Consiglio d’Europa – ha continuato – essi domandano di incoraggiare lo sviluppo e la realizzazione di programmi-pilota, iniziative e progetti volti a migliorare la partecipazione dei giovani zingari nella vita pubblica”. Da ciò emerge “la volontà di vivere ben integrati nella società e inseriti in tutti i processi che riguardano la sua organizzazione e funzionalità, in cui svolgere ruoli decisionali e di responsabilità, di raggiungere un buon livello di educazione culturale e godere di un lavoro redditizio, di impegnarsi in attività politiche e di sostegno a favore della propria popolazione (etnia), di essere cittadini a tutti gli effetti, capaci di corresponsabilità e solidarietà attiva e critica nella costruzione di società interculturali”.
Il giovane zingaro, precisa il segretario, è una risorsa “da potenziare con iniziative di sostegno e di promozione a livello internazionale, nazionale e regionale”. Perciò il processo di inclusione sociale che la Chiesa sostiene e promuove, ha proseguito l’arcivescovo, si basa su alcune regole generali come la responsabilizzazione, la garanzia dei diritti di piena partecipazione alle società d’accoglienza, la promozione dell’accesso alla nazionalità, l’opportunità di apprendere la lingua nazionale.
Allo stesso modo, ha ricordato mons. Marchetto, che “il lavoro è la chiave della piena integrazione nella società”, sollecitando anche una maggiore attenzione alla situazione abitativa degli zingari, che spesso vivono “in zone rurali isolate o negli accampamenti collocati in periferie delle città con limitato o inesistente servizio di trasporto pubblico” e scarso accesso alle strutture sanitarie. Quanto alla realtà ecclesiale, ha affermato che “emarginati, relegati ai margini dell’umanità, umiliati nella propria dignità, gli zingari hanno bisogno di una Chiesa viva, di una Chiesa-comunione, capace di formare e aiutare a superare le difficoltà che la grande politica non riesce a superare”. Nel contempo è necessario promuovere una pastorale della confermazione e dare rilievo alla comunità, così come “bisognerebbe riuscire a creare un maggior numero di centri, anche ecclesiali, con possibilità di svago, studio, preparazione professionale”.
Infine, ha affermato che “sarebbe utile chiedere alle organizzazioni umanitarie, alle Caritas, di stanziare, con successivo controllo, microcrediti per le famiglie e le comunità che dimostrano maggiori capacità di saperli utilizzare a favore della propria etnia”. Anche il Presidente della Pastorale per i migranti e gli itineranti, cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha affermato che le precarie condizioni di vita e scarse opportunità di istruzione e di lavoro comportano che gli zingari sperimentino “sentimenti di sradicamento e disuguaglianza, perdita di fiducia in voi stessi, nel nucleo familiare, nelle istituzioni politiche, giuridiche ed educative, sia sociali che ecclesiali”. Dinnanzi alle situazioni di discriminazione e indifferenza di cui gli zingari sono vittime, la Chiesa “richiama tutti gli uomini, e soprattutto i cristiani, ad assumere le proprie responsabilità, sia nel servizio alla società sia nell’impegno politico, al fine di assicurare il pieno rispetto della dignità e dei diritti di ogni essere umano, con l’amore, nella pace, nella giustizia e nella solidarietà”.
Infatti, l’importanza della solidarietà deve essere intesa non come “un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone”, ma come “la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune e per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a ‘perdersi’ a favore dell’altro invece di sfruttarlo e a ‘servirlo’ invece di opprimerlo”.
In tale contesto, gli Stati “sono chiamati a fornire appoggi agli enti educativi e di aggregazione zingara, alle vostre varie famiglie (clan), alle scuole e associazioni, ove nel rispetto delle norme e dei regolamenti di convivenza civile, si sviluppa una personalità equilibrata e responsabile e ove nascono soggetti idonei a partecipare pienamente alla vita della comunità”. Concludendo l’intervento il cardinal Martino si è rivolto ai responsabili dei mezzi di comunicazione sociale perché “si impegnino ad offrire alla società un’immagine vera della minoranza zingara, nelle sue varie espressioni, che aiuterà a sradicare dalle menti e dai cuori delle persone pregiudizi e emarginazioni nei suoi confronti”.