A Narni… cercando Narnia!

E’ stato piuttosto stupefacente sentir parlare così un quindicenne e un simile desiderio non poteva certo rimanere deluso. Così siamo partiti alla volta di Narni, alla ricerca di Narnia. Viaggiare nei luoghi che hanno ispirato uno scrittore o dove uno scrittore è nato o vissuto, dove magari è sepolto, rappresenta un’esperienza unica, che attrae sempre più turisti consapevoli. Ma non si tratta certo di una novità: il “pellegrinaggio” nei luoghi dello scrittore prediletto è stata a lungo una tappa dei vari Grand tour dei viaggiatori privilegiati a partire dal Settecento.
Niente è andato perduto di quella forza inarrestabile che fa cercare “quella” casa”, “quel” ponte, “quel” giardino. Spesso, però, la delusione è cocente. Erbacce devastano il famoso giardino, la casa non si può visitare, il muro è accerchiato da brutti edifici e strade e macchine invadono tutto.
A Narni sono concesse rapide e fuggevoli visioni, piccoli e impercettibili segnali del mondo parallelo che ha potuto generare in C.S. Lewis. Se si fa finta di non vedere, a valle, le ciminiere degli altoforni, ormai in disuso, se si fissa lo sguardo sui tetti delle antiche case, se si cammina per le vie tortuose e ripide, ci si può imbattere, all’improvviso, nello sguardo fisso di un leone di pietra immobile davanti al portale di una chiesa (è il segno che Arslan, il Signore di Narnia, potrebbe arrivare qui da un momento all’altro?). Un’insegna di ottone sbatte al vento leggero e ancora caldo di fine estate e, per un istante, potrebbe essere quella di una qualsiasi bottega narniana.
Ad una curva, più in cima, verso il Castello, appaiono la valle solcata da un fiume e la collina tutta verde, un dirupo colmo di luce, della luce calante del tramonto. Allora il tempo si dilata a dismisura e questo scenario meraviglioso potrebbe essere sul punto di essere sollevato e mostrare le pianure sconfinate e il mare argenteo di Narnia, laddove gli eroi della Cronache arrivano e vedono il maestoso Arslan camminare lentamente sulla battigia.
Suggestioni, certo. Ma quanto profonde, più reali della stessa realtà. Lo sapeva certo Lewis che, per la sua creazione, si è lasciato stregare da un nome. Sì, proprio il nome di Narni, anticamente Narnia, un paese quasi ai confini tra Umbria e Lazio, immerso nel verde, ricco di chiese e ponti arcuati come schiene d’asino. Quel nome gli parve perfetto per le storie che stavano sgorgando dalla sua fantasia – ma piene di significati simbolici e teologici – e anche se non ci era mai stato e mai ci andò, Narni-Narnia divenne il “suo” paese e riuscì a immaginarselo vivente, tra le parole che scriveva.
A lungo sono state una sorta di best-seller, soprattutto nei Paesi anglosassoni, anche se sempre un po’ offuscate dalla fama del , opera monumentale scritta dal suo amico e collega insegnante J.R.R.Tolkien. Poi cadde nell’oblio, finché, nell’ultimo decennio, una serie di film non ne hanno riportato alla ribalta la bellezza e l’originalità. E anche per Narni – Narnia – è arrivato il tempo di essere riscoperta, alla luce di quelle storie senza tempo