Una road map per la Chiesa in Europa. Per aiutare la coesione sociale
È una road map fatta più di domande che di risposte, quella che Giampaolo Crepaldi ha presentato al Seminario sulla Coesione Sociale promosso. dalla Commissione Caritas in Veritate del Consiglio delle Conferenze Europee da lui presieduta. Più domande che risposte perché “per avere delle risposte bisogna avere delle domande fatte in maniera adeguata”. Una prospettiva che riprende, in fondo, quanto era venuto fuori dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio Van Thuan. Si deve, diceva il rapporto, “Liberare la Dottrina Sociale dalle catene”. E per liberarla dalle catene, è necessario farsi dalle domande. A partire proprio dalla difficile situazione europea.
La coesione sociale riguarda lo sviluppo armonioso e sostenibile della Comunità Europea, riducendo le diseguaglianze. Ma qua si deve anche fare un distinguo. Perché quando la Chiesa parla di coesione sociale, non guarda alle diseguaglianze tra gli Stati, ma tra le varie fasce della società. Guarda al divario tra poveri e ricchi, agli squilibri che portano alle tensioni. “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, aveva detto Paolo VI nell’enciclica Populorum Progressio. A volte, invece, la politica di coesione europea appare come un fattore di maggiore “sfaldamento”. Fare in modo che tutti i Paesi abbiano “uno sviluppo armonico” costringe alcuni ad aumentare il loro tenore di vita, e di conseguenza a creare ulteriori squilibri sociali al proprio interno.
È anche per questo che la commissione Caritas in Veritate della CCEE si è riunita a Nicosia, Cipro, dal 3 al 5 settembre. Le domande di fondo: su che cosa si basa oggi la coesione sociale? Quali sono gli elementi che la mettono a repentaglio a livello locale ed europeo? E’ possibile un’Europa coesa che dimentichi le sue radici cristiane? E, qual è il ruolo della Chiesa? “La Chiesa – ha detto il cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Cei e vicepresidente della CCEE – ha un grande messaggio per quanto concerne la questione sociale e la società in generale grazie alla dottrina sociale della Chiesa che è il compendio delle implicazioni a livello culturale, sociale, economico, politico, ma soprattutto antropologico del mistero di Cristo e del Vangelo”
Cipro è un luogo ideale per parlare di coesione sociale. Nazione divisa, con una esperienza del tutto peculiare, Cipro è l’esempio per tutta l’Europa – ha detto Andreas Ptsillides, teologo e membro del Parlamento cipriota – “che non si può parlare di coesione sociale se viene meno l’integrazione”. E Marios Mavrides, anche lui membro del Parlamento e docente associato all’Università europea di Cipro, ha poi sottolineato che “nonostante i significativi passi in avanti per combattere le ingiustizie, la povertà e la disuguaglianza non sono ancora state debellate”.
Più domande che risposte, quindi. E magari qualche risposta verrà dalle Giornate Sociali Europee, che si terranno a Granada, in Spagna, il prossimo anno. Ma una risposta, forte, c’è già per Youssef Soueif, l’arcivescovo dei maroniti di Cipro. “La minaccia della crisi economica – ha detto – ci mette nuovamente a dura prova, ma le guerre, anche quelle economiche, si affrontano nello Spirito di Cristo, l’Unico in grado di trasformare le difficoltà in grazie e benedizioni”.