Processo Gabriele. Il comunicato della Gendarmeria Vaticana

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In seguito alle dichiarazioni rese da Paolo Gabriele al processo in cui è imputato per furto aggravato riguardo ll periodo in cui l’assistente di Camera di Sua Santità è stato in custodia cautelare durante la fase istruttoria del processo, la Gendarmeria Vaticana ha diramato un comunicato stampa. Per completezza di informazione, korazym.org lo pubblica integralmente di seguito.

In relazione alle dichiarazioni dell’imputato Paolo Gabriele, a seguito di domanda del suo legale di fiducia circa la sua detenzione, si rappresenta che il Paolo Gabriele al momento del suo arresto è stato custodito in una cella di isolamento presso la Caserma della Gendarmeria Vaticana.

 

Detta cella di custodia segue gli standard di detenzione previsti anche per altri Paesi, per situazioni analoghe.

Si fa presente che pur esistendo nello stesso immobile del Corpo della Gendarmeria altra cella per lunga detenzione, ma essendo la stessa, unitamente ad altri locali, abbisognevoli di interventi restaurativi, ne era già stata programmata l’esecuzione dei lavori. In tale circostanza ed anche su impulso del Promotore di Giustizia si è accelerata tale opera edilizia, apportando numerose migliorie rispondenti ai requisiti richiesti dalla Convenzione sulla Tortura, cui la Santa Sede ha ade

Durante il suo trattamento detentivo il detenuto, secondo gli standard previsti ha usufruito quotidianamente di pasti completi consumati in compagnia dei Gendarmi che lo avevano in  custodia, dell’ ora d’aria, di momenti di relax e di socializzazione (con personale del Corpo della Gendarmeria, con il quale per evidenti motivi esistevano rapporti di pregressa amicizia e conoscenza); avrebbe potuto usufruire della palestra del Corpo della Gendarmeria (cosa dallo stesso rifiutata), è stato sottoposto continuamente a visita medica da parte di un sanitario, all’uopo designato, della Direzione di Sanità ed Igiene del Governatorato (come risulta da apposito registro sanitario) – dichiarando altresì al sanitario di riposare serenamente ed addirittura di aver risolto alcuni problemi di carattere nervoso -; ha avuto costanti contatti, soprattutto anche nei primissimi giorni, con Assistenti spirituali, ha potuto partecipare alla S. Messa con la famiglia, ha altresì usufruito di colloqui senza limiti di orario secondo l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria con i propri familiari ed infine di incontri con i propri legali, tutto nel massimo rispetto della persona. Più volte l’imputato ha richiesto di incontrare il Comandante del Corpo per una parola di conforto. A Gabriele infatti, per i predetti motivi di legame preesistente, sono state concesse una serie di particolari attenzioni per far sì che potesse trascorrere questo periodo nella maniera più serena possibile.

Circa l’asserita presenza di luce nelle ventiquattro ore, si rappresenta che la stessa è rimasta accesa per evitare eventuali atti autolesionistici dell’imputato e per esigenze di sicurezza. Lo stesso detenuto, nei giorni a venire, ha chiesto che la medesima luce rimanesse accesa durante la notte perché la riteneva di compagnia. Del resto allo stesso, sin dall’inizio è stata fornita anche una mascherina notturna che gli consentisse il più completo oscuramento. Si precisa anche che al detenuto sono stati dati i completi di biancheria e cuscino, costantemente rinnovati. Senza mai essere disturbato veniva infine discretamente controllato nel corso delle ore notturne e per qualunque necessità poteva contare sull’immediata assistenza essendo la cella provvista di idoneo citofono collegato con la Sala Operativa. I suoi principali diritti, anche riguardo l’intimità, non sono mai stati violati.

Dopo circa 20 giorni, finiti i lavori di ristrutturazione è stato trasferito nella nuova cella.

A seguito delle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento nella mattinata odierna il Promotore di Giustizia ha aperto la procedura n. 53/12 al fine di verificare la verità o meno delle accuse mosse dal Gabriele. Nel caso esse dovessero risultare infondate egli potrebbe essere passibile di una controdenuncia.

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