Benedetto XVI: “Le giovani Chiese sono un segno di speranza”
“Le giovani Chiese costituiscono un segno di speranza per il futuro della Chiesa universale”, per cui “vi incoraggio a non risparmiare forza e coraggio per una solerte opera pastorale, memori del dono di grazia che è stato seminato in voi nell’ordinazione episcopale, e che si può riassumere nei tria munera di insegnare, santificare e governare”. C’è speranza nelle parole di Benedetto XVI, ma anche una calda esortazione per i vescovi di recente nomina che in questi giorni stanno partecipando a Roma al corso promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ai giovani presuli, provenienti da tutte le parti del mondo e accompagnati in udienza dal cardinale prefetto Fernando Filoni, il papa ricorda: “Abbiate a cuore la missio ad gentes, l’inculturazione della fede, la formazione dei candidati al sacerdozio, la cura del clero diocesano, dei religiosi, delle religiose e dei laici”.
Benedetto XVI ricorda che “la fede è un talento consegnato perché porti frutto”, e parte dalla realtà: “le vostre Chiese conoscono bene il contesto di instabilità sociale che incide in modo preoccupante sulla vita quotidiana della gente. Le emergenze alimentari, sanitarie ed educative interrogano le comunità ecclesiali e le coinvolgono in modo diretto. Anzi, la loro attenzione e la loro opera sono apprezzate e lodate”. Inoltre, “alle calamità naturali si aggiungono discriminazioni culturali e religiose, intolleranze e faziosità, frutto di fondamentalismi che rivelano visioni antropologiche errate e che conducono a sottovalutare, se non a disconoscere, il diritto alla libertà religiosa, il rispetto dei più deboli, soprattutto dei bambini, delle donne e dei portatori di handicap. Pesano, infine, riaffioranti contrasti tra le etnie e le caste, che causano violenze ingiustificabili”.
Ma voi, dice il papa rivolgendosi ai giovani vescovi, “date fiducia al Vangelo, alla sua forza rinnovatrice, alla sua capacità di risvegliare le coscienze e di provocare dall’interno il riscatto delle persone e la creazione di una nuova fraternità. La diffusione della Parola del Signore fa fiorire il dono della riconciliazione e favorisce l’unità dei popoli”.
Parlando dell’ormai prossimo Anno della Fede, “dono prezioso”, Benedetto XVI esorta i pastori: “una corretta inculturazione della fede vi aiuti ad incarnare il Vangelo nelle culture dei popoli e ad assumere ciò che di buono vive in esse. Si tratta di un processo lungo e difficile che non deve in alcun modo compromettere la specificità e l’integrità della fede cristiana”.
Per il papa, bisogna curare il “gregge, avendo un’attenzione specifica per i sacerdoti. Guidateli con l’esempio – aggiunge -, vivete in comunione con loro, siate disponibili ad ascoltarli e ad accoglierli con paterna benevolenza, valorizzando le loro diverse capacità”, curando la loro formazione, ma soprattutto, “fate sì che l’Eucaristia sia sempre il cuore della loro esistenza e la ragion d’essere del loro ministero. Abbiate sul mondo di oggi uno sguardo di fede, per comprenderlo in profondità, ed un cuore generoso, pronto ad entrare in comunione con le donne e gli uomini del nostro tempo”.
“Le vostre comunità – incoraggia il papa – sono quasi tutte di recente fondazione, e presentano i pregi e le debolezze legati alla loro breve storia”. Pur avendo “una fede partecipata e gioiosa, vivace e creativa”, spesso questa non è “ancora radicata”. Quindi “l’entusiasmo e lo zelo apostolico si alternano a momenti di instabilità e incoerenza. Emergono qua e là frizioni ed abbandoni. Tuttavia, sono Chiese che vanno maturando grazie all’azione pastorale, ma anche al dono di quella communio sanctorum, che consente una vera e propria osmosi di grazia tra le Chiese di antica tradizione e quelle di recente costituzione, oltre che, prima ancora, tra la Chiesa celeste e quella pellegrinante”.