Ildegarda di Bingen nuovo dottore della Chiesa
Domenica 7 ottobre, apertura dell’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, papa Benedetto XVI proclama dottore della Chiesa universale, insieme a san Giovanni d’Avila, santa Ildegarda di Bingen, scrittrice, musicista, astrologa, drammaturga, filosofa, che si aggiunge a Caterina da Siena, Teresa d’Avila e Teresa di Lisieux, già proclamate da Paolo VI e Giovanni Paolo II. Alla conoscenza mistica unisce la conoscenza razionale e scientifica; inoltre Ildegarda di Bingen aveva svolto cicli di predicazione nelle chiese della valle del Reno, sia in latino per il clero che in volgare per il popolo, per scongiurare il dilagare dell’eresia catara. Ma guariva anche i malati utilizzando principi e cure ancora oggi validi: “Ogni qualvolta il corpo dell’uomo mangia e beve senza discrezione o fa qualcos’altro di questo genere, le forze dell’anima ne sono ferite. L’anima ama in tutte le cose la moderazione”.
E nel libro sulla medicina scriveva che alcuni cibi sono fonte non soltanto di salute ma anche di gioia: “Certe piante crescono grazie all’aria e sono per l’uomo leggere da digerire e di natura gioiosa, al punto che rendono felice chi ne mangia… L’avena è calda ed è un cibo gioioso e sano per gli uomini sani: conferisce loro un’anima gioiosa, un’intelligenza pura e chiara, un bel colorito e una carne piena di salute… La spelta fornisce a chi ne mangia buona carne e buon sangue, rende lieta la mente e mette allegria nello spirito dell’uomo. In qualunque modo la si mangi, nel pane o in altri cibi, è buona e gradevole… La noce moscata, buona già di per sé, valorizza le sue proprietà se usata in combinazione con altri ingredienti. In sé ha un gran calore e un felice equilibrio nelle sue forze. L’uomo che mangia della noce moscata apre il proprio cuore, purifica i propri sensi e ne trae delle buone disposizioni”. Ed infine una ricetta per fortificare il nostro corpo e la nostra mente: “Prendi una noce moscata, della cannella (il medesimo peso rispetto alla noce moscata), un po’ di chiodi di garofano e riduci in polvere il tutto. Poi, con quella polvere, della farina di semola e un po’ d’acqua, prepara delle gallette e mangiane spesso: ciò placa l’amarezza del corpo e della mente, apre il cuore e i sensi, rende lieta la mente, fa diminuire gli umori cattivi, apporta del buon succo al tuo sangue e ti fortifica”.
Per questa poliedricità cattolica lo stesso Papa nel Regina Coeli del 27 maggio scorso aveva annunciato: “Lo Spirito, che ‘ha parlato per mezzo dei profeti’, con i doni della sapienza e della scienza continua ad ispirare donne e uomini che si impegnano nella ricerca della verità, proponendo vie originali di conoscenza e di approfondimento del mistero di Dio, dell’uomo e del mondo. In questo contesto, sono lieto di annunciare che il prossimo 7 ottobre, all’inizio dell’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, proclamerò san Giovanni d’Avila e santa Ildegarda di Bingen Dottori della Chiesa universale. Questi due grandi testimoni della fede vissero in periodi storici e ambienti culturali assai diversi. Ildegarda fu monaca benedettina nel cuore del Medioevo tedesco, autentica maestra di teologia e profonda studiosa delle scienze naturali e della musica… Ma la santità della vita e la profondità della dottrina li rendono perennemente attuali: la grazia dello Spirito Santo, infatti, li proiettò in quell’esperienza di penetrante comprensione della rivelazione divina e di intelligente dialogo con il mondo che costituiscono l’orizzonte permanente della vita e dell’azione della Chiesa”.
In effetti papa Benedetto XVI aveva dedicato ben due catechesi a settembre 2010 a santa Ildegarda: “Anche in quei secoli della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo, diverse figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell’insegnamento. Oggi vorrei iniziare a presentarvi una di esse: santa Ildegarda di Bingen, vissuta in Germania nel XII secolo. Nacque nel 1098 in Renania, probabilmente a Bermersheim, nei pressi di Alzey, e morì nel 1179, all’età di 81 anni, nonostante la permanente fragilità della sua salute. Ildegarda apparteneva a una famiglia nobile e numerosa e, fin dalla nascita, venne votata dai suoi genitori al servizio di Dio. A otto anni, fu offerta per lo stato religioso (secondo la Regola di san Benedetto), e, per ricevere un’adeguata formazione umana e cristiana, fu affidata alle cure della vedova consacrata Uda di Göllheim e poi di Giuditta di Spanheim, che si era ritirata in clausura presso il monastero benedettino di san Disibodo. Si andò formando un piccolo monastero femminile di clausura, che seguiva la Regola di san Benedetto… Lo stile con cui esercitava il ministero dell’autorità è esemplare per ogni comunità religiosa: esso suscitava una santa emulazione nella pratica del bene, tanto che, come risulta da testimonianze del tempo, la madre e le figlie gareggiavano nello stimarsi e nel servirsi a vicenda…
La popolarità di cui Ildegarda era circondata spingeva molte persone a interpellarla. Per questo motivo disponiamo di molte sue lettere. A lei si rivolgevano comunità monastiche maschili e femminili, vescovi e abati… E quando l’Imperatore Federico Barbarossa causò uno scisma ecclesiale opponendo ben tre antipapi al Papa legittimo Alessandro III, Ildegarda, ispirata dalle sue visioni, non esitò a ricordargli che anch’egli, l’imperatore, era soggetto al giudizio di Dio. Con l’audacia che caratterizza ogni profeta, ella scrisse all’Imperatore queste parole da parte di Dio: ‘Guai, guai a questa malvagia condotta degli empi che mi disprezzano! Presta ascolto, o re, se vuoi vivere! Altrimenti la mia spada ti trafiggerà!’. Con l’autorità spirituale di cui era dotata, negli ultimi anni della sua vita Ildegarda si mise in viaggio, nonostante l’età avanzata e le condizioni disagevoli degli spostamenti, per parlare di Dio alla gente. Tutti l’ascoltavano volentieri, anche quando adoperava un tono severo: la consideravano una messaggera mandata da Dio”.
E su Ildegarda di Bingen la prof.ssa Lucia Tancredi ha scritto il libro ‘Ildegarda. La potenza e la grazia’, edito da Città Nuova, un romanzo biografico sulla vita della mistica tedesca: “Il suo è un destino ‘femminile’ segnato: è la decima figlia di una nobile famiglia, ha una salute fragile e viene oblata. Le sue visioni, fatte di luci e suoni, che l’accompagnano fin dalla tenera età, da lei vengono inizialmente combattute. Visioni coscienti e che lei stessa definiva ‘dell’anima’, differenti da quelle maschili in cui spesso si ha una mescolanza di teologia e filosofia, in modo del tutto metafisico… Dalle visioni capisce che deve fondare un monastero femminile a Rupertsberg, in una zona impervia della Renania. Opta per una serie di scelte anticonformiste per il tempo. Innanzitutto la nuova struttura si presenta come fondazione autonoma, un caso eccezionale per l’epoca. Inoltre, Ildegarda parte dall’idea che per poter arrivare a Dio occorrono due fattori: essere in salute e glorificare le bellezze del mondo. E’ per questo che decide di scegliere i colori del bianco e del verde per l’abito delle consorelle, rifiutando categoricamente il nero, che secondo lei annulla la corporeità. Sarà la prima donna a comporre un dramma musicato”.