Tauran: il nemico di cristiani e musulmani è l’islamismo
Pubblichiamo il testo della intervista al cardinale Jean Louis Tauran realizzata a conclusione del viaggio del Papa in Libano sul volo di rientro da Beirut realizzata da Frédéric Mounier vaticanista de “La Croix” e da Charles de Pechepeyrou della agenzia I.Media. Tema principale l’islamismo come nemico comune di cristiani e musulmani. La traduzione è di finesettimana.org
Come hanno reagito i vostri interlocutori musulmani dopo le parole che Benedetto XVI ha rivolto loro?
La reazione dei capi musulmani è stata estremamente positiva al discorso del papa. E anche la base. Secondo le mie informazioni, alcuni musulmani, in particolare responsabili di quartiere, hanno affermato che il papa diceva esattamente quanto loro si attendevano.
È sorpreso di queste reazioni?
Non mi aspettavo una risposta così entusiasta. Il papa ha mostrato la sua stima per l’islam, salvaguardando, evidentemente, la specificità del cristianesimo. Non si tratta di sminuire la propria fede, o di metterla tra parentesi! Lo ha detto spesso. Ma se legge i discorsi del papa, in particolare al palazzo presidenziale di Baabda, trova delle espressioni molto forti sul dialogo, che saranno preziose per noi in futuro.
Nel contesto della crisi siriana, come sono evolute le relazioni cristiano-islamiche?
In Libano, non abbiamo fatto cenno alla crisi siriana. Il Libano e la Siria sono due paesi sovrani. Ma è certo che il papa ha invitato alla pace. Bisogna quindi che le armi tacciano, che le parti si siedano attorno ad un tavolo per negoziare, con l’aiuto della comunità internazionale. Bisogna anche che gli aiuti umanitari possano essere inviati, in modo che i diritti fondamentali della persona umana siano rispettati. E poi, costruire insieme una società in cui i diritti di ciascuno siano rispettati, senza alcuna discriminazione.
Questo viaggio segna una tappa nel dialogo cristiano-islamico?
Certamente. ciò che il papa ha detto su questo tema sarà per noi una “tabella di marcia”. Penso in particolare alle difficoltà che conosciamo con l’Egitto o con altri paesi. Il papa ha mostrato che non ha alcun desiderio di umiliare l’islam, al contrario. Il suo discorso mirava più in alto, come mostra questa frase del suo discorso alla presidenza: “La fede autentica non può condurre alla morte. L’artigiano di pace è umile e giusto. I credenti hanno dunque oggi un ruolo essenziale, quello di testimoniare la pace che viene da Dio. L’inazione degli uomini di bene non deve permettere al male di trionfare. E’ peggio ancora non far nulla”. E inoltre nell’esortazione apostolica afferma che vivere insieme non è un’utopia. Questo è il messaggio.
In questo contesto, quale consiglio dare alle comunità cristiane vittime di aggressioni fondamentaliste?
Cristiani e musulmani hanno un nemico comune, che è l’islamismo. Da tempo dico che tutto deve cominciare a scuola, con l’educazione. È di lì che si può cominciare a cambiare la società. Ciò che ha fatto il Libano, è la scuola: tutti i libanesi, dalla scuola all’università, indipendentemente dalla loro confessione, hanno studiato sugli stessi libri, hanno avuto gli stessi professori. Io stesso, sono stato professore in Libano. Determinante è il modo in cui si insegna la storia. È la chiave del futuro. Con i miei interlocutori musulmani noto sempre che, spesso, nei libri di storia del paesi musulmani, i cristiani non sono chiamati cristiani, ma “malcredenti”. Ora, è una cosa a cui si può facilmente porre rimedio. I miei interlocutori sono generalmente convinti, ma tali modifiche devono essere attuate a livello legislativo, amministrativo…
Alla fine di questo viaggio, prova sollievo?
Sì. Il papa si è espresso con un punto di vista singolarmente elevato. Con quella dolcezza che gli è propria, la sua estrema bontà, la sua attenzione alle persone. Mi aspetto in particolare che in futuro si chiarisca la nostra situazione con l’università Al-Azhar del Cairo.
Si può dire che Beirut ha cancellato la controversia di Ratisbona?
In questi ultimi tempi la polemica è stata ravvivata, ma per due anni nessuno dei miei interlocutoriha mai evocato Ratisbona. Il papa ha chiarito molto bene la faccenda. Tutti sono convinti che religione e violenza sono incompatibili. Il suo testo dell’epoca lo diceva senza ambiguità.
Il Libano è veramente un modello?
Sul piano delle relazioni tra cristiani e musulmani, certamente. Il papa lo ha detto ai responsabili musulmani libanesi. Si riferiva al dialogo cristiano-islamico, ma naturalmente non al sistema costituzionale.