Sinodo: nuova evangelizzazione aiuti a “scoprire le tracce di Dio nella vita quotidiana”

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Gli interventi dei capi dicastero

È multiforme il volto della Chiesa che emerge dalle Congregazioni Generali del Sinodo dei Vescovi, in corso in Vaticano. La XII e la XIII si sono svolte ieri pomeriggio e stamattina. Parlano i pastori di ogni parte del mondo e intervengono anche i capi dicastero della Curia romana, ciascuno nel proprio ambito di competenza. Così il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, richiama la condizione “in alcuni casi di persecuzione e più frequentemente di esodo, in cui vivono molti cristiani orientali”. E si fa portavoce “del loro desiderio di essere pensati e valorizzati non come minoranza, bensì come presenza: quella del lievito evangelico che fermenta tutta la pasta”. La storia della Chiesa “registra santi di ogni età, di ogni paese, di ogni razza, lingua o cultura” osserva il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e se si insiste su questo tema è perché “nei santi la Chiesa offre alle genti lo spettacolo edificante del Vangelo vissuto, testimoniato e proclamato sine glossa”. Monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ha ribadito che attraverso il servizio ai malati la Chiesa testimonia la “diaconia della carità”, che è centrale nella sua missione. Secondo il cardinale Monteiro De Castro, Penitenziere Maggiore, i fedeli devono “prendere consapevolezza della gravità del peccato in un mondo che ha perso ‘il senso del peccato’ ”, riscoprendo il “il sacramento della riconciliazione nel confessionale”. Il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, monsignor Celli, ritiene che la nuova evangelizzazione richieda attenzione alle “novità del contesto culturale”, ma anche a quelle dei “metodi da utilizzare”. Oggi “l’arena digitale non è uno spazio ‘virtuale’ meno importante del mondo ‘reale’ e, se la Buona Novella non è proclamata anche ‘digitalmente’, corriamo il rischio di abbandonare molte persone, per le quali questo è il mondo in cui ‘vivono’ ”, avverte. “La Chiesa è già presente nello spazio digitale, ma la prossima sfida è cambiare il nostro stile comunicativo per rendere tale presenza efficace” ha precisato monsignor Celli, certo che “non possiamo diluire i contenuti della nostra fede, ma trovare nuovi modi per esprimerla nella sua pienezza”.

Linguaggio e inculturazione

Diversi vescovi hanno riflettuto sul tema del linguaggio e dell’inculturazione. Una buona sintesi la si ritrova nell’intervento del cardinale Laurent Mosengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, che si è interrogato su quale “linguaggio utilizzare per comunicare il Dio di Gesù Cristo all’uomo contemporaneo che ha smesso di porsi la questione di Dio o che la pone in modo errato”, parlando poi dell’inculturazione come di un “processo, mai concluso, di incarnazione della vita cristiana e del messaggio cristiano nelle culture”. L’evangelizzazione, nota il cardinale, non è “un atto compiuto una volte per tutte”, ma “un dialogo permanente tra il messaggio evangelico e la cultura, che per sua natura è dinamica e instabile”. “Il Vangelo non cambia – aggiunge il vescovo serbo Ladislav Nemet –, ma la sua proclamazione può rivestire forme diverse a seconda dei contesti culturali dei nostri tempi”.

La missione delle congregazioni religiose

Da padre José Rodríguez Carballo, ministro generale dei Frati Minori, è provenuto il richiamo ai nuovi evangelizzatori perché siano “animati da una fede retta”, “alimentata da un’intensa vita di preghiera”: “La passione per il Signore – ha aggiunto – deve essere accompagnata dalla passione per gli uomini, soprattutto i più poveri”. Il Maestro Generale dei Domenicani, padre Bruno Cadoré, ha ricordato che l’impegno dell’evangelizzatore “trova la sua gioia e la sua forza nella contemplazione”. Agli ordini religiosi si è rivolto stamane il cardinale Toppo, presidente della Conferenza episcopale indiana, perché diventino “di nuovo missionari”. Nei secoli “hanno fatto cose straordinarie e meravigliose”, ma è ancora così? “È possibile – si è domandato – che abbiano iniziato a operare come multinazionali, svolgendo tanto lavoro buono e necessario per rispondere ai bisogni materiali dell’umanità, dimenticando tuttavia che il fine principale della loro fondazione era quello di portare il kerygma, il Vangelo, a un mondo perduto?”.

Le sfide per l’uomo e per la Chiesa

La riflessione si allarga alle sfide e ai problemi che oggi interessano l’uomo in ogni continente, cui la Chiesa offre la testimonianza e l’annuncio. Ma se la fede “può generare l’inquietudine del cuore che intuisce di trovarsi davanti alla verità e al bene a lungo ricercati”, teorizza il vescovo spagnolo González Montes, può anche “provocare un’opposizione al Vangelo, quando la verità proclamata è percepita come ostacolo alla propria libertà e alla propria idea di felicità”. Accade così che l’uomo rifiuti il messaggio della Chiesa perché “il Vangelo chiede la conversione e la rinuncia alla costruzione di un mondo ‘senza Dio e senza Cristo’ ”. Monsignor Mario Grech, vescovo di Gozo, ritiene fondamentale che la Chiesa stia accanto a tante coppie di fatto o divorziati risposati che vogliono proseguire un cammino di fede. “Per le coppie di fatto che sentono l’insegnamento del Magistero come un macigno sulla loro testa e sui loro cuori, e trovano difficoltà a riconciliarsi con la Chiesa e forse con Dio, l’avere la Chiesa che cammina accanto a loro si rivela veramente come buona notizia”.

“Scoprire le tracce di Dio”

Se da una parte emerge una “stanchezza della fede”, soprattutto in Europa, il vescovo ugandese Wanok rivela che nell’Africa orientale, “c’è un desiderio crescente da parte di molti di conoscere e comprendere la Parola di Dio”. Secondo monsignor Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, la nuova evangelizzazione deve allora “aiutare le persone a portare alla luce questi rivoli di fede, accompagnarle nel loro cammino e aiutarle a scoprire le tracce di Dio nella vita quotidiana”.

Le voci della Chiesa che soffre

L’ultimo intervento di stamattina è stato quello di monsignor Joseph Werth, vescovo in un Paese in cui il comunismo “ha lasciato tracce profonde e spaventose”. La Chiesa in Russia costruisce oggi “sulle fondamenta dei martiri del XX secolo”, nota Werth, e si trova adesso impegnata in un “processo vero e proprio di studio degli insegnamenti del concilio Vaticano II”, che “durerà dall’11 ottobre 2012 all’8 dicembre 2015”. Dei martiri d’Albania ha parlato monsignor Cristoforo Palmieri e dell’esodo dei cristiani in Iraq monsignor Shlemon Warduni. Voci che riecheggiano le parole del vescovo cinese Lucas Ly Jingfeng, un messaggio del quale è stato letto stamane in apertura dei lavori. “La nostra Chiesa in Cina”, scrive, ha “sopportato cinquanta anni di persecuzioni”, conservando una fede “indefettibile fino a oggi”. Il vescovo ha rilevato che fuori dalla Cina “la tiepidezza, l’infedeltà e la secolarizzazione dei fedeli si sono contagiate a molti chierici”. Nella Chiesa cinese, invece, “i laici sono più pii dei chierici. Non possono forse la pietà, la fedeltà, la sincerità e la devozione dei laici cristiani cinesi scuotere i chierici esterni?”. “Credo comunque – ha poi concluso – che la nostra fede di cristiani cinesi possa consolare il Papa”.

Una precisazione

Negli interventi liberi di ieri sera si è discusso anche riguardo la proiezione del filmato sulla demografia islamica proposto sabato dal cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. La maggioranza dei Padri non si è dimostrata d’accordo. “Non è una crociata contro l’Islam – ha rettificato il cardinale Turkson – vuole essere soltanto un documento contro una certa politica di pianificazione delle nascite”.

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