Concilio: i temi dibattuti nel primo periodo

I temi dibattuti nel primo periodo conciliare Il primo tema affrontato nelle sedute conciliari fu quello della Sacra Liturgia e se ne intuisce il motivo: il Concilio si prefiggeva anzitutto un rinnovamento interiore della Chiesa. Partendo dalla definizione e dalla natura della Liturgia, lo schema approfondiva poi i temi della Santa Messa, dei sacramenti e dei sacramentali, dell’ufficio divino, dell’anno liturgico, delle suppellettili sacre, della musica e dell’arte sacra. Uno dei primi punti sui quali si soffermò e si accese il dibattito fu quello della lingua da adoperare nella Liturgia. V’erano buone ragioni in favore del latino (esercita una funzione unitaria; impedisce evasioni poiché impone disciplina razionale; appare particolarmente idoneo per le formulazioni teologiche e dogmatiche in quanto basato su logica precisione), come pure delle lingue volgari (rendono accessibili ai fedeli i riti liturgici, favorendo la partecipazione attiva di quanti assistono alle celebrazioni; rivelano l’universalità del cristianesimo che, pur se immutabile, è capace di assumere i valori e le tradizioni dei singoli popoli).
Nel dibattito sulla Liturgia sembrò prevalere una linea moderata, come ispirandosi a un’espressione di Pio XII: “Evitare, rispetto al passato, due atteggiamenti estremisti: un attaccamento cieco e un disprezzo totale”. Le discussioni impegnarono 17 Congregazioni generali, e il 14 novembre ebbero inizio le votazioni sui primi emendamenti. Il primo comma sosteneva: “Il Concilio Ecumenico Vaticano II, visto lo schema de Sacra Liturgia, ne approva i criteri direttivi intesi a rendere, con prudenza e comprensione, le varie parti della Liturgia stessa più vitali e formative per i fedeli, in conformità alle odierne esigenze pastorali”. Quel giorno i Padri presenti in Aula erano 2215: i voti favorevoli furono 2162, 46 i contrari e 7 quelli nulli. Il secondo tema trattato riguardava le Fonti della Rivelazione, termine che significa “togliere il velo” e che in senso teologico indica la manifestazione con la quale Dio si fa liberamente conoscere dagli uomini.
Due sono le Fonti dalle quali sono attinte le verità rivelate: la Sacra Scrittura, cioè la Bibbia, che comprende Vecchio e Nuovo Testamento, e la Tradizione. La sorgente misteriosa che le ha generate entrambe è una sola: Dio, e uno solo il Magistero, il cui compito è quello di custodire e interpretare le verità in esse contenute. La Bibbia però, pur riferendo la Parola divina, la esprime con linguaggio umano, che, proprio a causa delle imperfezioni e limitazioni dei mezzi degli uomini, ha bisogno di giuste interpretazioni e spiegazioni autorevoli, che possono provenire solo da chi gode della continua assistenza dello Spirito Santo. Durante la discussione emersero due posizioni distinte: una favorevole allo schema, benché ritenesse perfezionabili alcune sue parti, l’altra sfavorevole e propensa a un suo totale rifacimento.
Poiché le posizioni rimanevano immutate, il Papa affidò ad una Commissione mista il compito di ritoccare tutto lo schema, rendendolo più breve, con un’intonazione più pastorale e un maggior rilievo ai principi generali della dottrina cattolica già affrontati nel Concilio di Trento e nel Vaticano I. La discussione occupò 6 Congregazioni generali. Seguì lo schema sugli Strumenti delle Comunicazioni Sociali, che raccolse subito la generalità dei consensi. Era la prima volta che venivano trattati in un Concilio argomenti riguardanti quei mezzi di largo uso per la diffusione del pensiero e delle notizie, per lo sviluppo della cultura e il divertimento quali stampa, radio, cinema e televisione, che così profonda influenza assumevano nella vita di milioni di persone e non potevano essere ignorati da un Concilio pastorale. La discussione occupò 4 Congregazioni generali, di cui una in minima parte.
Quarto tema in esame fu l’unione della Chiesa cattolica con le Chiese separate d’Oriente. Lo schema del Decreto s’intitolava Ut unum sint ed esprimeva la sollecitudine della Chiesa nella ricerca dell’unità con i fratelli separati, dai quali la dividono discordanze su alcune verità, ad iniziare dal primato di Pietro. Il dibattito fu breve, 5 Congregazioni generali, e si concluse con la votazione di un Decreto sull’Unità della Chiesa, che avrebbe formato un solo documento con il successivo Decreto sull’Ecumenismo. Negli ultimi giorni di lavoro s’intraprese infine la discussione dello schema sulla Chiesa (De Ecclesia), che occupò 5 Congregazioni generali, ma rimase incompiuta, perché era cessato il tempo stabilito per lo svolgimento della prima sessione conciliare. Il Concilio sospendeva i suoi lavori, per consentire alle Commissioni di rivedere tutti i testi, alla luce degli indirizzi emersi in Assemblea: spirito pastorale e missionario, ricerca di un dialogo sempre più aperto ed ecumenico. La macchina del Concilio era avviata e pronta ad affrontare un lungo viaggio.
Dopo i primi incontri, e gli scontri, si era infatti rafforzato nei Padri il senso dell’universalità della Chiesa, la ricerca dell’unità nell’esercizio della più ampia libertà, la pratica dell’umiltà volta a comprendere e ad accettare le opinioni altrui. Papa Giovanni aveva seguito i dibattiti dal suo appartamento, attraverso un impianto televisivo. Il 5 dicembre rivolse un saluto ai Padri conciliari riuniti in piazza San Pietro. Il giorno dopo costituì la Commissione di Coordinamento, con il compito, per l’appunto, di seguire e coordinare i lavori delle varie Commissioni. Il 7 dicembre scese nella Basilica di San Pietro per rivolgere un ulteriore saluto ai Padri, al termine della 36ma Congregazione generale, l’ultima del primo periodo, mentre il giorno successivo, sempre alla sua presenza, si chiuse con la Santa Messa in Basilica il primo periodo conciliare.
Primo periodo di intersessione (dicembre 1962 – settembre 1963) Il 3 giugno del 1963 si spense Giovanni XXIII, che aveva pensato, voluto, preparato e guidato il Concilio nei suoi primi passi. Cosa ne sarebbe stato del Concilio?
La risposta giunse immediata dal nuovo Papa, Paolo VI. Già il giorno seguente alla sua elezione, il 22 giugno, affermò nel suo primo radiomessaggio Urbi et Orbi: “La parte preminente del Nostro Pontificato sarà occupata dalla continuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, al quale sono fissi gli occhi di tutti gli uomini di buona volontà. Questa sarà l’opera principale, per cui intendiamo spendere tutte le energie che il Signore ci ha dato”. Il 27 giugno Paolo VI stabilì che i lavori conciliari sarebbero ripresi il 29 settembre. “Alla aratura sovvertitrice del campo – ebbe a dire il Pontefice riguardo al Concilio – succede la coltivazione ordinata e positiva”. Con una lettera al decano del Sacro Collegio, il cardinale Eugène Tisserant, il 14 settembre il Papa annunciò varie modifiche al Regolamento del Concilio, “per maggiore aiuto e per più diligente preparazione ai suoi lavori”.
Nello specifico: la Commissione di Coordinamento avrebbe dovuto continuare il suo lavoro anche nel periodo conciliare; una nuova elaborazione degli schemi in forma più breve e tenendo presente “la preminenza dell’indole pastorale” del Concilio Vaticano II; veniva costituito il Comitato per la stampa del Concilio; era annunciata la nomina di alcuni uditori laici che avrebbero potuto assistere a tutte le Congregazioni generali; venivano invitati osservatori delle Chiese separate in numero maggiore che nel primo periodo; era annunciata l’istituzione di un Segretariato per le religioni non cristiane; venivano eletti quattro Cardinali delegati, o Moderatori del Concilio, che dovevano dirigere a turno le discussioni delle Congregazioni generali: Grégoire-Pierre Agagianian, prefetto della Congregazione Propaganda Fide, Julius August Döpfner, arcivescovo di Monaco, Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna e Léon-Josef Suenens, arcivescovo di Malines-Bruxelles.