La primavera in Libano la porta il Papa
Dopo gli incotri ufficiali finalmente la festa. Poco sotto il santuario della Madonna di Harissa, nel Patrircato maronita di Bkerké si riuniscono i giovani per incontrare il Papa, per salutare chi porta la pace. E’ caldissimo, il sole batte sui giovani che hanno appena ricevuto una copia di Youcat in arabo e il Vangelo, con il cappellino e lo zainetto di ordinanza. Festa tutta cattolica accompagnata dai canti arabi che sovrastano il brusio di trenta mila giovani. Una giornata che racchiude il senso intero del viaggio di Benedetto XVI. Alla società civile il Papa ha ricordato che se non ci si basa sulla dignità dell’uomo, sul rispetto non si riesce ad arrivare al dialogo. Con gli islamici ha parlato di comunione oltre la conviviali, con i ragazzi parla di sfide, del “miele amaro” dell’ emigrazione. Non si deve lasciare il Medio Oriente, lo dicono anche gli islamici. Questa è la terra dove il cristianesimo è nato, dove ha costruito le sua fondamenta, questa è la terra dove i cristiani hanno raccolto per secoli la sfida della convivenza con le atre fedi e tra le diverse Confessioni orientali. Una terra dove nella stessa casa ci sono credi diversi, dove per la strada e nei locali islam e cristianesimo vivono in una sola convinzione comune, quella di essere libanesi. E’ questo il vero DNA del Libano.
Un mondo arabo che tiene alla propria identità e, come ha ricordato con forza il Presidente davanti ad una platea di uomini politici di ogni fede, che tiene alla propria indipendenza. E’ questo anche uno dei motivi per cui il Papa è stato invitato. Ma certo Benedetto XVI non è a Beirut per parlare di politica. E nonostante il tentativo di farlo esprimere in toni politici sulla violenza che dilaga anche al nord del Libano, Benedetto XVI tiene il discorso su altri livelli. Soprattutto ripete un passo alla volta la Esortazione Apostolica Ecclesia in Medio Oriente. Un testo che ha la rivoluzionarie di portare in Oriente i temi e le sfide dell’ Occidente. Perché oggi le sfide sono simili. Anzi si può dire che èla stessa: quella appunto della convivenza . Perché oggi anche in Occidente uno delle sfide del mondo dei giovani è la tolleranza, la convivenza, la comunione. E così è anche vero che la secolarizzazione occidentale fa le sue vittime in Oriente. Vengono proposti modelli di vita consumistici come soluzione alle frustrazioni per la mancanza di pace o di lavoro. Il Papa è venuto anche per dare speranza a chi rischia di rifuguarsi “in mondi paralleli come quelli, tra gli altri, delle droghe di ogni tipo, o quello della tristezza della pornografia.” Ecco il Libano è l’avamposto delle sfide che uniscono Oriente ed Occidente. Il sinodo del 2010 è stato voluto dal Papa che ha ascoltato la richiesta dei Patriarchi del Medio Oriente. Oggi porta a loro il risultato dell’ assemblea ma soprattutto una proposta di piano di lavoro per i prossimi anni. Lo da ai giovani prima di tutto.
Alla festa dei giovani a sorpresa arriva anche il Presidente, un segnale chiaro. Per la stampa locale la vista del Papa è una seconda occasione per ribadire che il Libano è il paese dei cedri e non della guerra, un paese di santi, di antichi commerci, un luogo designato ad essere luogo di incontro tra culture e civiltà. Lo dicono i giovani che sotto il sole attendono Benedetto: “il Papa viene da Roma per portarci la pace, per ridarci speranza”, si sente dire un po’ dovunque. Le intezioni sono buone, ma riusciranno questi ragazzi tornando a casa ad affrontare la violenza fondamentalista che manipola l’idea stessa di fede? E’ la sfida di questo viaggio che oggi ha visto il suo momento più commovente nel tramonto sul mediterraneo che alle spalle del palco papale inondava di luce la speranza della Chiesa, i giovani, sotto l’immagine benedicente della Madonna di Harissa. E’ lì che un giovane chiede come segno concreto di comunione di celebrare la festa di Pasqua in un’unica data. E’ quello che ha chiesto il Papa nella Eccelsia in Medio Oriente.
E’ un segno della primavera, quella vera, la primavera libanese, perché dicono i ragazzi che cantano “Benedetto benamato” la Primavera araba è diventata violenta. Qui stasera, dice una ragazza che per la seconda volta vede un Papa a Beirut, “la primavera è qui adesso”. La giornata non è finita, il Papa prega nella cappella del Patriarcato e i giovani continuano a cantare, tutto è pronto per la messa al Waterfront, la piattaforma sul mare costruita sulle macerie della guerra, perché non succeda mai più.