Il Papa si congeda dal Libano. E prega perché si mantenga in pace e in unità
Una preghiera per la pace in Libano, e perché “resista con coraggio a tutto ciò che potrebbe distruggerla o minacciarla”. Benedetto XVI è pronto a partire, al termine del suo “troppo breve soggiorno” nel Paese dei cedri. Se ne va “con il desiderio di ritornare”, colpito dall’ospitalità orientale condita da un complemento paragonabile “ad una di quelle famose spezie orientali che arricchisce il sapore delle vivande: il vostro calore e il vostro cuore”. E nel discorso che fa alla cerimonia di congedo, Benedetto XVI ripercorre gli incontri di questi tre giorni – “vi sono stati momenti più ufficiali, altri più intimi, momenti di alta intensità religiosa e di fervida preghiera e altri ancora, segnati dall’entusiasmo della gioventù” – e ricorda lo strettissimo legame tra il Libano e la Sacra Scrittura, tra il Libano e Israele. A Hiram, re di Tiro – il Papa lo aveva già ricordato all’inizio del viaggio -, Salomone si rivolse per la costruzione del tempio. E Hiram mandò legname proveniente dai cedri del Libano. Così, “Il Libano era presente nel Santo e nel Santo dei Santi, nel Santuario di Dio”.
C’è stato un fuori programma, nel percorso che il Papa percorreva per arrivare all’aeroporto Rafiq Hariri. Benedetto XVI si ferma al monastero delle carmelitane intitolato a Maria Madre di Dio (la Teotokòs), che era stato visitao da Giovanni Paolo II 15 anni fa. Il Papa è stato ricevuto da Madre Teresa del Gesù, una sorta di “madre priora” del monastero che ha circa 90 anni, si è fermato a pregare con le monache e ha benedetto la prima pietra di un nuovo monastero che sorgerà a Cana del Libano.
Benedetto XVI veniva dal Patriarcato siro-cattolico di Charfet, dove aveva avuto luogo l’ultimo incontro programmato del viaggio. I membri del sinodo siro-cattolico – che ha avuto per tema “Comunione e testimonianza” e che si è riunito in concomitanza con il Viaggio apostolico – sono tutti là ad accogliere il Papa. E Youssef Younan, Patriarca di Antiochia della Chiesa siro-cattolica, accoglie il Papa parlando in lingua armena: “Shlomo-w-oubo”, “pace e amore”. Younan ringrazia il Papa per la visita, ricorda che la Chiesa sira, “così piccola”, ha sofferto terribilmente a causa della sua fedeltà al Salvatore. Tra i tanti episodi, Younan cita la strage nella cattedrale sira di Baghdad, appena due anni fa, un episodio che “ricorda che l’annuncio del Vangelo è a volte una testimonianza di martirio. Sottolinea il tema del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, “Libertà religiosa, via per la pace”, Younan. Perché anche loro cristiani d’oriente aspettano che la loro libertà religiosa e di coscienza sia rispettata, e che “la comunità internazionale, e in particolare le nazioni che si dicono democratiche e pluraliste, difendano effettivamente la nostra aspirazione a vivere nei nostri paesi di origine con la dignità di cittadini e di cittadini con tutti i diritti”.
Un grido che Benedetto XVI ha dimostrato di aver colto nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Medioriente, e nel continuo sottolineare il tema della libertà religiosa nei suoi discorsi. E il Papa, del tutto a sorpresa, prende un foglio in mano, e pronuncia un breve discorso, inizialmente non previsto (si pensava ad un semplice saluto). Afferma che c’è bisogno di “una testimonianza unitaria” dei fedeli in Cristo, specialmente nel “contesto attuale del Medioriente” caratterizzata da instabilità. “Gesù unisce quelli che credono in lui”, dice il Papa. Che poi sottolinea come siano “preghiera e impegno comune” le strade attraverso le quali raggiungere l’unità dei cristiani. È un impegno anche per il leader cristiani, che devono essere “segno di pace che viene da Dio e luce di speranza”. E ancora una volta, il Papa auspica che il Medioriente “conosca finalmente la pace riconciliazione”, perché vi si realizzi “l’annuncio di Cristo”.
E’ una preghiera che il Papa ripete all’aeroporto, nella cerimonia di congedo: “Possano il Libano di oggi, i suoi abitanti, continuare ad essere presenti nel santuario di Dio! Possa il Libano continuare ad essere uno spazio in cui gli uomini e le donne vivano in armonia e in pace gli uni con gli altri per offrire al mondo non solo la testimonianza dell’esistenza di Dio, primo tema del Sinodo trascorso, ma ugualmente quella della comunione tra gli uomini, secondo tema dello stesso Sinodo, qualunque sia la loro sensibilità politica, comunitaria e religiosa!”
Il Libano come modello di unità, ma anche come esempio di convivenza per tutto il Medioriente. Parole apprezzatissime dal presidente Suleiman, che nel suo discorso di saluto al Papa lo ringrazia per “i suoi interventi nella comunità internazionale”, e sottolinea che “il Libano resterà fedele alla sua relazione e antica con la Santa Sede, rimarrà fedele al suo ruolo e alla sua missione e rimarrà attaccato alle sue radici spirituali e religiose”. La presenza del Papa – afferma Suleiman – ha riacceso nei libanesi in patria e in diaspora la fiamma della speranza. Lei, Santità, ha ricordato alle Chiese orientali la responsabilità di far fiorire rispetto, carità e giustizia. Andremo avanti con fermezza affinché il Libano rimanga un Paese di incontro e partecipazione”.
I libanesi sono pronti ad accogliere la sfida lanciata loro dal Papa. Un entusiasmo che il Papa ha sentito, come ha ricordato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. “Prego Dio per il Libano – afferma il Papa, congedandosi dal Paese dei cedri – affinché viva in pace e resista con coraggio a tutto ciò che potrebbe distruggerla o minacciarla”. E il suo speciale augurio per il Libano è “di continuare a permettere la pluralità delle tradizioni religiose e a non ascoltare la voce di coloro che vogliono impedirla” e di “rafforzare la comunione fra tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro comunità e la loro religione, rifiutando in modo risoluto tutto ciò che potrebbe condurre alla disunione, e scegliendo con determinazione la fraternità. Questi sono fiori graditi a Dio, virtù che sono possibili e che converrebbe consolidare radicandole maggiormente”.
Ma il Libano non è solo il Paese dei cedri. È anche chiamato il Paese di Maria, per la proverbiale devozione dei Libanesi per la loro Regina. Per questo il Paese è costellato di Chiese e di Santuari mariani. Infatti, gran parte delle Chiese è dedicata alla Vergine; e c’è sempre, nelle altre, un Altare consacrato a lei che è invocata con i titoli più belli e singolari: “Nostra Signora dell’Annunciazione”, “Nostra Signora della Luce”, “Nostra Signora dei Doni”… Grandi statue sono erette in cima ai monti, e sono tantissimi i Santuari mariani frequentati da folle di pellegrini provenienti da ogni angolo del Paese. ISantuari mariani non si contano e appartengono a tutte le Comunità cristiane. Un elenco incompleto comprende i santuari di Bkerké, Dimane, Qannoubine nella valle della Qadisha, il villaggio biblico di Cana, Bikfaya, Jbeil, Balamand, Ehden, Harissa, Zahlé, Mannara a Magdouché, Deir al-Kamar, Ksara, Bzommar. E la figura di Maria è particolarmente rispettata anche dai musulmani.
Il Papa non può non ricordarlo salutando il Libano. Si riferisce alla festa nazionale islamo-cristiana sotto il segno di Maria proclamata dal governo per il 25 marzo, che così permette alle due religioni di unirsi e avere una festa in comune. Una festa che – dice il Papa – “permette a tutti i suoi abitanti di poter vivere maggiormente la loro unità nella serenità”. “Che la Vergine Maria – così il Papa saluta i libanesi – i cui antichi santuari sono numerosi nel vostro Paese, continui ad accompagnarvi ed ispirarvi”.