In un discorso all’ONU, il senso della presenza diplomatica della Santa Sede. Che punta al bene comune

Dell’intervento del “ministro degli Esteri” vaticano Mamberti alla 67esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso 1 ottobre è stato ricordato soprattutto l’appello per una risoluzione della questione siriana. Mamberti ha reiterato le richieste della Santa Sede, chiedendo di “agevolare la missione dell’Inviato speciale dell’ONU e della Lega araba”, ma anche “assicurare assistenza umanitaria alle popolazioni angosciate”. Era sicuramente il cenno di maggiore attualità. Ma nel discorso di Mamberti c’è molto di più. C’è il senso stesso dell’attività diplomatica della Santa Sede, e una riflessione sull’attività delle stesse Nazioni Unite. Chiamate in qualche modo a dare una svolta al loro operato.
La sessione è dedicata al tema: “Realizzare attraverso mezzi pacifici l’aggiustamento o la risoluzione di dispute o di situazioni di carattere internazionale”. Mamberti ricorda che c’è un corpo giuridico di riferimento (dalla Carta delle Nazioni Unite già, fino a Convenzioni e Trattati) “quasi universale per promuovere rapporti sociali fondati sul diritto e progredire verso una pace durevole”. Ma non basta. Perché in una “interdipendenza generalizzata” il contrasto tra ricchezza e povertà “risulta ancora più grave, anzi inaccettabile”. È un progresso che si è espanso in maniera disordinata, e che ha contribuito ad approfondire “il fossato tra coloro che dispongono dell’educazione e dei mezzi necessari per progredire e coloro che ne sono privi”. Vince chi studia, ma studia solo chi se lo può permettere. E i vincoli giuridici? Mamberti riprende il punto sullo stato di diritto da lui svolto all’Onu la scorsa settimana: “I molteplici vincoli giuridici ed economici che collegano le nazioni non sono sempre sufficientemente giusti ed equi, e hanno finito per diventare il veicolo di stramissione di una grave crisi economica e finanziaria”. E la crisi, tocca soprattutto gli svantaggiati.
E l’Onu? Il sistema delle Nazioni Unite – dice Mamberti – appare “privato della forza di unità di persuasione che ci si sarebbe potuti legittimamente aspettare da esso e come il luogo di esercizio dei rapporti di forza, spesso, sfortunatamente, a vantaggio di interessi strategici particolari”. In fondo, nota Mamberti, la fine della Guerra Fredda, del mondo dei blocchi, faceva pensare che la presenza istituzionale e politica dell’ONU si sarebbe rafforzata, e si sarebbe messa al servizio delle sfide mondiali più cruciali, “come il cambiamento climatico e la preservazione dell’ambiente”.
Di una riforma dell’ONU, la Santa Sede parla da tempo. Ma è una riforma che deve partire dai valori, “che sostengono necessariamente la società umana”. Prima della politica, ci si deve chiedere – dice Mamberti – se è venuta meno la fiducia nella Carta delle Nazioni Unite. E – a livello più profondo – ci si deve chiedere se alla base c’è una crisi antropologica, cioè “ad una mancanza di una comune intesa su cosa sia l’uomo”.
Per Mamberti, si deve partire dalla dignità umana. Ricorda, il segretario per i Rapporti con gli Stati vaticano, che le Nazioni Unite sono state teatro di un dibattito vivo, sulla ricerca del giusto equilibrio tra libero commercio, assistenza finanziaria, trasferimento di conoscenze e tecnologie, nonché aiuti diretti alle popolazioni più povere. Si parlava del debito estero, della riforma delle istituzioni finanziarie multilaterali (oggi solo la Santa Sede ha avanzato una proposta in tal senso, tra l’altro oggetto di un forte dibattito). Questo confronto – dice Mamberti – deve proseguire. Anche se è offuscato dalla crisi finanziaria. “E’ sotto gli occhi di tutti – punta il dito Mamberti – che la stabilità finanziaria delle società più sviluppate è stata gravemente danneggiata, in particolare da politiche economiche poco lungimiranti e spesso basate sulla sola massimizzazione del profitto immediato”.
È una situazione che fa riapparire i fantasmi del “nazionalismo esacerbato, il populismo e la xenofobia”. Sono fantasmi che spesso vengono gettati addosso ai campioni del pensiero cristiano. Lo hanno fatto in Ungheria, dove un governo moderato che ha ottenuto una maggioranza di ferro ha redatto una costituzione in cui sono scritte a chiare lettere radici cristiane della nazione, difesa della vita dal suo concepimento e famiglia tradizionale; lo hanno fatto con Timo Soini, leader politico finlandese, che si è appellato all’orgoglio della sua nazione per contestare il sistema economico europeo. Sia Soini, sia Viktor Orban, il leader del partito Fidesz in Ungheria, sono stati additati come xenofobi e nazionalisti. Il pensiero cristiano sta venendo messo in un ghetto dall’opinione pubblica?
Mamberti guarda lontano. E dice no al tentativo di concepire gli “Obiettivi di sviluppo del Millennio” e l’agenda per lo sviluppo 2015 e l’interpretazione dei trattati sui diritti umani “secondo una visione riduttrice e relativista dell’uomo, che, usando in modo abile espressioni ambigue, minaccia il diritto alla vita e tende alla decostruzione del modello di famiglia, fondata sull’unione di un uomo e una donna, orientata alla procreazione e all’educazione dei bambini. Tali tentativi rischiano di indebolire la credibilità e la legittimità dell’Organizzazione delle Nazioni Unite quale strumento universale per una cooperazione e una pace durature”.
Si deve ripartire – dice Mamberti – da “una convinzione condivisa circa i valori fondamentali che garantiscono il rispetto della dignità umana”. Chiede “l’essenziale” rispetto della libertà religiosa, e chiede che le azioni “dei governi e delle organizzazioni internazionali” tenda a promuovere “lo sviluppo umano integrale, creando le condizioni giuridiche, economiche e sociali che riflettono realmente l’importanza della dignità umana e della sua dimensione trascendente, sia a livello personale che collettivo”. La religione – prosegue Mamberti “non può essere intesa altrimenti che come un fattore di pace e di progresso, come una forza vitale per il bene di tutti”. Perché porta gli uomini a superare gli egoismi e a mettersi a servizio degli altri. Per questo “tutte le forme di fanatismo, di esclusivismo, ogni atto di violenza nel riguardo del prossimo costituiscono uno sfruttamento e una deviazione della religione”.
L’agenda internazionale della Santa Sede è il bene comune. E Mamberti rivendica, al termine del discorso, la ragione della presenza della Santa Sede nel concerto delle Nazioni. “La ragione della sua presenza come soggetto di diritto internazionale in questa istituzione intergovernativa – sostiene Mamberti – è, anzitutto, il suo desiderio di offrire alla comunità internazionale una visione trascendente della vita e dei rapporti sociali, ricordando in particolare la dignità delle persona e i suoi diritti fondamentali, prima di tutti il diritto alla libertà religiosa. La comunità internazionale ha sempre ricevuto con attenzione questo contributo, che permette di considerare le iniziative comuni in una prospettiva profonda, nella quale l’unità fondamentale della famiglia umana, come pure l’appello alla generosità degli uomini e dei popoli, devono essere riaffermati incessantemente”.