Il Papa a Beirut: “Sono venuto per dire quanto sia importante la presenza di Dio nella vita di ognuno”

Salàmi ō-tīkum, vi do la mia pace. Sono le parole che Cristo rivolge ai discepoli, e che Benedetto XVI scandisce per ben due volte, sceso dalla scaletta dell’aereo che lo ha portato in Libano. Lì, il Papa si presenta ancora una volta come “pellegrino di pace”. “Vi do la mia pace” dice al popolo libanese, cui ha ricordato all’inizio del discorso i tre incontri che ha avuto con il presidente Suleiman, (nel 2008 e nel 2011), ricordando anche la benedizione della Statua di San Marone, avvenuta nel secondo incontro. “La sua presenza silenziosa presso la Basilica di San Pietro ricorda il Libano in modo permanente nel luogo stesso in cui fu sepolto l’apostolo Pietro. Essa manifesta un patrimonio spirituale secolare, confermando la venerazione dei libanesi per il primo degli Apostoli e i suoi successori”. E il Papa, lo afferma alla fine del discorso, è venuto anche “per dire quanto sia importante la presenza di Dio nella vita di ognuno e come il modo di vivere insieme, questa convivenza di cui il vostro Paese vuole dare testimonianza, sarà profonda solo se si basa su uno sguardo accogliente e un atteggiamento di benevolenza verso l’altro, se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli”.
Il Libano è l’unico Paese mediorientale bi-religioso. L’intero sistema del Paese si sviluppa su due comunità, musulmani e cristiani. Una realtà che si riflette nella complessa organizzazione politica e istituzionale, a tal punto che il presidente è un cristiano-maronita, il primo ministro un musulmano sunnita e il presidente del Parlamento un musulmano sciita. Non solo: anche in Parlamento cristiani e musulmani sono in numero pari. Michel Suleiman, il presidente libanese, ringrazia il Papa per il suo amore per il Libano, ricorda come Benedetto XVI abbia descritto il Paese dei cedri “un tesoro prezioso”, sottolinea che il “Libano accoglie il Papa con tutte le sue confessioni”. E aggiunge con una punta di orgoglio che è in Libano che è nato il primo alfabeto della storia, “un dono per lo scambio e la reciprocità dei popoli”; che in Libano è sorta nel XVI secolo la prima tipografia orientale; che da lì nel XIX secolo è partita la rinascita culturale del Medioriente, e che il Libano ha contribuito anche alla redazione della Carta dei Diritti Umani e alla formazione dell’ONU. Non solo. Suleiman ricorda i momenti difficili del conflitto in Libano, e sottolinea come il Paese dei cedri abbia “mostrato una grande capacità di resistenza e di sacrificio. Ha rinnovato patto di concordia nazionale, liberando maggior parte dei suoi territori e garantito le condizioni per il rientro di sfollati e profughi”.
Il Papa conosce la peculiarità della “felice convivenza tutta libanese” che “deve dimostrare a tutto il Medioriente e al resto del mondo che all’interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese, tutte parti dell’unica Chiesa cattolica, in uno spirito di comunione fraterna con gli altri cristiani e, al tempo stesso, la convivenza e il dialogo rispetto tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni”. Il Libano come laboratorio di unità. Ma il Papa è anche consapevole che “questo equilibrio, che viene presentato ovunque come un esempio, è estremamente delicato”. Questo equilibrio a volte – aggiunge – “rischia di rompersi allorquando è teso come un arco, o sottoposto a pressioni che sono troppo spesso di parte, interessate, contrarie ed estranee all’armonia e alla dolcezza libanesi”. Che fare? “E’ qui che bisogna dar prova di reale moderazione e di grande saggezza”, e che “la ragione deve prevalere sulla passione unilaterale per favorire il bene comune di tutti”.
Forse si parlerà anche di questo nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Medioriente, che sarà firmata da Benedetto XVI in serata al monastero di Harissa, uno dei centri della cristianità libanese. “L’esortazione – dice il Papa – si propone di essere per i Patriarchi e per i vescovi del Libano “una tabella di marcia per gli anni a venire”. Il Papa incontrerà in questi giorni numerose rappresentanze delle comunità cattoliche libanesi, il calendario dell’incontro è stato fatto in modo che faccia visita a quattro patriarcati differenti. “Il loro impegno e la loro testimonianza – dice il Papa – sono un contributo riconosciuto e molto apprezzato nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del vostro amato Paese”.
Il calendario della visita rispetta l’equilibrio libanese. Un equilibrio – dice il Papa – che “se vuole continuare ad essere una realtà, può prolungarsi grazie alla buona volontà e all’impegno di tutti i Libanesi. Solo allora sarà un modello per gli abitanti di tutta la regione, e per il mondo intero. Non si tratta di un’opera solamente umana, ma di un dono di Dio che occorre domandare con insistenza, preservare a tutti i costi e consolidare con determinazione”.
Conclude il Papa: “Signor Presidente, so che il vostro Paese mi prepara una bella accoglienza, un’accoglienza calorosa, l’accoglienza che si riserva a un fratello amato e rispettato. So che il vostro Paese vuole essere degno dell’ «Ahlan wa Sahlan» libanese. Lo è già e lo sarà ancora di più. Sono felice di essere con tutti voi. Che Dio vi benedica tutti. (Lè yo barèk al-Rab jami’a kôm!)”.