Giornata di preghiera e digiuno per i cristiani dell’India
La preghiera come segnale contro la violenza. I vescovi italiani hanno indetto per il prossimo 5 settembre, anniversario della morte di Madre Teresa di Calcutta, una giornata di preghiera, digiuno e solidarietà con i cristiani in India, vittime di un’ondata di violenze da parte di estremisti induisti.
In un comunicato si legge che la ”la Presidenza della CEI, facendosi interprete del turbamento dell’intera comunità cattolica italiana di fronte all’ondata di violenza scatenatasi contro le comunità cristiane nello Stato indiano dell’Orissa si associa all’accorato appello formulato dal Santo Padre Benedetto XVI, condannando con fermezza ogni attacco alla vita umana ed esortando alla ricerca della concordia e della pace”.
”A questo scopo – prosegue la nota – invita le diocesi italiane a indire per venerdì 5 settembre, memoria liturgica della Beata Madre Teresa di Calcutta, o in altro giorno stabilito dal Vescovo diocesano, una giornata di preghiera e digiuno, come segno di vicinanza spirituale e solidarietà ai fratelli e alle sorelle tanto duramente provati nella fede”.
Anche il Centro di cultura e attività missionaria del Pime di Milano ha indetto una veglia pubblica di preghiera per lo stesso giorno: un gesto per esprimere vicinanza alla Chiesa cattolica indiana, che per domenica 7 settembre ha indetto proprio una giornata di digiuno e preghiera in tutte le diocesi del Paese. La veglia si terrà alle 18 presso la chiesa di San Francesco Saverio, in via Monte Rosa 81 a Milano. Porterà la sua testimonianza padre Anthony Totha, missionario indiano del Pime, che interverrà pure domenica (ore 10.30) al programma di Rai Uno ‘A Sua immagine’.
Infine, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani aderiscono alla giornata di digiuno e preghiera programmata per domenica 7 settembre dalla Conferenza episcopale indiana in reazione alle gravissime violenze nei confronti dei cristiani nello Stato dell’Orissa. Una forma di protesta pacifica e non violenta scelta coraggiosamente dai vescovi nel solco della tradizione indiana del dharna, per richiamare l’attenzione della comunità nazionale e internazionale sulle tragiche vicende di queste ore e pregare insieme – nelle parole del cardinale Varkey Vithayanthil – ‘per l’armonia tra le religioni e la pace in India’.
“Le violenze di questi giorni contro le comunità cristiane non possono essere passate sotto silenzio, afferma il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero. E’ in gioco, in questo grande Paese e in tutto il mondo, la libertà di vivere e manifestare la propria fede religiosa, contro ogni fondamentalismo. Gli omicidi, le distruzioni di chiese e le razzie in conventi e abitazioni, che hanno spinto decine di migliaia di persone ad abbandonare i propri villaggi, ci mettono di fronte ad una violenza cieca, che può essere arrestata solo da un intervento forte del governo indiano, fino ad oggi assente, che deve essere richiesto con forza da tutta la comunità internazionale. Infine la comunità cristiana, ovunque sia presente, deve sentirsi chiamata a condividere le sofferenze dei propri fratelli perseguitati. Le Acli si sono sempre schierate a fianco di chi lotta pacificamente per affermare la propria identità e la propria fede, dai tanti migranti nel nostro Paese fino ai monaci birmani. Chiedono quindi ai propri associati e a tutti i cittadini che condividono i valori della pace e della libertà di unirsi al digiuno promosso dalla Conferenza episcopale indiana per la giornata di domenica 7 settembre. Un gesto di forte valenza sociale, perchè attraverso la propria personale testimonianza si chiede un cambiamento della realtà, un atto di giustizia, ed al contempo si esprime la vicinanza e condivisione con le vittime della violenza. Come cittadini e come cristiani non possiamo rimanere spettatori del male: il digiuno e la preghiera sono per noi atti concreti, politici e spirituali, per dare testimonianza, anche in questo momento buio per la Chiesa indiana, della nostra speranza”.
Intanto, continuano le violenze in India, nel distretto di Kandhamal, nello stato di Orissa, nonostante l’ordine di sparare a vista imposto mercoledì dalla polizia in otto settori delle zone in cui si sono verificati degli scontri. A riferirlo è l’Aifo, l’associazione italiana amici di Raoul Follereau, che da anni opera in India e che nello Stato dell’Orissa sostiene il sistema sanitario nella cura dei lebbrosi. L’organizzazione riferisce che “in molte aree le persone sono molto spaventate ed alcuni si sono rifugiati nella foresta per paura di altre violenze”. “Alcune case sono state bruciate – ha detto Janaki, un locale intervistato da Aifo – . La nostra gente è corsa nella foresta. Non sappiamo cosa sta succedendo. Non abbiamo niente da mangiare”. “Perché siamo stati colpiti dalle violenze? – si chiede Nayani, un altro abitante del luogo -. Non sappiamo niente e non c’è nessuno che ci aiuti, mentre le nostre cose sono state bruciate”. Il coordinatore delle attività dell’Aifo in India, Jose Manikkathan Varghese, sostiene che “a causa dei disordini generali ci potrebbero essere delle difficoltà per il programma sanitario nel funzionare normalmente, così come per la cura di altre malattie”