Sinodo: come annunciare Cristo a un mondo che lo ignora?
Ma in quale modo concreto procede oggi l’azione evangelizzatrice, mentre “per molti contemporanei fa parte della modernità – denuncia il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia – il non essere affatto interessati alle questioni religiose”? Secondo il vescovo honduregno Juan José Pineda Fasquelle, è la comunità parrocchiale che deve mantenersi in uno “stato di missione permanente”, ritenendo che essa “rappresenti la porta per la trasmissione della fede e dell’esperienza ecclesiale, il centro di irradiazione e di testimonianza della vita cristiana, il luogo di ricerca della verità, di rafforzamento della fede, di comunicazione del messaggio, la comunità in cui si vive la gioia dello Spirito nonché la sede della missione”. Il vescovo vietnamita Joseph Vu Duy Thong trova che sia pertinente “pensare affettivamente con la Chiesa universale e agire effettivamente nella Chiesa locale”, osservando che un buon programma pastorale “certamente darà frutti che ravvivano tutta la comunità parrocchiale”.
Secondo monsignor Yves Le Saux, vescovo di Le Mans, in Francia, “occorre osare parlare di Dio, risvegliare nel cuore dell’uomo la nostalgia di Dio” e la trasmissione della fede passa innanzitutto “da persona a persona”. Risulta allora decisivo il ruolo della famiglia: per il vescovo vietnamita Joseph Nguyen Nang “i genitori sono i primi catechisti” e cita poi l’esempio di molte persone non cristiane che, assistendo a riti cattolici in occasione di matrimoni e funerali e sentendo parlare, per la prima volta, del senso della vita, della resurrezione e della speranza escatologica, tornano in chiesa per ricevere l’insegnamento religioso. Secondo il Prelato dell’Opus Dei, monsignor Javier Echevarría, vescovi e sacerdoti devono essere “maestri di santità”. “È chiaro che la Chiesa non si riduce ad un’agenzia sociale – nota il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum –, ma la sfida per noi è proprio quella di ricondurre, attraverso l’opera di carità, al Dio che è carità”. E il vescovo argentino Jorge Eduardo Lozano incoraggia a mettere al centro delle attenzioni pastorali i poveri e gli emarginati, nei cui volti v’è “il volto sofferente di Cristo”.
Ma hanno importanza anche la cura delle omelie e, teorizza monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo di Minsk, in Bielorussia, “il potenziale dei media (…) per aiutare l’uomo a trovare Cristo e vivere della sua verità”. Padre Robert Francis Prevost, priore generale degli Agostiniani, ha articolato in proposito quello che è oggi un vero paradosso. L’odierno immaginario relativo alla fede religiosa e all’etica è largamente modellato dai mass media, soprattutto televisione e cinema, che suscitano nel pubblico grande interesse per credenze e pratiche che sono in contrasto con il Vangelo. Ma questa simpatia è tale che “quando le persone ascoltano il messaggio cristiano, esso appare inevitabilmente ideologico e emotivamente crudele rispetto all’apparente umanità della prospettiva anti-cristiana”. Vera missione della Chiesa è allora di far conoscere alle persone “la natura del mistero come antidoto contro lo spettacolo”.
Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, cardinale Gianfranco Ravasi, ha evidenziato che “nella cultura contemporanea sono molti i crocevia che l’evangelizzazione non può evitare”: quello del linguaggio, l’orizzonte della secolarizzazione, nel cui ambito sta operando il “Cortile dei Gentili”, l’arte le culture giovanili con le loro esperienze socializzanti come la pratica sportiva o il costante ricorso alla musica, e infine il mondo della scienza e della tecnica. “All’incompatibilità tra scienza e fede e alla prevaricazione dell’una sull’altra e viceversa – suggerisce il cardinale – è necessario sostituire il reciproco riconoscimento della dignità dei rispettivi statuti epistemologici: la scienza si dedica alla ‘scena’, cioè al fenomeno, mentre la teologia e la filosofia si rivolgono al ‘fondamento’. Distinzione, quindi, ma non separatezza ed esclusione reciproca, essendo unico e comune l’oggetto, ossia l’essere e l’esistere”. A tal fine è indispensabile “il dialogo senza arroganza e senza la confusione dei livelli e degli approcci specifici”.
“Come possiamo evangelizzare coloro che sono stati profondamente feriti da uomini di Chiesa coinvolti in abusi sessuali?”, si è chiesto il vescovo canadese Brian Joseph Dunn, che ha poi fornito diversi suggerimenti, tra i quali un’opportunità “di ascolto e comune discernimento per comprendere la profondità del dolore, della rabbia e della delusione derivanti da questo scandalo”.
Nell’ora dedicata agli interventi liberi, al termine della Congregazione Generale di ieri pomeriggio, 11 ottobre, sono intervenuti ben 15 Padri, rimasti però anonimi. Un Padre ha criticato l’intervento del cardinale Erdó sul continente europeo, notando che al Sinodo c’è una maggioranza “un po’ pessimista” – ha riferito monsignor Giorgio Costantino, addetto stampa del gruppo linguistico italiano – e che in Europa tanti capi di governo sono cristiani, ma permane una difficoltà a riconoscere le radici cristiane del continente, facendo infine una battuta: “Don Camillo non c’è più, c’è solo Peppone. Chiediamo a lui di occuparsi della Chiesa, dei battesimi, perché possiamo avere anche dei ministri laici che evangelizzano”. Un cardinale si è soffermato sulla fede delle persone semplici, mentre un Padre ha rilevato che i preti si esprimono in maniera difficile nelle omelie, invitando tutti a parlare come Gesù. Un altro ha obiettato che nella Relazione di apertura del Sinodo è stato adoperato un latino bellissimo ma molto difficile. Un Padre ha notato che il diritto civile è un settore vitale per l’evangelizzazione. C’è chi ha evidenziato il ruolo dei laici cristiani nei mass media, richiamando il successo che ha avuto in Messico un film sulla persecuzione dei cristiani (For Greater Glory, The True Story of Cristiada ndr). Un Padre ha invitato a “vincere il pessimismo”, non dimenticando che “la nostra vita è con Cristo”. A un mondo sempre più forte bisogna contrapporre l’esempio dei piccoli, ha osservato un Padre riproponendo il modello di Santa Teresina. Un vescovo ha parlato infine delle visite alle famiglie da parte di sacerdoti e laici mandati dall’ordinario.
Una piccola curiosità. Oggi il Papa ha pranzato nell’Aula Paolo VI con i partecipanti alla XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, alcuni dei presuli che hanno preso parte come Padri al Concilio Ecumenico Vaticano II, i patriarchi e arcivescovi delle Chiese orientali cattoliche e un centinaio di presidenti di Conferenze episcopali di tutto il mondo. Erano inoltre presenti il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e l’Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione Anglicana, Rowan Williams. Questo il menù del pranzo: carpaccio di tonno rosa con insalatina novella, risotto radicchio di Treviso e cubetti di zucca, tagliata di pesce spada alla griglia con patate e zucchine al burro, strudel con crema di mele.