I numeri del Concilio
Questo al fine di favorire nei fedeli una maturazione interiore dei frutti del Concilio. Il 3 gennaio 1966 venivano invece costituite con il motu proprio Finis Concilio Oecumenico Vaticano II cinque Commissioni postconciliari per rendere effettive le nuove leggi emanate dal Concilio: dei Vescovi e del governo delle diocesi, dei Religiosi, delle Missioni, dell’Educazione cristiana, dell’Apostolato dei laici. Sopra queste, composte dalle stesse persone che avevano fatto parte delle Commissioni conciliari con lo stesso nome, fu posta una Commissione centrale postconciliare al fine di coordinarle. Diversi gli organismi che vennero creati per concretizzare le decisioni del Concilio. Tra di essi la Commissione per la revisione del Diritto canonico, annunciata da Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, poi creata il 28 marzo 1963, con il compito di entrare in azione appena terminato il Concilio; il Consilium per l’applicazione delle norme contenute nella Costituzione liturgica, annunciato da Paolo VI il 25 gennaio 1964 e costituito nel marzo successivo; la Pontificia commissione per le comunicazioni sociali, la cui istituzione originaria risale al 1948, ma che subì vari mutamenti in tappe successive; il Segretariato per l’unione dei cristiani, che aveva già operato durante il Concilio, doveva continuare il dialogo con i fratelli separati, già iniziato con gli Osservatori delegati delle Chiese non cattoliche nell’assise conciliare; il Segretariato per i non cristiani, costituito il 17 maggio 1964, che doveva lavorare in vista di una migliore conoscenza reciproca dei seguaci delle varie religioni non cristiane (ebraismo, islamismo, buddismo, induismo) con la Chiesa cattolica; il Segretariato per i non credenti, istituito il 9 aprile 1965, con lo scopo di studiare i vari ateismi, per istituire un dialogo, ove questo fosse possibile. Tra gli organismi auspicati dal Concilio e che sarebbero nati negli anni seguenti, v’era un Segretariato per il coordinamento e il potenziamento dell’Apostolato dei laici; un Comitato rivolto a promuovere l’azione dei cattolici per la giustizia sociale, la pace e il progresso dei Paesi in via di sviluppo; una Commissione per lo studio e l’applicazione dei principi contenuti nella Dichiarazione sull’Educazione cristiana.
Discorso a parte merita il Sinodo dei Vescovi, annunciato da Paolo VI il 15 settembre 1965, con il motu proprio Apostolica sollicitudo, e che sarebbe stato composto da vescovi eletti dalle Conferenze episcopali, da rappresentanti dei religiosi, dai cardinali prefetti dei dicasteri romani e da membri eventualmente nominati dal Papa, con mandato per una sola riunione. Il Sinodo, che sarebbe stato riunito per la prima volta nel 1967, avrebbe anche avuto un Segretario permanente. Tra i documenti successivi, sono da ricordare: l’istruzione Matrimonii sacramentum (18 marzo 1966); il decreto sui matrimoni misti Crescens matrimoniorum (22 febbraio 1967); il motu proprio sulle facoltà di dispensa dei vescovi delle Chiese orientali Episcopalis potestatis (2 maggio 1967); il Direttorio ecumenico Ad totam Ecclesiam (14 maggio 1967); il motu proprio Sacrum diaconatus (18 giugno 1967) sul ristabilimento del Diaconato permanente nella Chiesa latina. Le norme di applicazione del Decreto sui Doveri pastorali dei Vescovi, Christus Dominus, sono contenute in una serie di documenti in forma di motu proprio: Pastorale munus (30 novembre 1963), Apostolica sollicitudo (15 settembre 1965), De Episcoporum muneribus (15 giugno 1966), Ecclesiae Sanctae (6 agosto 1966), Episcopalis potestati (2 maggio 1967). Riguardo l’applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, il 25 gennaio 1964 venne promulgato il motu proprio Sacram Liturgiam.
Seguirono le istruzioni Inter Oecumenici (26 settembre 1964), Musicam sacram (18 marzo 1967), Tres abhinc annos (4 maggio 1967), e l’istruzione della Sacra Congregazione dei Riti Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967), sul culto del mistero eucaristico. Il 6 gennaio 1967 venne invece promulgato il motu proprio Catholicam Christi Ecclesiam, che istituiva il Consilium pro Laicis e la Pontificia Commissione di studio “Iustitia et Pax”. Questi documenti manifestano la varietà e l’ampiezza degli argomenti che la Chiesa, “ancella dell’umanità” (come la definì Paolo VI nel discorso di chiusura), ha affrontato negli anni del Concilio, parlando “all’uomo d’oggi qual è”. Temi sottoposti al vaglio dell’Assemblea e filtrati dalla sapienza e dall’esperienza dei Padri, in un’epoca in cui “la religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio”.
“Un tempo, che ognuno riconosce come rivolto alla conquista del regno della terra piuttosto che al regno dei cieli; un tempo, in cui la dimenticanza di Dio si fa abituale e sembra, a torto, suggerita dal progresso scientifico; un tempo, in cui l’atto fondamentale della personalità umana, resa più cosciente di sé e della sua libertà, tende a pronunciarsi per la propria autonomia assoluta, affrancandosi da ogni legge trascendente; un tempo, in cui il laicismo sembra la conseguenza legittima del pensiero moderno e la saggezza ultima dell’ordinamento temporale della società; un tempo, inoltre, nel quale le espressioni dello spirito raggiungono vertici d’irrazionalità e di desolazione; un tempo, infine, che registra anche nelle grandi religioni etniche del mondo turbamenti e decadenze non prima sperimentate”. Con queste parole Paolo VI, il 7 dicembre 1965, conduceva una sua valutazione – fortemente attuale – sul periodo nel quale il Concilio si era compiuto. E notava: “In questo tempo si è celebrato il nostro Concilio a onore di Dio, nel nome di Cristo, con l’impeto dello Spirito, «che penetra tutte le cose» (…) e che tuttora anima la Chiesa (…), dandole cioè la visione profonda e panoramica insieme della vita e del mondo”.
Diverse tuttavia le questioni che in Concilio non erano state affrontate: la riforma della Curia romana, il celibato ecclesiastico, il controllo delle nascite, il ruolo della donna nella Chiesa, la possibilità di risposarsi da parte di chi era stato abbandonato dal coniuge, la condanna della deterrenza atomica, temi che nel ’68 e negli anni 70 avrebbero assunto drammatica rilevanza. Giovanni XXIII si proponeva con il Concilio di “riaffermare il magistero ecclesiastico” e “che il sacro deposito della dottrina cristiana sia più efficacemente custodito ed esposto”. A conclusione del Concilio il suo successore, Paolo VI, si domandava: “Possiamo noi dire d’aver dato gloria a Dio, d’aver cercato la sua conoscenza ed il suo amore, d’aver progredito nello sforzo della sua contemplazione, nell’ansia della sua celebrazione, e nell’arte della sua proclamazione agli uomini che guardano a noi come a Pastori e Maestri delle vie di Dio? Noi crediamo candidamente che sì”.
Il quarto periodo conciliare: la maturazione dei frutti- prima parte