Quella brocca non è vuota. Il Messaggio dei padri sinodali al Popolo di Dio
Gesù arriva al pozzo di Sicar per attingere acqua. Vede una donna e le chiede dell’acqua. È uno scandalo. Perché sta parlando con una donna, e per di più una samaritana. Il dialogo sembra difficile. Gesù le lancia una proposta: donarle per sempre dell’acqua viva. Poi, sposta il livello del dialogo, le parla della sua famiglia, le racconta la sua vita, del fatto che la donna aveva avuto cinque mariti, e che quello con cui vive non è suo marito. La donna capisce che Gesù è un profeta. Ed è lei a questo punto a parlare di fede. Alla fine dell’incontro, Gesù ha fatto fare a questa donna un percorso di fede, fino a riconoscere che lui è il Messia. E non è un caso che il Messaggio al Popolo di Dio per la Nuova Evangelizzazione parta proprio dall’incontro di Gesù con la Samaritana.
Dieci pagine ampiamente condivise dai padri sinodali – tanto che la lettura della bozza è stata salutata da un applauso lunghissimo – il messaggio al Popolo di Dio rappresenta una esortazione ai fedeli, uno sguardo aperto sul mondo. Altra cosa sono le propositiones, da cui poi scaturirà l’esortazione post-sinodale di Benedetto XVI. E’ un messaggio colmo di ottimismo. “Non ci sentiamo intimoriti – scrivono i padri sinodali – dalle condizioni dei tempi che viviamo. Il nostro è un mondo colmo di contraddizioni e di sfide, ma resta creazione di Dio, ferita sì dal male, ma pur sempre il mondo che Dio ama, terreno suo, in cui può essere rinnovata la semina della Parola perché torni a fare frutto”.
Anche perché, in fondo, “non c’è uomo o donna che, nella sua vita, non si ritrovi, come la donna di Samaria, accanto a un pozzo con un’anfora vuota, nella speranza di trovare l’esaudimento del desiderio più profondo del cuore, quello che solo può dare significato pieno all’esistenza”. Occorre discernere, leggere e diffondere la parola di Dio, guardare alle vite dei santi (in fondo, ogni evangelizzazione, ogni missione è stata in qualche modo “nuova” evangelizzazione), cominciare un percorso di conversione che parte prima di tutto dai pastori.
“Sentiamo sinceramente – scrivono i padri sinodali – di dover convertire anzitutto noi stessi alla potenza di Cristo, che solo è capace di fare nuove tutte le cose, le nostre povere esistenze anzitutto. Con umiltà dobbiamo riconoscere che le povertà e le debolezze dei discepoli di Gesù, specialmente dei suoi ministri, pesano sulla credibilità della missione”. Riconoscere la propria vulnerabilità è il primo passo di una evangelizzazione che in fondo non è una strategia, ma prima di tutto un impegno di vita. “Non si tratta – affermano i padri sinodali – di inventare chissà quali nuove strategie, quasi che il Vangelo sia un prodotto da collocare sul mercato delle religioni, ma di riscoprire i modi in cui, nella vicenda di Gesù, le persone si sono accostate a lui e da lui sono state chiamate, per immettere quelle stesse modalità nelle condizioni del nostro tempo”.
Tutto parte dall’incontro vivo con Gesù, e poi dal testimoniare con la propria presenza e la propria vita il modo in cui questo incontro ha trasformato la propria vita. Da lì, si devono comunque leggere i nuovi segni dei tempi. Ad esempio, “la secolarizzazione, ma anche la crisi dell’egemonia della politica e dello Stato, chiedono alla Chiesa di ripensare la propria presenza nella società, senza peraltro rinunciarvi. Le molte e sempre nuove forme di povertà aprono spazi inediti al servizio della carità: la proclamazione del Vangelo impegna la Chiesa a essere con i poveri e a farsi carico delle loro sofferenze, come Gesù”.
Ma la brocca della samaritana non è del tutto vuota. Perché “anche nelle forme più aspre di ateismo e agnosticismo sentiamo di poter riconoscere, pur in modi contraddittori, non un vuoto, ma una nostalgia, un’attesa che attende una risposta adeguata”.
La prima cellula di evangelizzazione è la famiglia, che pure “è attraversata dappertutto da fattori di crisi, circondata da modelli di vita che la penalizzano, trascurata dalle politiche di quella società di cui è pure la cellula fondamentale, non sempre rispettata nei suoi ritmi e sostenuta nei suoi impegni dalle stesse comunità ecclesiali”. Alle coppie che convivono, ai divorziati risposati, i vescovi ribadiscono la vicinanza di una Chiesa “che li ama anche se non possono ricevere l’assoluzione sacramentale e l’Eucarestia”. E’ stata anche la posizione di Benedetto XVI all’Incontro Mondiale delle Famiglie di Milano. Ma sono cellule di evangelizzazione anche le famiglie di vita consacrata, i movimenti ecclesiali, ai diaconi. Il fulcro di tutto è la parroccia, definita nel documento “fontana del villaggio” come faceva Giovanni XXIII.
Uno sguardo speciale va ai giovani.”Ci stanno a cuore in modo tutto particolare – scrivono i vescovi – perché loro, che sono parte rilevante del presente dell’umanità e della Chiesa, ne sono anche il futuro. Anche verso di loro lo sguardo dei Vescovi è tutt’altro che pessimista. Preoccupato sì, ma non pessimista”.
E poi, la nuova evangelizzazione che si deve realizzare in un impegno dei cristiani nel campo dell’educazione e della cultura, con uno sguardo particolare alle istituzioni formative di ricerca: scuole e università. Infine, il dialogo tra le religioni, che “vuole essere un contributo alla pace, rifiuta ogni fondamentalismo e denuncia ogni violenza che si abbatte sui credenti, grave violazione dei diritti umani. Le Chiese di tutto il mondo sono vicine nella preghiera e nella fraternità ai fratelli sofferenti e chiedono a chi ha in mano le sorti dei popoli di salvaguardare il diritto di tutti alla libera scelta e alla libera professione e testimonianza della fede”.
E al termine del documento, i padri sinodali fanno una panoramica dei cinque continenti. Puntano lo sguardo sull’Africa, cui si chiede di rilanciare la missione evangelica e di “sviluppare l’incontro del Vangelo” con le antiche e nuove culture, mentre ai governi del continente si fa appello perché “nella collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà, siano promossi i diritti umani fondamentali e il continente sia liberato dalle violenze e dai conflitti che ancora lo tormentano”. Si concentrano sul Nordamerica, puntando il dito sulla cultura del consumismo. “Occorre ora riconoscere – dicono i padri sinodali – che molte espressioni della cultura corrente nei paesi del vostro mondo sono oggi lontane dal Vangelo. Si impone un invito alla conversione, da cui nasce un impegno che non vi pone fuori dalle vostre culture, ma nel loro mezzo per offrire a tutti la luce della fede e la forza della vita”. Quindi i padri sinodali spostano lo sguardo a Sud, all’America Latina, dove si è sviluppata tanta pietà popolare ma dove anche il pluralismo religioso (rappresentato dal crescente fenomeno delle sette) esige un ritrovato annuncio del Vangelo. E soprattutto – sottolineano i padri sinodali – “di fronte alle molte sfide del presente, in primo luogo la povertà e la violenza, la Chiesa in America Latina e nei Caraibi è esortata a vivere in uno stato permanente di missione, annunciando il Vangelo con speranza e con gioia, formando comunità di veri discepoli missionari di Gesù Cristo, mostrando nell’impegno dei suoi figli come il Vangelo possa essere sorgente di una nuova società giusta e fraterna”. Lo sguardo si sposta ad Oriente, all’Asia, dove la Chiesa è “una piccola minoranza” ma anche un “seme fecondo” che “cresce nel dialogo con le diverse culture, con le antiche religioni, con i tanti poveri”.
Ed ecco l’Europa, “segnata da una forte secolarizzazione, a volte anche aggressiva, e in parte ancora ferita dai lunghi decenni di potere di ideologie nemiche di Dio e dell’uomo”. Esortano i padri sinodali: “Le difficoltà del presente non vi abbattano, cari cristiani europei: siano invece percepite come una sfida da superare e un’occasione per un annuncio più gioioso e più vivo di Cristo e del suo Vangelo di vita”.
Infine, l’invito alla Chiesa dell’Oceania: “Sentite ancora l’impegno a predicare il Vangelo e a far conoscere Gesù nel mondo di oggi. Vi esortiamo ad incontrarlo nella vostra vita quotidiana, ad ascoltare lui e a scoprire, mediante la preghiera e la meditazione, la grazia di poter dire: «Sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,42)”.
Da come i padri sinodali hanno descritto le Chiese dei cinque continenti, si comprende che in fondo la brocca della Samaritana non è vuota, nonostante l’indifferenza verso la fede, la secolarizzazione, anche la mancanza di un incontro con Gesù abbiano reso questa brocca più leggera, quasi svuotata. Ma è una brocca pronta a ricevere dell’acqua, come la samaritana, che cambia atteggiamento appena riconosce in Gesù un profeta, e poi il Messia.
Il cammino della nuova evangelizzazione – concludono i padri sinodali, riprendendo Benedetto XVI – “potrà apparirci un itinerario nel deserto; sappiamo di doverlo percorrere portando con noi l’essenziale: la compagnia di Gesù, la verità della sua parola, il pane eucaristico che ci nutre, la fraternità della comunione ecclesiale, lo slancio della carità. È l’acqua del pozzo che fa fiorire il deserto. E, come nella notte del deserto le stelle si fanno più luminose, così nel cielo del nostro cammino risplende con vigore la luce di Maria, Stella della nuova evangelizzazione, a cui fiduciosi ci affidiamo”.