Il Papa in Libano esorta i giovani ad essere santi. E non dimentica i giovani della Siria

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“Fra gli Apostoli e i Santi, molti hanno vissuto periodi agitati e la loro fede è stata la sorgente del loro coraggio e della loro testimonianza. Attingete dal loro esempio e dalla loro intercessione l’ispirazione e il sostegno di cui avete bisogno!”. È diretto Benedetto XVI.  Il suo invito alla santità per tutti i giovani, in Libano viene declinato partendo dalle difficoltà. Bisogna investire nel dialogo, ripete il papa, perché “si ponga fine alla violenza e a tutte le guerre”. “Ci sono tra noi dei giovani venuti dalla Siria – aggiunge – Voglio dirvi quanto ammiro il vostro coraggio. Dite a casa vostra, ai familiari e agli amici, che il Papa non vi dimentica. Dite attorno a voi che il Papa è triste a causa delle vostre sofferenze e dei vostri lutti. Egli non dimentica la Siria nelle sue preghiere e nelle sue preoccupazioni. Non dimentica i mediorientali che soffrono”.

Pomeriggio caldo, nelle temperature ma anche nell’entusiasmo. “Benvenuto, Papa caro”, recita in arabo l’inno del pomeriggio. Giovani provenienti da tutto il Paese e da ogni angolo del Medio Oriente sono giunti dalle prime ore del mattino nel cortile del Patriarcato di Bkerkè, e hanno fatto festa per tutto il pomeriggio. È stata una mini GMG in salsa mediorientale: canti e danze, il nuovissimo Youcat in arabo – il catechismo scritto per la GMG di Madrid e tradotto per l’occasione – in mano ad ognuno e un grande Rosario fatto di palloncini a campeggiare tra i quarantamila, sfondo “giovane” all’imponente ed austera facciata del palazzo patriarcale.

Madrid e Rio sono città più volte nel lungo pomeriggio di Bkerkè. Anche nei temi, snocciolati ad uno ad uno dal palco allestito a due passi dalla Basilica Patriarcale. Benedetto XVI non rinuncia alla “confience” con i giovani libanesi, ed esprime loro la sua vicinanza ed amicizia. Sottolinea: “Voi vivete oggi in questa parte del mondo che ha visto la nascita di Gesù e lo sviluppo del cristianesimo. È un grande onore!”. Ma questo per il Papa non basta. Essere nati in queste latitudini è anche “un appello alla fedeltà, all’amore per la vostra terra e soprattutto ad essere testimoni e messaggeri della gioia di Cristo, perché la fede trasmessa dagli Apostoli conduce alla piena libertà e alla gioia, come hanno mostrato tanti Santi e Beati di questo Paese. Il loro messaggio illumina la Chiesa universale. E può continuare ad illuminare le vostre vite”.

Vite che soprattutto vanno rispettate, rifuggendo “le droghe di ogni tipo”, la “tristezza della pornografia” ed il “denaro, questo idolo tirannico che acceca al punto da soffocare la persona e il suo cuore”. “Quanto alle reti sociali – aggiunge poi parlando degli stili di vita -, esse sono interessanti ma possono facilmente trascinarvi alla dipendenza e alla confusione tra il reale e il virtuale. Cercate e vivete relazioni ricche di amicizia vera e nobile. Abbiate iniziative che diano senso e radici alla vostra esistenza, contrastando la superficialità e il facile consumismo!”.

“La Chiesa – ripete Benedetto XVI- ha fiducia in voi. Conta su di voi. Siate giovani nella Chiesa! Siate giovani con la Chiesa! La Chiesa ha bisogno del vostro entusiasmo e della vostra creatività!”. Ne ha bisogno nonostante le “difficoltà nella vita quotidiana, a causa della mancanza di stabilità e di sicurezza, della difficoltà di trovare un lavoro o ancora del sentimento di solitudine e di emarginazione”. “In un mondo in continuo movimento – aggiunge -, siete messi a confronto con numerose e gravi sfide. Anche la disoccupazione e la precarietà non devono spingervi ad assaggiare il «miele amaro» dell’emigrazione, con lo sradicamento e la separazione in cambio di un futuro incerto. Per voi si tratta di essere protagonisti del futuro del vostro Paese, e di occupare il vostro ruolo nella società e nella Chiesa”.

Il Papa punta dritto ai problemi, cercando una soluzione che passi attraverso la “vera rivoluzione dell’amore”: “In Lui – esorta -, troverete la forza e il coraggio per avanzare sulle strade della vostra vita, superando le difficoltà e la sofferenza. In Lui, troverete la sorgente della gioia”. “Giovani libanesi – dice – voi siete la speranza e il futuro del vostro Paese. Voi siete il Libano, terra di accoglienza, di convivenza, con questa capacità inaudita di adattamento”.

Non manca il ricordo per “i milioni di persone che compongono la diaspora libanese e che mantengono solidi legami con il loro Paese di origine”, che subito si trasforma in incoraggiamento: “Giovani del Libano, siate accoglienti e aperti, come Cristo vi chiede e come il vostro Paese vi insegna”. E poi: “Siate i portatori dell’amore di Cristo! Come? Volgendovi senza riserve verso Dio, suo Padre, che è la misura di ciò che è giusto, vero e buono”. Ed in questo “la preghiera, i Sacramenti sono i mezzi sicuri ed efficaci per essere cristiani”; anche l”‘Anno della fede che sta per iniziare sarà l’occasione per scoprire il tesoro della fede ricevuta con il Battesimo”.

Dono che servirà a rafforzare il dialogo: contro i “germi di divisione” dice il papa, “la fraternità è un anticipo del Cielo”. Ma bisogna essere “i messaggeri del Vangelo della vita e dei valori della vita”: “Resistete coraggiosamente a tutto ciò che la nega: l’aborto, la violenza, il rifiuto e il disprezzo dell’altro, l’ingiustizia, la guerra. Così facendo diffonderete la pace intorno a voi”. Una pace che è prima di tutto e che parte dai fatti, come la presenza “molto importante” di tanti giovani musulmani. “Voi siete – li saluta il Papa – con i giovani cristiani il futuro di questo meraviglioso Paese e dell’insieme del Medio Oriente. Cercate di costruirlo insieme! E quando sarete adulti, continuate a vivere la concordia nell’unità con i cristiani. Poiché la bellezza del Libano si trova in questa bella simbiosi”.

Ma in fondo c’è anche un problema educativo. “Bisogna – dice il Papa – che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana”.

Il Patriarca maronita Béchara Butros Raï ha ringraziato il papa per “l’incontro con i giovani del Libano e del mondo arabo”, pieni di “speranza”, pur vivendo la “preoccupazione sul loro avvenire” che necessita “di un incontro personale con Cristo che può rinnovare la loro fede”, ma soprattutto la “testimonianza dell’amore”, via per “la libertà, l’uguaglianza nei diritti e la dignità umana,nei loro diversi paesi”.

D’altronde, ha spiegato anche il presidente della commissione episcopale per l’Apostolato dei Laici, monsignor George Bou Jaoude, i giovani “sanno di esse chiamati a ricostruire insieme i loro paesi su solide basi dopo i lunghi anni della guerra”, “sono gli stessi sentimenti che vivono i giovani dei paesi arabi” che in questi anni stanno vivendo “la primavera araba, sperando che sia veramente una primavera”. Anche perché i giovani del Medio Oriente stanno vivendo questi anni con “angoscia e paura” e “stanno vedendo i loro paesi perdere progressivamente la presenza cristiana”.

Dal canto loro i giovani hanno ringraziato Benedetto XVI,  perché “la sua presenza in Libano è un segno di pace e di speranza”. Sappiamo, hanno detto, di dover essere i testimoni della “civilizzazione dell’amore”, nonostante tutte le “difficoltà ed apprensioni”, “lo scoraggiamento e la corruzione”. È vero, hanno aggiunto, viviamo in un contesto in cui “le difficoltà che soffrono le famiglie cristiane sono enormi, e comprendono tra le altre cose, il senso sacramentale del matrimonio, l’ateismo contemporaneo, le discriminazioni razziali”, oltre che la tossicodipendenza e l’alcolismo.

Ma “noi cerchiamo la cultura della pace e la condanna della non violenza”, e ci sono “esperienze di amicizia” diffuse con giovani delle altre religioni, “esperienze uniche che vediamo nel Medio Oriente”, esempi di “convivialità”. Ecco perché “vogliamo rimanere attaccati alle nostre terre, non per fanatismo, ma per preservare la nostra regione e il sul carattere unico”, ed in questo cerchiamo anche il sostegno della “Chiesa madre ed educatrice”.

(foto di Cesare Bolla, inviato a Beirut)

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