Il Papa proclama sette nuovi santi. “Possa la loro testimonianza parlare oggi a tutta la Chiesa”

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“Possa la testimonianza dei nuovi Santi, della loro vita generosamente offerta per amore di Cristo, parlare oggi a tutta la Chiesa, e la loro intercessione possa rafforzarla e sostenerla nella sua missione di annunciare il Vangelo al mondo intero”. Benedetto XVI ricorda uno ad uno le vite dei sette nuovi santi da lui canonizzati in una piazza San Pietro gremita da circa quarantamila persone. Sette testimoni della fede, accomunati dalla frase del Vangelo della domenica che non a caso Benedetto XVI cita all’inizio dell’omelia: “Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

Benedetto XVI ha voluto proclamare questi sette nuovi santi all’inizio dell’Anno della Fede per rilanciare l’annuncio del cristianesimo nel mondo intero. Perché tutti e sette i nuovi santi sono evangelizzatori: lo è stato Pedro Calungsod, giovane catechista che aiutava i missionari gesuiti nelle Filippine, e che è morto insieme al superiore della missione perché era andato a diffondere la fede cristiana e convincere a far battezzare i bambini; lo era Maria Anna Barbara Cope, che morì per curare i lebbrosi nell’isola di Molokai, nelle Hawaii; lo era Anna Schaeffer, la cui missione di evangelizzazione passa dall’accettazione della sua invalidità permanente, e nel fare del letto cui resta costretta tutta la vita un luogo di conforto per tutti; lo era Giovanni Battista Piamarta, fondatore di congregazioni e di case editrici, apostolo dell’educazione dei giovani; lo era Maria Carmen Salles y Baranguera, che nella sua breve vita ha l’intuizione che l’evangelizzazione passa attraverso l’educazione cristiana; lo era Jacques Berthieu, gesuita innamorato di Dio e del popolo malgascio, che davanti a un plotone di esecuzione rinuncia ad abiurare alla sua fede e diventare un capo e consigliere dalla comunità malgascia per non rinnegare la sua fede in Gesù; e lo era, infine, Caterina Tekawitha, la prima santa pellerossa, che professò sempre la fede cristiana e difesa la sua verginità in una tribù che la ostacolò in ogni modo possibile per la sua fede.

Sono questi gli esempi che Benedetto XVI ha voluto dare nell’Anno della Fede, che è anche il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Per l’occasione, Benedetto XVI indossa il fanone papale, un paramento liturgico riservato al Papa ed usato nella messa pontificale, una doppia mozzetta di sottilissima seta tessuta a strisce parallele di colore rosso, bianco, giallo-oro ed amaranto. È un paramento di grande significato: le fasce verticali di colore oro e argento rappresentano l’unità e l’indissolubilità della Chiesa latina e orientale, e il fanone rappresenta lo scudo della Fede che protegge la Chiesa cattolica, rappresentata dal Papa.

Tutto, nel rito di canonizzazione e nella Messa, vuole significare che è la fede che protegge la Chiesa, e ne è il centro. Un messaggio ancora più importante nel giorno della Giornata Missionaria del Mondiale. Già nel discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, il Papa riconobbe che  “se la libertà di religione viene considerata come espressione dell’incapacità dell’uomo di trovare la verità e di conseguenza diventa canonizzazione del relativismo”, allora essa può dar luogo all’idea che tutte le religioni hanno pari valore e che la propagazione missionaria della fede cattolica non abbia più ragione d’essere. E già nel 1990, Giovanni Paolo II dedicò un’enciclica, la Redemptoris Missio, all’osservanza del mandato di Gesù a far discepoli e a battezzare tutti i popoli.

Ricorda, Benedetto XVI, che il programma di vita “dei sette beati che oggi la Chiesa iscrive solennemente nella gloriosa schiera dei santi”, è stato questo passo del Vangelo di Marco:  il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti. “Con eroico coraggio – dice il Papa – essi hanno speso la loro esistenza nella totale consacrazione a Dio e nel generoso servizio ai fratelli. Sono figli e figlie della Chiesa, che hanno scelto la via del servizio seguendo il Signore”. È il mistero della redenzione la sorgente della santità, ricorda Benedetto XVI. Il quale lega nell’omelia il Vangelo alla prima lettura, e ricorda il passo di Isaia in cui si sottolinea come il Servo del Signore è il Giusto che “giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità”. E questi – afferma il Papa – “è Gesù Cristo, crocifisso, risorto e vivo nella gloria. L’odierna canonizzazione costituisce un’eloquente conferma di tale misteriosa realtà salvifica. La tenace professione di fede di questi sette generosi discepoli di Cristo, la loro conformazione al Figlio dell’Uomo risplende oggi in tutta la Chiesa”.

E, dopo aver raccontato brevemente una per una le vite dei nuovi santi, Benedetto XVI conclude l’omelia: “Questi nuovi Santi, diversi per origine, lingua, nazione e condizione sociale, sono uniti con l’intero Popolo di Dio nel mistero di salvezza di Cristo, il Redentore. Insieme a loro, anche noi qui riuniti con i Padri sinodali venuti da ogni parte del mondo, con le parole del Salmo proclamiamo al Signore che «egli è nostro aiuto e nostro scudo», e lo invochiamo: «Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo» (Sal 32,20-22)”.

Al termine della celebrazione, prima di recitare l’Angelus, Benedetto XVI rivolge un pensiero alla Regina di tutti i Santi, e di rimando a Lourdes .Lì una grave esondazione del fiume Gave ha allagato la grotta delle apparizioni. “In particolare – dice il Papa – vogliamo oggi affidare alla materna protezione della Vergine Maria i missionari e le missionarie – sacerdoti, religiosi e laici – che in ogni parte del mondo spargono il buon seme del Vangelo”. E aggiunge:  “Preghiamo anche per il Sinodo dei Vescovi, che in queste settimane si sta confrontando con la sfida della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Poi saluta tutte le delegazioni arrivate in occasione della beatificazione, riprende l’esempio dei loro santi, ne saluta i rappresentanti delle congregazioni da loro fondate presenti in piazza San Pietro.

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