Credere ancora? In un libro una guida all’ Anno della Fede

Da pochi giorni è in libreria un libro che sembra davvero una guida per l’ Anno della Fede. L’autore, Paolo Fucili, ha riletto le parole di Benedetto XVI e soprattutto pone dei temi utili alla discussione. Un libretto agile e molto adatto al lavoro pastorale con i giovani. Del resto Fucili ha già scritto libri proprio dedicati ai giovani: ” Giovani, Cristo vi chiama” per i tipi di Rogate. Ora torna in libreria con ” Credere ancora” per la Elledici. Gli abbiamo posto qualche domanda.
La fede non è questione di un anno. Sul retro della copertina è la prima frase che descrive il contenuto di “Credere ancora?”. Prima ovvia domanda: ma ha ancora senso indire “anni speciali” o piuttosto il lavoro va fatto alla “base” giorno per giorno?
Se proprio devo scegliere dico la seconda affermazione. Perché però l’una esclude l’altra per forza? Straordinario e ordinario convivono sempre nella Chiesa. Pensiamo ai santi e alle regole per “diventare” tali: ci vuole un miracolo, un fatto appunto straordinario, e la pratica eroica delle virtù cristiane, “stile” di tutta una vita. Oppure il calendario liturgico, fatto di solenni feste alternate a lunghi tempi ‘ordinari’. Indire anni speciali su Eucarestia, sacerdozio o fede, o anche speciali grandi eventi (le Giornate mondiali della gioventù, esempio classico) può sembrare in effetti uno scimmiottare ‘strategie’ di marketing o pubblicità. Prendiamoli invece con realismo come occasioni di far scoccare una scintilla, e in tempi come questi di indifferenza generale a Dio già non è poco. Ma il fuoco della fede, per divampare, certo va alimentato di ben altro.
Che domande si fa oggi un cattolico non troppo praticante, ma che legge i giornali con tante imprecisioni sulla vita della Chiesa e sulla Fede?
Domande legittime, che ci facciamo tutti, quando scandali oggettivamente gravi come gli attuali tengono banco; domande però pure “parziali”, relative cioè a una “parte” sola della vita della Chiesa. E qui si impone una considerazione a cui accenno soltanto. Se della Chiesa fa notizia solo la “patologia”, denunciare l’atavico gusto del giornalismo per la brutta notizia o il diffuso pregiudizio contro la Chiesa è giusto, ma anche un po’ scontato. Anche la Chiesa deve imparare a immettere meglio, nel circuito mediatico della comunicazione di massa, il racconto della sua “fisiologia”.
Hai messo in luce una serie di obiezioni classiche post conciliari che sembravano superate, una per tutte: Cristo si Chiesa no. Ma che senso hanno oggi?
Davvero son superate, queste obiezioni? Dal mio punto di vista no. Quante volte sento persone affermare con superficialità e pure disprezzo “io sono cristiano, ma non cattolico”! Cristo è il più affascinante e rivoluzionario personaggio della storia, e proprio per questo, in fondo, anche il più equivocato, ancora oggi. In ogni caso, si legge nel Vangelo, è stato onesto coi suoi discepoli: ostilità e incomprensioni erano largamente preventivate anche per noi.
Sei un giornalista e lavori in un testata cattolica. Quanto sono gravi le responsabilità proprio dei media cattolici che sembrano voler “nascondere” a volte la verità della fede per un mal compreso rapporto con il mondo?
Certo la fede con le sue verità è un argomento difficile da adattare a formati, regole e prassi consolidate del giornalismo. Non si tratta banalmente di parlare di paradiso, come voleva Celentano a Sanremo, per essere media cattolici legittimati ad esistere. Ma un assaggio di paradiso, in fondo, non possiamo averlo già su questa terra, quando la vita e le sue infinite storie ci fan sentire che siamo fatti per la bellezza, l’amore, la giustizia, la verità, la felicità? Non è questa, a ben vedere, la sostanza più autentica della fede, come insegna il nostro grande Benedetto XVI? Raccontiamole allora, queste storie, con la consapevolezza che la fede non è un paraocchi, semmai una formidabile chiave di lettura dell’uomo e delle sue infinite profondità. Il panorama dei media cattolici lo vedo migliorabile di sicuro, ma non all’anno zero. Spesso, semmai, il problema è poca originalità e troppa sudditanza culturale verso altre chiavi di lettura che dell’uomo non leggono un bel niente.
Il libro è scritto con la passione di chi è un po’ stanco di leggere e sentire sulla fede e sulla Chiesa solo luoghi comuni…..
La “passione”, come tu dici, sono lieto di averla trasmessa un poco. Quanto ai luoghi comuni, un piccolo libro di un ancora più piccolo autore può far ben poco… Mi accontenterei anche solo di mettere una pulce nell’orecchio a qualche lettore mio amico…