Giornata missionaria: la missionarietà alla luce del Concilio Vaticano II

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In occasione della celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, papa Benedetto XVI, scrive nel messaggio ‘Chiamati a far risplendere la Parola di verità’, frase ripresa dalla lettera apostolica ‘Porta Fidei’, che tale giornata ha un significato speciale: “La ricorrenza del 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, l’apertura dell’Anno della fede e il Sinodo dei Vescovi sul tema della nuova evangelizzazione concorrono a riaffermare la volontà della Chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missio ad gentes perché il Vangelo giunga fino agli estremi confini della terra. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, con la partecipazione dei Vescovi cattolici provenienti da ogni angolo della terra, è stato un segno luminoso dell’universalità della Chiesa, accogliendo, per la prima volta, un così alto numero di Padri Conciliari provenienti dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina e dall’Oceania. Vescovi missionari e Vescovi autoctoni, Pastori di comunità sparse fra popolazioni non cristiane, che portavano nell’Assise conciliare l’immagine di una Chiesa presente in tutti i Continenti e che si facevano interpreti delle complesse realtà dell’allora cosiddetto ‘Terzo Mondo’. Ricchi dell’esperienza derivata dall’essere Pastori di Chiese giovani ed in via di formazione, animati dalla passione per la diffusione del Regno di Dio, essi hanno contribuito in maniera rilevante a riaffermare la necessità e l’urgenza dell’evangelizzazione ad gentes, e quindi a portare al centro dell’ecclesiologia la natura missionaria della Chiesa”.

 

Citando i suoi predecessori papa Paolo VI e papa Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI ribadisce che l’annuncio e la testimonianza sono compiti del cristiano: “Non meraviglia quindi che il Concilio Vaticano II e il successivo Magistero della Chiesa insistano in modo speciale sul mandato missionario che Cristo ha affidato ai suoi discepoli e che deve essere impegno dell’intero Popolo di Dio, Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici. La cura di annunziare il Vangelo in ogni parte della terra spetta primariamente ai Vescovi, diretti responsabili dell’evangelizzazione nel mondo, sia come membri del collegio episcopale, sia come Pastori delle Chiese particolari. Essi, infatti, ‘sono stati consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo’ (Redemptoris missio, 63), ‘messaggeri di fede che portano nuovi discepoli a Cristo’ e rendono ‘visibile lo spirito e l’ardore missionario del Popolo di Dio, sicché la diocesi tutta si fa missionaria’ (Ad Gentes, 20 e 38). Il mandato di predicare il Vangelo non si esaurisce perciò, per un Pastore, nell’attenzione verso la porzione del Popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali, né nell’invio di qualche sacerdote, laico o laica fidei donum. Esso deve coinvolgere tutta l’attività della Chiesa particolare, tutti i suoi settori, in breve, tutto il suo essere e il suo operare.

 

Il Concilio Vaticano II lo ha indicato con chiarezza e il Magistero successivo l’ha ribadito con forza. Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere Chiesa, specialmente nel nostro mondo in continuo cambiamento… Anche oggi la missione ad gentes deve essere il costante orizzonte e il paradigma di ogni attività ecclesiale, perché l’identità stessa della Chiesa è costituita dalla fede nel Mistero di Dio, che si è rivelato in Cristo per portarci la salvezza, e dalla missione di testimoniarlo e annunciarlo al mondo, fino al suo ritorno. Come san Paolo, dobbiamo essere attenti verso i lontani, 1quelli che non conoscono ancora Cristo e non hanno sperimentato la paternità di Dio, nella consapevolezza che ‘la cooperazione missionaria si deve allargare oggi a forme nuove includendo non solo l’aiuto economico, ma anche la partecipazione diretta all’evangelizzazione’ (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 82). La celebrazione dell’Anno della fede e del Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio della cooperazione missionaria, soprattutto in questa seconda dimensione”.

Ed in un incontro sulla missionarietà il Pime ha ricordato che il Concilio Vaticano II è stato un avvenimento fondamentale anche per la sua storia: tra i 2.500 vescovi di tutto il mondo che tra il 1962 e il 1965 si riunirono a Roma sotto la guida di papa Giovanni XXIII (e poi di papa Paolo VI), vi furono infatti anche quattordici padri del Pime: due arcivescovi e dodici vescovi. Anche loro presero parte al dibattito su come ripensare la liturgia, la vita della Chiesa, la missione nel mondo contemporaneo. E i documenti del Vaticano II sarebbero poi diventati la bussola a partire dalla quale, nel 1971, il Pime si sarebbe ripensato nel suo Capitolo straordinario di aggiornamento. Al Concilio l’Istituto portò l’esperienza dei vescovi espulsi dalla Cina comunista, alcuni dei quali avevano sperimentato il carcere. E poi quella dei vescovi che svolgevano il loro ministero in Birmania, in India e nell’allora Pakistan Orientale (oggi Bangladesh), o dei due prelati di Macapá e Parintins, in Amazzonia.

I vescovi del Pime portarono un prezioso contributo nel dibattito sul decreto ‘Ad Gentes’ per quanto riguarda il tema dell’inculturazione con le parole di mons. Pietro Massa, vescovo (esiliato) di Nanyang: “Durante i lunghi anni trascorsi nelle missioni di Cina, mi sono formato questa convinzione: che non sono principalmente le esigenze della fede a impedire ai cinesi di abbracciare il cristianesimo, poiché, in effetti, i costumi di questo nobile popolo  si possono dire ‘naturalmente cristiani’. Ma la grande difficoltà è che, diventando cristiano, egli deve dire addio a tutto un assieme di antiche istituzioni, ai costumi stabiliti dai suoi antenati ed aderire a un culto straniero che gli viene rimproverato come un crimine”. E le statistiche dell’Agenzia Fides riportano che nel 2011 sono stati uccisi 26 operatori pastorali, uno in più rispetto all’anno precedente: 18 sacerdoti, 4 religiose, 4 laici. Per il terzo anno consecutivo, con un numero estremamente elevato di operatori pastorali uccisi, figura al primo posto l’America, bagnata dal sangue di 13 sacerdoti e 2 laici; segue l’Africa, dove sono stati uccisi 6 operatori pastorali: 2 sacerdoti, 3 religiose, 1 laico; quindi l’Asia, dove hanno trovato la morte 2 sacerdoti, 1 religiosa, 1 laico; in Europa è stato ucciso un sacerdote.

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