Che significato ha il secondo concistoro del 2012?
La nomina che appare più sorprendente è quella che proietta James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia, a prendere la berretta rossa di cardinale e a diventare arciprete della Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura. Sorprendente perché la decisione appare arrivata all’ultimo momento. Nell’annunciare la creazione a cardinale di Harvey, Benedetto XVI dice semplicemente che ha “in animo” di nominarlo arciprete di San Paolo. E subito dopo arriva la notizia che il cardinal Francesco Monterisi, attuale arciprete della Basilica di San Paolo Fuori le Mura, viene nominato membro della Congregazione dei Vescovi.
L’uscita di scena di Harvey in qualche modo chiude il cerchio che si era aperto con la nomina a Reggente della Casa Pontificia di Leonardo Sapienza. Già al tempo della nomina, si era visto Sapienza essere posizionato a fianco a Benedetto XVI, in posti generalmente destinati al Prefetto. Ora per Sapienza probabilmente ci sarà l’ordinazione episcopale e per Georg Gaenswein, segretario di Benedetto XVI, si prospetta un ingresso nella Prefettura della Casa Pontificia, magari proprio al posto lasciato libero da Harvey. Un nuovo posizionamento che darebbe maggiore forza decisionale al segretario particolare del Pontefice, attaccato pesantemente sui media in questi ultimi tempi.
Un gioco di equilibri su cui non poco ha forse pesato il caso Vatileaks, le “suggestioni” ambientali di cui è stato oggetto Paolo Gabriele, quella setta degli scontenti di cui si dice facesse parte anche Harvey, ordinato vescovo, tra l’altro, insieme a Stanislao Dziwisz e Piero Marini. Su Harvey si è puntato il dito come colui che caldeggiò l’assunzione di Paolo Gabriele.
Questo concistoro rappresenta l’ideale completamento del Concistoro di gennaio. Allora, Benedetto XVI volle mettere tutte le caselle a posto, e dare al collegio cardinalizio un profilo marcatamente suo. Oggi, vuole completare quel lavoro, magari attendendo di fare un nuovo concistoro per una nuova tornata di porpore. Ancora non è cardinale, infatti, Gehrard Mueller, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, cui la berretta rossa spetta di diritto, per esempio. Come non lo è ancora Francesco Moraglia, il patriarca di Venezia. In un concistoro “vero”, Mueller avrebbe dovuto aprire la lista dei cardinali, come membro di Curia più eminente. Il fatto che il suo nome non sia presente, lascia molte cose da pensare.
Un lavoro di completamento insomma. Detto di Harvey – che ottiene comunque la berretta a 62 anni e mezzo – viene creato cardinale anche Bechara Boutros Rai, Patriarca di Antiochia dei maroniti. Classe 1940, un passato di studi alla Lateranense, il patriarca Bechara Rai è in Libano un punto di riferimento sicuro e costante per la comunità cristiana. La sua gestione del recente viaggio in Libano di Benedetto XVI è stata impeccabile. Le sue continue prese di posizione in favore della comunità cristiana del Medio Oriente ne hanno fatto un personaggio in vista e apprezzato anche nelle mura vaticane.
La Chiesa indiana ottiene un altro cardinale, dopo che nel concistoro di gennaio era stato creato cardinale Georges Alencherry dei siro-malaberesi. Sarà cardinale Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum, di rito siro-malankerese. Una scelta che testimonia la crescente importanza data all’India e ai suoi riti cristiani, tutti da valorizzare in un panorama di fede a volte confusionario. Un panorama dottrinalmente difficile.
John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, fu chiamato nel 2009 ad essere relatore generale dell’Africa al Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio. Salutò il messaggio finale con entusiasmo, sottolineando come “c’era molta Africa e molta speranza nel continente”. In questi giorni, l’attenzione del sinodo si è spostata su di lui anche per la difficile situazione che vivono i cristiani in Nigeria, vittime di attacchi quasi settimanali. Lui ci ha tenuto a sottolineare che in Nigeria “non c’è una guerra di religione” e ha chiesto ai cristiani “di rispondere alle violenze con la pace”. La berretta cardinalizia rappresenta anche un riconoscimento alla Chiesa di Nigeria, che sta soffrendo.
Difficili le sfide che sta affrontando Rubén Salazar Gòmez, arcivescovo di Bogotà, Colombia. Classe 1942, Salazar è stato parroco, professore nel Seminario, direttore del Dipartimento di Pastorale Sociale della Conferenza Episcopale Colombiana, e Vicario per la Pastorale. Nella sua carriera di vescovo ( prima di Bogotà, ha retto le diocesi di Cucuta e Barranquilla) si è distinto anche per appelli per la liberazione degli ostaggi del Narcotraffico e per un lavoro importante portato avanti con la Croce Rossa Internazionale in territorio colombiano.
E infine, sarà cardinale Luis Antonio Tagle, 54 anni. Tagle sembrava dovesse essere creato cardinale già nell’ultimo concistoro. Una possibile creazione che fu oggetto di qualche polemica. Perché Tagle aveva fatto parte della squadra di Giuseppe Alberigo e Alberto Melloni che ha scritto la Storia del Concilio. Una storia che legge il Concilio sulla scia dell’ermeneutica della rottura, alla quale Benedetto XVI ha contrapposto l’ermeneutica della continuità.
Con il Concistoro del 24 novembre (il quinto di Benedetto XVI), saranno in tutto novanta i cardinali nominati da Benedetto XVI. In quella data, il Collegio Cardinalizio sarà composto da 211 cardinali, di cui 120 elettori e 91 ultraottantenni. E dei 120 elettori, molto più della metà (quasi i due terzi) saranno quelli nominati da Benedetto XVI. Che, nonostante gli attacchi interni ed esterni, ha proseguito implacabile e chirurgico il rinnovamento della Curia e del collegio cardinalizio. Potrebbe riuscire a Benedetto XVI quello che non è riuscito a Giovanni Paolo II, e cioè di creare cardinale il suo successore (Ratzinger era stato creato cardinale da Paolo VI).
E’ un Papa che ora ha preso chiaramente in mano anche la situazione curiale, ed è forse da questa insofferenza che sono venuti prima gli attacchi al concistoro di gennaio (definito da alcuni commentatori troppo “italiano” e “orientato verso Bertone”) e poi le indiscrezioni della mattinata di oggi, quando la creazione di questi sei cardinali è stata letta da alcuni commentatori come un avviso al cardinal Bertone, un ri-aggiustamento di equilbri. La spiegazione non sembra nemmeno logica. Ovviamente nel fare nomine si scelgono persone di diretta fiducia, magari amici, e né il Papa né Bertone sono stati immuni da questa debolezza. Ma è importante, nel rimettere ordine, di poter disporre di alleati fedeli.
E intanto si aspetta il processo del 5 novembre al tecnico informatico Claudio Sciarpelletti. Lì dovrebbe testimoniare anche monsignor Carlo Maria Polvani, capo dell’ufficio informazioni della Segreteria di Stato e nipote di monsignor Carlo Maria Viganò, le cui proteste per la sua nomina di nunzio apostolico a Washington (condite da lettere di fuoco sulla “corruzione” che ci sarebbe stata in Vaticano e che lui era impedito di ripulire) avevano fatto iniziare il caso Vatileaks. Viganò ha già avuto modo di avere un lungo colloquio con Benedetto XVI prima della partenza per Washington. E oggi, all’udienza generale, è stato visto fare il baciamano a Benedetto XVI, e con l’occasione parlare con il pontefice. Forse è venuto per perorare la causa di suo nipote?