La conferenza stampa di Benedetto XVI durante il volo per Beirut. Domande e risposte

Condividi su...

Dieci minuti e 5 domande per comprendere il senso del viaggio: portare la pace, il dialogo, dire agli uomini di buona volontà che senza il rispetto non si può costruire una nuova società dove ci sia posto per tutti.

A.A.

In questo contesto di ondate di desiderio di democrazia che si è messa in moto in tanti paesi del Medio Oriente con la cosiddetta primavera araba, data la realtà sociale della maggioranza di questi paesi in cui i cristiani sono minoranza, non c’è il rischio di una tensione inevitabile tra il dominio della maggioranza e la sopravvivenza del cristianesimo?

Benedetto XVI: Direi che di per sé la primavera araba è una cosa positiva: è il desiderio di più democrazia, di più libertà, di più cooperazione, di una rinnovata identità araba. E questo grido della libertà che viene da una gioventù più formata culturalmente e professionalmente, che desidera più partecipazione nella vita politica e nella vita sociale è un progresso, una cosa molto positiva e salutata anche da noi cristiani.

 

Naturalmente, dalla storia delle rivoluzioni noi sappiamo che il grido della libertà, così importante e positivo, è sempre nel pericolo di dimenticare un aspetto fondamentale e una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro e il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, e che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme con determinate regole può crescere. Questo è sempre il pericolo. Così anche in questo caso e dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione, verso la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione come parte fondamentale della libertà. Così anche la rinnovata identità araba implica penso anche il rinnovamento dell’insieme secolare, millenario, di cristiani e arabi, i quali  proprio insieme, nella tolleranza della maggioranza e della minoranza, hanno costruito queste terre e non possono non vivere insieme. Perciò penso che sia importante vedere l’elemento positivo di questi movimenti, e fare il nostro perché la libertà sia concepita nel modo giusto e risponda al maggior dialogo e non alla dominazione di uno contro l’altro

In  Siria, come tempo fa in Iraq, molti cristiani si sentono costretti a malincuore a lasciare il loro Paese. Che cosa intende fare o dire la chiesa cattolica per aiutare in questa situazione per arginare la scomparsa dei cristiani in Siria e in altri paesi mediorientali?

Benedetto XVI: Bisogna innanzitutto dire che non solo i cristiani fuggono, ma anche i musulmani. Naturalmente il pericolo che i cristiani si allontanino e perdano la loro presenza in queste terre è grande. Dobbiamo fare noi il possibile per aiutarli a rimanere. L’aiuto essenziale sarebbe la cessazione della guerra e della violenza, che creano questa fuga. Quindi il primo atto è fare tutto il possibile perché finisca la violenza e perché sia realmente creata una possibilità di rimanere insieme anche in futuro. Cosa possiamo fare contro la guerra? Diciamo, naturalmente, che possiamo sempre difendere il messaggio della pace, perché la violenza non risolve mai un problema, e rafforzare le forze della pace. Direi che è importante il lavoro dei giornalisti, i quali possono aiutare molto per dimostrare come la violenza distrugga e non costruisca, e come non sia utile per nessuno. Poi direi forse …..nella cristianità giorni di preghiera per il Medio Oriente,  per i cristiani e i musulmani, mostrare la possibilità di dialogo e di soluzione. Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi, perché senza l’importazione della armi la guerra non potrebbe continuare. Invece dell’importazione delle armi – che è un  peccato grave – si dovrebbero importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni da accettare ognuno nella sua alterità. Dobbiamo quindi nel mondo rendere visibili  il rispetto delle religioni, gli uni degli altri, rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni. In questo senso con tutti i gesti possibili, con aiuti anche materiali aiutare perché cessi la guerra la violenza e tutti possono ricostruire il paese.

Oltre alla preghiera e ai sentimenti di solidarietà lei vede passi concreti che le Chiese e i cattolici dell’occidente, soprattutto in Europa e America, possono fare per sostenere i fratelli del Medio Oriente?

Bendetto XVI: Direi che dobbiamo influire nell’opinione politica. E direi ai politici di realmente ingegnarsi con tutte le forze, con tutte le possibilità, con della creatività per la pace, contro la violenza. Nessuno dovrebbe sperare in vantaggi dalla violenza, tutti devono contribuire. In questo senso, è un lavoro di armonizzazione, di educazione, di purificazione molto necessario da parte nostra. Del resto le nostro organizzazione caritative dovrebbero aiutare in modo materiale e fare di tutto. Abbiamo organizzazioni come i Cavalieri del santo sepolcro, di per sé solo per la Terra Santa, che anche potrebbero aiutare simili organizzazioni materialmente, politicamente e umanamente in questi Paesi.

Santo Padre, in questi giorni ci sono anniversari terribili, come l’11 settembre o il massacro di Sabra e Chatila. Alle frontiere del Libano c’è una sorta di guerra civile e noi vediamo anche nei nostri Paesi il rischio della violenza sempre presente. Con quale sentimento affrontate questo viaggio? Siete stato tentato di rinunciare per l’insicurezza o qualcuno le ha suggerito di rinunciare?

Benedetto XVI: Cari amici, sono molto riconoscente per questa possibilità di parlare con voi. Nessuno mi ha consigliato di rinunciare a questo viaggio e per parte mia non ho mai pensato a questa ipotesi. Perché so che se la situazione diventa più complicata, diventa ancora più necessario dare questo segno di fraternità, di incoraggiamento, di solidarietà. Dunque questo è il senso del mio viaggio: invitare al dialogo, invitare alla pace, contro la violenza, andare insieme per trovare la soluzione dei problemi. E dunque i sentimenti in questo viaggio sono soprattutto sentimenti di riconoscenza per la possibilità di andare ora in questo paese grande . Questo Paese che, ha detto Giovanni Paolo II, è la regione dell’incontro delle tre religioni abramitiche. E sono riconoscente soprattutto al Signore che mi ha dato la possibilità; sono riconoscente a tutte le istituzioni e le persone che hanno collaborato…; e sono riconoscente a tante persone che mi accompagnano con la preghiera questa protezione della preghiera… sono felice e sono sicuro.

Un gran numero di cattolici manifesta inquietudine davanti alla crescita dei fondamentalismi in varie regioni del mondo e davanti alle aggressioni delle quali sono vittime molti cristiani. In questo contesto difficile come la Chiesa può rispondere all’imperativo del dialogo con l’Islam, sul quale lei ha più volte insistito?

Benedetto XVI: Il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione, è contro l’essenza della religione che vuole consigliere e creare la pace e dunque il compito della Chiesa e delle religioni è: purificarsi. La purificazione delle religioni da queste tentazioni è sempre necessaria ed è nostro compito illuminare, purificare le coscienze. Ogni uomo  è un’immagine di Dio e noi dobbiamo rispettare nell’altro non solo la sua alterità, ma nell’alterità l’essenza comune, d’essere un’immagine di Dio, l’altro come immagine di Dio. Dunque il messaggio fondamentale è contro la violenza che è una falsificazione come i fondamentalismi, e per l’educazione, l’illuminazione e la purificazione delle coscienze.

(testo raccolto da Angela Ambrogetti. Foto di Angela Ambrogetti, inviata sul volo papale)

151.11.48.50